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Cristo coronato da spine
Riferimento: | S47065 |
Autore | Annibale CARRACCI |
Anno: | 1606 |
Misure: | 132 x 180 mm |
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Riferimento: | S47065 |
Autore | Annibale CARRACCI |
Anno: | 1606 |
Misure: | 132 x 180 mm |
Descrizione
Cristo coronato di spine; Cristo, con le mani legate e con una corona di spine, seduto su un basso blocco tra due soldati, uno in piedi a destra che lo punzecchia con una canna, l'altro in piedi inginocchiato sul blocco che spinge la testa di Cristo verso il basso.
Acquaforte, 1606, datata e firmata all'interno dell'immagine con dettagli di produzione: “Annib. Carracius in. et fecit”.
Questa piccola opera devozionale fu realizzata nel momento in cui Annibale aveva dovuto in gran parte abbandonare la pittura a causa dell'esaurimento nervoso che lo colpì intorno al 1605. Nello stesso anno 1606 datò un'altra acquaforte, la Madonna della Scodella, anch'essa una piccola opera devozionale in cui tutti gli elementi secondari sono omessi per consentire una completa concentrazione sulle figure, le loro azioni e le loro emozioni. L'intensità emotiva dell'Incoronazione è notevole: Cristo è stretto tra la violenza sadica della figura corazzata e lo sguardo sprezzante dell'uomo animalesco con la canna. Si conoscono diverse impressioni di uno stato senza iscrizioni, il che suggerisce che inizialmente potesse circolare privatamente. Tuttavia, l'aggiunta della firma coincide con un'intensificazione delle ombre che Annibale stesso deve avere eseguito.
Nell'inventario dei beni di Annibale, redatto il 17 luglio 1609, non c'è traccia di lastre incise. Recentemente Maccherini ha pubblicato un documento che dimostra che quattro piccole lastre di rame, incisi di Annibale, appartenevano a Giovanni Orlandi prima del 20 novembre 1609 (“Prospettiva” 86,1997, p. 83). Le quattro tavole incise menzionate sono probabilmente le quattro che Annibale ha eseguito a Roma. Si tratta della presente, del Cristo di Caprarola (1597; Bohlin 18), della Madonna della Scodella (1606; Bohlin 20) e dell'Adorazione dei pastori, non datata (Bohlin 22). Furono tutte acquistate da Nicolas van Aelst nel 1613, poiché riportano il suo indirizzo in stati tardivi.
Buona prova, impressa su carta vergata databile alla prima metà del XVII secolo, con sottili margini, in ottimo stato di conservazione.
Bibliografia
Bartsch, Le Peintre graveur (XVIII.182.3); Bohlin 1979, Prints and related drawings by the Carracci family (21.II); Posner 1971, Annibale Carracci, a study in the reform of Italian painting around 1590 (174); Michael Bury, 'The Print in Italy 1550-1620', BM 2001, cat. 50.
Annibale CARRACCI (Bologna 1560 - Roma 1609)
Fratello minore di Agostino e cugino di Ludovico, di cui fu allievo, è il maggior esponente della scuola bolognese del Seicento, e tra i più grandi esponenti del classicismo italiano del XVII secolo. Dopo un inizio ancora aderente alla cultura tardomanieristica locale, legata ad un realismo alla Campi, l’artista matura il suo linguaggio espressivo cogliendolo dai grandi del Rinascimento italiano, per raggiungere a Roma, con il suo capolavoro degli affreschi in Palazzo Farnese (1595-1604 circa), la più alta espressione della cultura classicista italiana. Seguendo l’esempio di Agostino, l’artista si dilettò anche in incisioni, unendo la tecnica del bulino a quella dell’acquaforte: il suo catalogo di grafica conta 17 stampe, la maggior parte delle quali di soggetto religioso, e solo due di tema mitologico dove rivive a pieno lo spirito alessandrino della favola mitologica.
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Annibale CARRACCI (Bologna 1560 - Roma 1609)
Fratello minore di Agostino e cugino di Ludovico, di cui fu allievo, è il maggior esponente della scuola bolognese del Seicento, e tra i più grandi esponenti del classicismo italiano del XVII secolo. Dopo un inizio ancora aderente alla cultura tardomanieristica locale, legata ad un realismo alla Campi, l’artista matura il suo linguaggio espressivo cogliendolo dai grandi del Rinascimento italiano, per raggiungere a Roma, con il suo capolavoro degli affreschi in Palazzo Farnese (1595-1604 circa), la più alta espressione della cultura classicista italiana. Seguendo l’esempio di Agostino, l’artista si dilettò anche in incisioni, unendo la tecnica del bulino a quella dell’acquaforte: il suo catalogo di grafica conta 17 stampe, la maggior parte delle quali di soggetto religioso, e solo due di tema mitologico dove rivive a pieno lo spirito alessandrino della favola mitologica.
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