Trionfo di Giunone
Riferimento: | S35314 |
Autore | Giulio BONASONE |
Anno: | 1568 ca. |
Misure: | 100 x 140 mm |
Riferimento: | S35314 |
Autore | Giulio BONASONE |
Anno: | 1568 ca. |
Misure: | 100 x 140 mm |
Descrizione
Bulino, 1568 circa, con quattro righe di versi "Mirasi quiui Giuno... celeste impero" e sopra "I. Bonasone inventore".
Il Trionfo di Giunone seduta sul suo carro e accompagnata da varie donne; da una serie di ventidue incisioni intitolate Amori sdegni et gielosie di Giunone, dedicate agli amori e alle gelosie della dea Giunone, i cui disegni sembrano essere di invenzione di Giulio. La serie è fortemente influenzata da artisti come Parmigianino e Tiziano, come nota Bartsch, ma anche da Correggio, Raffaello e Marcantonio Raimondi. Ogni stampa ha una cornice ornamentale e presenta versi nel registro inferiore, oltre al nome di Giulio come "inventore".
Bonasone era in contatto con gli umanisti bolognesi, e potrebbe essere egli stesso l'autore dei versi in calce alle stampe della serie. La studiosa Massari (1983) ha messo in evidenza che la creazione della serie di Giunone potrebbe avere connessioni con l'accademia del Bocchi. Il frontespizio della serie infatti mostra Atena e Mercurio, gli stessi dei che come simboli dell'accademia adornano Palazzo Bocchi nell'incisione della facciata. Come mostra il frontespizio il titolo della serie sono gli amori, le vendette e le gelosie di Giunone. La scelta di Giunone è essa stessa iconograficamente rara se non unica nel Rinascimento. Con l'eccezione del frontespizio ogni incisione contiene pochi versi, composti in italiano che spiegano l'immagine e rendono chiaro l'intento educativo della serie. Ci sono diversi temi principali che emergono dalla lettura dei versi. Uno di questi è il destino di coloro che sfidano l'autorità religiosa. Un secondo tema è quello che promuove il concetto della gloria del paradiso e l'inabilità dell'uomo a comprendere il ragionamento di Dio. Un terzo tema infine è dato dalla funzione di educatrice o intermediatrice attribuita a Giunone, qualità materne e protettive applicabili anche alla Vergine.
Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame, in buono stato di conservazione.
Bibliografia
Bartsch, Le Peintre graveur (XV.145.117); Massari 1983, Giulio Bonasone, n. 198.
Giulio BONASONE (Bologna circa 1500 - Roma circa 1580)
Giulio Bonasone, nato a Bologna nel 1510 circa, è incisore a bulino e all’acquaforte oltre che pittore come ricorda il Malaspina includendolo tra gli allievi di Lorenzo Sabbatici. Sono 410 le stampe - quasi tutte conservate all’Istituto per la Grafica di Roma - che la critica recente assegna al Bonasone ampliando il numero indicato dal Bartsch di 354 fogli. Incisore di riproduzione oltre che di invenzione, Giulio inizia la sua attività calcografica intorno al 1531, come risulta dalla data che si legge nella raffaellesca S. Cecilia. Ritenuto un seguace tardivo di Marcantonio Raimondi, il bolognese rivela presto una sostanziale autonomia di visione che lo rende uno degli interpreti più interessanti dell’epoca, tanto che lo stesso Parmigianino gli consegna i disegni per la trasposizione su rame. A Roma dal 1544 fino al 1547 ca., il Bonasone lavora per i più importanti editori – calcografi dell’epoca (Salamanca, Barlacchi, Lafrery) interpretando i soggetti di Michelangelo o di Raffaello e dei suoi principali allievi: Giulio Romano, Perin del Vaga e Polidoro da Caravaggio, in uno stile estremamente personale che si avvale di tratti a bulino spesso combinati all’acquaforte.
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Giulio BONASONE (Bologna circa 1500 - Roma circa 1580)
Giulio Bonasone, nato a Bologna nel 1510 circa, è incisore a bulino e all’acquaforte oltre che pittore come ricorda il Malaspina includendolo tra gli allievi di Lorenzo Sabbatici. Sono 410 le stampe - quasi tutte conservate all’Istituto per la Grafica di Roma - che la critica recente assegna al Bonasone ampliando il numero indicato dal Bartsch di 354 fogli. Incisore di riproduzione oltre che di invenzione, Giulio inizia la sua attività calcografica intorno al 1531, come risulta dalla data che si legge nella raffaellesca S. Cecilia. Ritenuto un seguace tardivo di Marcantonio Raimondi, il bolognese rivela presto una sostanziale autonomia di visione che lo rende uno degli interpreti più interessanti dell’epoca, tanto che lo stesso Parmigianino gli consegna i disegni per la trasposizione su rame. A Roma dal 1544 fino al 1547 ca., il Bonasone lavora per i più importanti editori – calcografi dell’epoca (Salamanca, Barlacchi, Lafrery) interpretando i soggetti di Michelangelo o di Raffaello e dei suoi principali allievi: Giulio Romano, Perin del Vaga e Polidoro da Caravaggio, in uno stile estremamente personale che si avvale di tratti a bulino spesso combinati all’acquaforte.
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