Topographia Puteolorum
Riferimento: | S20266 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1616 |
Zona: | Campi Flegrei |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 235 x 180 mm |
Riferimento: | S20266 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1616 |
Zona: | Campi Flegrei |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 235 x 180 mm |
Descrizione
Carta geografica dei Campi Flegrei tratta dalla più celebre opera di Giacomo Lauro, la Antiquae urbis splendor, edita per la prima volta nel 1612/15 in 3 parti, e quindi accresciuta nel 1628 da una quarta parte.
L'ultima parte, curata dal celebre mecenate svizzero Jan Alten, contiene le vedute delle ville di Roma e dintorni. L'opera fu ristampata in seguito, dato il grande successo, da Rudolf Alten.
La carta del territorio di Pozzuoli, dedicata da Lauro a Jakob Fugger of Kirchberg, deriva dal modello introdotto da Mario Cartaro nel 1577.
“La mappa edita da Bartolomeo Grassi ed incisa da Mario Cartaro rappresenta il prototipo diretto di quasi tutte le cartografie dei Campi Flegrei fino alla metà del ‘700, quando, per i rinnovati interessi archeologici si rivisitarono quei luoghi con maggiore attenzione effettuando rilievi con nuove strumentazioni. È la prima carta archeologica dei Campi Flegrei, ricchissima di informazioni antiquarie e di grande utilità per la collocazione dei principali monumenti dell’area, sia di quelli ancora esistenti, sia delle antichità scomparse, la cui ubicazione è basata su fonti letterarie. L’opera riporta nella dedica la data del 4 ottobre 1584. Grassi ottenne il privilegio per la stampa il primo ottobre dello stesso anno, unitamente a quello per un libro sulle antichità di Pozzuoli, illustrato da tavole incise sempre dal Cartaro” (cfr. S. Bifolco, F. Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, 2018: pp. 2068-2069, Tav. 1045)
La Antiquae urbis splendor di Giacomo Lauro è un’opera di grande importanza storica e archeologica che l’autore iniziò nel 1612. Il titolo intero è: Antiquae urbis splendor, hoc est praecipua eiusdum templa, amphitheatra, theatra, circi, naumachie, arcus triumphales, mausolea aliaque sumptuosiora aedificia, pompae item triumphalis et colossaearum imaginum descriptio; opera & industria Iacobi Lauri Romani in aes incisa atque in lucem edita. Addita est breuis quaedam et succincta imaginum explicatio in qua regum consulum imperatoruq; res gestae et rei romanae origo progressus incrementum, ac finis cu almae urbis antiquor. ac modernor. vestigior. additione utcunq; hoc insequenti anno 1630 reperiutur, et ex veteru ac recentior. historiar. monumentis clare ostenditur.
Il libro ha una lunga e varia storia di pubblicazione, a partire dal 1612, anche se il lavoro di Lauro sul libro precede la sua pubblicazione di almeno diciotto anni. Il libro fu stampato per la prima volta da Giacomo Mascardi, e originariamente conteneva solo due parti, anche se nel 1615 si era allargato a una terza parte. La prima parte conteneva 37 incisioni, con una dedica al re Sigismondo III di Polonia, datata 1614, e un ritratto datato 1609 (preso in prestito da un altro libro di incisioni). La seconda parte conteneva un ritratto di Carlo Emanuele I, duca di Savoia, datato 1613, e 41 incisioni. Vale la pena notare che questi primi due libri erano entrambi dedicati alla nobiltà polacca, probabilmente a causa del fatto che Lauro aveva goduto di patrocinio dall'incisione di battaglie polacche all'inizio della sua carriera. La terza parte, aggiunta più tardi, era dedicata a Ranuccio Farnese, uno dei maggiori mecenati di Lauro più tardi nella sua vita, e conteneva 40 incisioni.
Il numero di tavole incluse in ciascuna delle precedenti edizioni dell'opera di Lauro (stampate alla Camera Apostolica nel 1614 in quattro parti, e stampate di nuovo lì nel 1621 in tre parti) fu finalmente stabilito nel 1628 con l'aggiunta del quarto e ultimo libro per un totale di 166 incisioni, che è il numero generalmente accettato per quante incisioni totali Lauro produsse per quest'opera. L'edizione pubblicata da Vitale Mascardi e curata da Giovanni Alto uscì nel 1637. Alto ha aggiunto un indice finale e numerato ciascuna delle incisioni, 2-167, per quest'ultima edizione.
Acquaforte, finemente colorata a mano, in ottime condizioni.
Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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