Fregio ornamentale (VN BEL MORIR TVTA LA VITA HONORA)
Riferimento: | S42621 |
Autore | Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena |
Anno: | 1507 ca. |
Misure: | 105 x 205 mm |
Riferimento: | S42621 |
Autore | Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena |
Anno: | 1507 ca. |
Misure: | 105 x 205 mm |
Descrizione
Bulino, 1507 circa, sul pannello in basso l’iscrizione VN BEL MORIR TVTA/LA VITA HONORA.
Come osserva Zucker (cfr. The Illustrated Bartsch 25, p. 233, n. 095) il piccolo ramo che segue l'iscrizione potrebbe essere inteso come una sorta di firma Nicoletto. La presente opera e la sua compagna (.096, in TIB) sono esempi non firmati ma tipici del lavoro a grottesche di Nicoletto, probabilmente eseguiti durante (o poco dopo) il viaggio dell'artista a Roma nel 1507, sotto l'imminente impatto delle grottesche classiche e delle loro imitazioni rinascimentali prima del pieno sviluppo dello stile in Giovanni da Udine. Sono del tutto paragonabili, anche se un po' meno complessi e inventivi, alla serie di pannelli ornamentali firmati.
La finezza della tecnica e il tipo di ornamento suggeriscono che queste incisioni furono realizzate da Nicoletto durante il suo primo viaggio a Roma, nel 1507, durante il quale è noto che visitò la Casa aurea di Nerone, che a quel tempo era una fonte primaria per lo studio della decorazione grottesca. In realtà, Nicoletto non imitò direttamente gli ornamenti neroniani, piuttosto seguì l’interpretazione fornita da Pinturicchio, Signorelli e altri.
L'iscrizione – che è una citazione dal Canzoniere (207) di Francesco Petrarca - sembra non avere relazione con l'immaginario raffigurato.
Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio, ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500.
Nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici.
Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, quattro piccolissimi fori di spillo agli angoli, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione. Al verso timbro di collezione non descritto da Lugt.
Bibliografia
M.J. Zucker, Nicoletto da Modena’s late works reconsidered, in Print Quarterly, VIII (1991), pp. 28-36; Passavant, 1864, vol V, p. 101 n. 108; Hind 7 p. 6; TIB 25, 095; Gianluca Fruci, Nicoletto Rosex, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017).
Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena (Attivo dal 1490 - 1525)
Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Ciononostante, pochissime sono le notizie biografiche disponibili sul suo conto, e anche l’elogio tracciatone da Ludovico Vedriani (Raccolta de’ pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662), l’unica fonte antica a riferire dell’incisore, appare quanto mai generico.
Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio. Nel 1487 e nel 1493 Rosex compare come testimone in tre atti notarili patavini, mentre al 1497 risale un pagamento a suo favore da parte del massaro dell’Arca del Santo per lavori di restauro eseguiti nella basilica antoniana. Al soggiorno padovano, in cui il modenese ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500. Nel 1506 Rosex ottenne il suo incarico di maggior impegno: il vescovo di Padova Pietro Barozzi gli commise la decorazione, poi perduta, della cappella del proprio palazzo in località Torre.
Alla morte di Barozzi, sopraggiunta nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena.
Il pagamento modenese è l’ultima traccia documentaria finora emersa su Rosex, che a ogni modo dovette continuare a essere attivo almeno fino agli inizi del terzo decennio del Cinquecento, a prestar fede alla data 1522 apposta sulla stampa del S. Rocco salva nos a peste. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici. Tale svolta è riscontrabile, ad esempio, nelle stampe raffiguranti S. Antonio abate e Pallade Atena, di chiara impronta bramantesca, e nei postremi S. Rocco e S. Sebastiano, di straordinaria resa volumetrica. (cfr. Gianluca Fruci, Nicoletto Rosex, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017).
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Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena (Attivo dal 1490 - 1525)
Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Ciononostante, pochissime sono le notizie biografiche disponibili sul suo conto, e anche l’elogio tracciatone da Ludovico Vedriani (Raccolta de’ pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662), l’unica fonte antica a riferire dell’incisore, appare quanto mai generico.
Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio. Nel 1487 e nel 1493 Rosex compare come testimone in tre atti notarili patavini, mentre al 1497 risale un pagamento a suo favore da parte del massaro dell’Arca del Santo per lavori di restauro eseguiti nella basilica antoniana. Al soggiorno padovano, in cui il modenese ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500. Nel 1506 Rosex ottenne il suo incarico di maggior impegno: il vescovo di Padova Pietro Barozzi gli commise la decorazione, poi perduta, della cappella del proprio palazzo in località Torre.
Alla morte di Barozzi, sopraggiunta nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena.
Il pagamento modenese è l’ultima traccia documentaria finora emersa su Rosex, che a ogni modo dovette continuare a essere attivo almeno fino agli inizi del terzo decennio del Cinquecento, a prestar fede alla data 1522 apposta sulla stampa del S. Rocco salva nos a peste. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici. Tale svolta è riscontrabile, ad esempio, nelle stampe raffiguranti S. Antonio abate e Pallade Atena, di chiara impronta bramantesca, e nei postremi S. Rocco e S. Sebastiano, di straordinaria resa volumetrica. (cfr. Gianluca Fruci, Nicoletto Rosex, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017).
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