Magnanimità di Scipione
Riferimento: | s31782 |
Autore | Enea VICO |
Anno: | 1542 |
Misure: | 431 x 297 mm |
Riferimento: | s31782 |
Autore | Enea VICO |
Anno: | 1542 |
Misure: | 431 x 297 mm |
Descrizione
Bulino, 1542, privo di firma dell’incisione, datato in lastra sul sasso a destra, in basso al centro: 'AVRVM QVOD PRO REDIMENDA CAPTIVA VIRGINE PARENTES/ATTVLERANT LVCEIO SPONSO TRADIT SCIPIO ROMAE EXCD/ANT. SAL.' Da un soggetto attribuito a Salviati.
Esemplare nel primo stato di tre, con l'indirizzo di Antonio Salamanca. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana "aquila nel cerchio con corona", rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.
La stampa viene catalogata dal Bartsch come opera di anonimo incisore della scuola di Raimondi, che incide nello stile di Agostino Veneziano, da un modello non identificato di artista fiorentino. Zanetti, invece, vi ravvisa lo stile di Giulio Romano, inglobando l’incisione nella suite di soggetti sulla storia di Scipione eseguiti da Marco Dente.
D’Arco, riconoscendo l’opera quale invenzione di Giulio, erroneamente la considera come uno stato dell’incisione di Diana Scultori, e la pone in relazione con il medaglione con la Continenza di Scipione della Stanza dei Cesari. Così anche Dollmayr che attribuisce la stampa a Marco Dente.
Cirillo Archer in TIB sostiene che l’incisione sia stilisticamente affine alla Morte di Meleagro di Nicolas Beatrizet.
Hermann Voss, seguendo questa indicazione, ascrive correttamente il disegno preparatorio al Salviati, sulla base delle analogie del soggetto con gli affreschi della Storia di Camillo di Palazzo Vecchio a Firenze, e il bulino alla cerchia del Beatrizet. Alla luce di tali ipotesi, la Davis assegna la stampa a Beatrizet stesso.
Nella collezione del British Museum la stampa è catalogata sotto il nome di Enea Vico, secondo l’attribuzione di Darrel Crumpacker, basata sulle affinità stilistiche e delle dimensioni che questa stampa mostra con La Battaglia dei Lapiti e i Centauri che Vico incide all’incirca nello stesso periodo.
In realtà, il nome di Vico era stato già proposto già in 'Notice des fayences peintres italiennes. . .,' Series G, pubblicato da Charles de Mourgues Freres, nel 1864, dove l’autore descrive una Magnanimità di Scipione edita da Salamanca nel 1542, di cui Vico sarebbe non l’incisore ma l’autore del modello utilizzato per l’incisione.
L’influenza di Agostino Veneziano è evidente: l’obelisco che appare alla sinistra di Scipione è molto simile a quello che appare nella Morte di Anania del Veneziano, e nell’Ingresso trionfale di Furio Camillo, e in tre tavole della serie “La Favola di Amore e Psiche”. L’obelisco appare, inoltre, in un’altra incisione di Enena Vico, S.Giorgio e il Drago, edita sempre dal Salamanca nel 1542.
È da sottolineare che l’obelisco come elemento architettonico non ricorre in nessun’altra stampa romana del tempo. L’iscrizione dell’opera allude all’episodio sulla magnanimità di Scipione raccontato da Livio (XXVI,5): conquistata la città spagnola Nuova Cartagine, venne condotta al cospetto del condottiero romano una giovane donna che avrebbe dovuto far parte del bottino di guerra del vincitore. Nonostante questo diritto acquisito, essendo venuto a sapere che la fanciulla era stata precedentemente promessa in sposa, Scipione fece convocare l’uomo, di nome Allucio, e gliela restituì, donandogli anche la somma di riscatto che i parenti di lei erano riusciti a raggranellare nella speranza di liberarla.
Bibliografia
Passavant VI.82.56; Massari, Giulio Romano Pinxit ed delineavit, no. 68; Cirillo Archer, in TIB 1995, 2801.032.S1; Le Blanc III.283.39; Bruce Davis, Mannerist Prints…exhibition catalogue, no. 8; British Museum, inv. n. 1859,0806.312.
Enea VICO (Parma 1523 - Ferrara 1567)
Enea, figlio di Francesco, è antiquario, disegnatore, incisore e numismatico. Nasce a Parma il 19 gennaio 1523 e non nel 1521 come stabilisce l’Huber. Dopo aver acquisito una prima formazione letteraria e artistica in questa città, e forse conosciuto i principi del disegno alla scuola di Giulio Romano, Enea si trasferisce a Roma nel 1541. Nella città pontificia Enea lavora per Tommaso Barlacchi, lo stampatore che compare al suo fianco come incisore in una serie di grottesche edite nel 1542. Nel clima classicheggiante ed erudito della città, il suo stile si affina sui modelli di Perin del Vaga e di Francesco Salviati, pur sempre interpretati secondo la lezione di Parmigianino. Entro il V decennio del secolo il Vico, dopo aver assimilato la lezione dei grandi maestri, Marcantonio, Agostino Veneziano, Caraglio, Bonasone, acquisisce uno stile personale che lo porta a realizzare le sue stampe migliori. Lasciata Roma per Venezia, il Vico soggiorna a Firenze presso Cosimo I prima di stabilirsi a Venezia dove, a detta del Vasari, era andato nel 1557. Successivamente nel 1563 passa al servizio di Alfonso d’Este a Ferrara rimanendovi fino alla morte avvenuta il 17 agosto 1567. Di Vico rimangono circa 500 incisioni a bulino: ritratti, serie di vasi antichi, gemme e cammei, incisioni da opere di Raffaello, Michelangelo, Salviati, ecc.; la raccolta Le immagini delle donne auguste (tratte da medaglie romane, 1557). La sua fama di numismatico trova conferma nei volumi Immagini con tutti i riversi trovati et le vite degli imperatori (1548); Discorsi sopra le medaglie degli antichi (1555); Commentari alle antiche medaglie degli imperatori romani (1560).
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Enea VICO (Parma 1523 - Ferrara 1567)
Enea, figlio di Francesco, è antiquario, disegnatore, incisore e numismatico. Nasce a Parma il 19 gennaio 1523 e non nel 1521 come stabilisce l’Huber. Dopo aver acquisito una prima formazione letteraria e artistica in questa città, e forse conosciuto i principi del disegno alla scuola di Giulio Romano, Enea si trasferisce a Roma nel 1541. Nella città pontificia Enea lavora per Tommaso Barlacchi, lo stampatore che compare al suo fianco come incisore in una serie di grottesche edite nel 1542. Nel clima classicheggiante ed erudito della città, il suo stile si affina sui modelli di Perin del Vaga e di Francesco Salviati, pur sempre interpretati secondo la lezione di Parmigianino. Entro il V decennio del secolo il Vico, dopo aver assimilato la lezione dei grandi maestri, Marcantonio, Agostino Veneziano, Caraglio, Bonasone, acquisisce uno stile personale che lo porta a realizzare le sue stampe migliori. Lasciata Roma per Venezia, il Vico soggiorna a Firenze presso Cosimo I prima di stabilirsi a Venezia dove, a detta del Vasari, era andato nel 1557. Successivamente nel 1563 passa al servizio di Alfonso d’Este a Ferrara rimanendovi fino alla morte avvenuta il 17 agosto 1567. Di Vico rimangono circa 500 incisioni a bulino: ritratti, serie di vasi antichi, gemme e cammei, incisioni da opere di Raffaello, Michelangelo, Salviati, ecc.; la raccolta Le immagini delle donne auguste (tratte da medaglie romane, 1557). La sua fama di numismatico trova conferma nei volumi Immagini con tutti i riversi trovati et le vite degli imperatori (1548); Discorsi sopra le medaglie degli antichi (1555); Commentari alle antiche medaglie degli imperatori romani (1560).
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