Ninfa seduta o Pleiade

Riferimento: S42017
Autore Giuseppe DIAMANTINI
Anno: 1663 ca.
Misure: 145 x 208 mm
2.000,00 €

Riferimento: S42017
Autore Giuseppe DIAMANTINI
Anno: 1663 ca.
Misure: 145 x 208 mm
2.000,00 €

Descrizione

Acquaforte, ante 1663.

Bellini (TIB 4730.016) segnala che in tutte le impressioni esaminate si nota una linea verticale, dovuta a un danno della lastra, che va dal braccio sinistro della donna alla gamba destra. 

L'acquaforte potrebbe risalire alla fine dell'attività dell'artista, quando le sue opere cominciarono ad anticipare elementi di stile settecentesco.

Della serie Le Pleiadi. 

“Finora considerate separatamente, le sette lastre costituiscono un insieme compatto per stile, tecnica, formato e soggetto.  Esse corrispondono verosimilmente (con l'aggiunta di un ulteriore esemplare non identificato o forse coincidente con S.R5) alle "otto figure allegoriche" descritte da Heinecken (1778-1790, IV, p. 651) e poi transitate nella letteratura successiva (Huber 1797-1804, IV, nn. 34-31, p. 80; Gori Gandellini, De Angelis 1811, IX, nn. 24-31, p. 144; Vernarecci 1892, n. 22. p. 87).  A questo proposito va osservato che, presso una collezione privata italiana, si conservano quattro fogli della serie, completi di margini e che verosimilmente sono rimasti sempre assieme dal momento della tiratura.  Due di questi recano una scritta antica affine, ma non identica, a quelle riscontrate su un gruppo di disegni appartenuti a un allievo del maestro, Pietro Paolo Brunacci da Montenovo (Ambrosini Massari 2017, pp. 233-234 e bibliografia precedente), facendo supporre che le incisioni appartenessero a un allievo o comunque a un precoce collezionista dell'opera di Diamantini. 

La serie, d'ispirazione allegorica e decorativa, rivela notevole virtuosismo e libertà d'esecuzione.  Le semplificazioni del disegno e del chiaroscuro, la mancanza di firme o sigle di stampa e un generale gusto neo-cinquecentesco (che sembra guardare, come già suggerito dalla critica, al mondo di Marcantonio Raimondi e, si potrebbe aggiungere, a certi temi sviluppata da Agostino Carracci) suggerisce una datazio- ne precoce, anteriore al 1663. Va rilevata, a questo proposito, un'affinità tecnica e (più vagamente) iconografica con le uniche due incisioni note di Guido Cagnacci (Teeuwisse 2009, pp.  153-156) e con il gruppo dei Quattro elementi inciso verso il 1640-1660 da Giulio Carpioni (Mazzoli 2008, nn. 15-18, pp. 58-64).  A quest'ultimo (e, in particolare, alla lastra raffigurante l'Aria) Diamantini sembra guardare per individuare il particolare rapporto tra figura e paesaggio.  Il soggetto del gruppo può essere provvisoriamente riconosciuto nelle Pleiadi, figure della mitologia classica originaria dell'Arcadia, figlie di Atlante e di Peione e corrispondente alle sette stelle dell'omonima costellazione.  Secondo la tradizione una delle Pleiadi (alternativamente identificata con Sterope, Elettra o Merope) sarebbe meno visibile delle altre, a causa della vergogna causata da un suo comportamento passato.  Nella serie incisa da Diamantini, in effetti, una delle figure (S.1b) è voltata di spalle e sembra volersi celare allo sguardo dell'osservatore.  Va rilevato tuttavia come tale soggetto costituirebbe un unicum iconografico nel Seicento veneziano, con l'eccezione della tela, dubitativamente identificato con Orione e le Pleiadi, dipinto da Pietro Liberi per Palazzo Ferro Fini a Venezia (Ruggeri 1996, n. P69, pag. 144)” (cfr. Luca Baroni, Giuseppe Diamantini – Catalogo Ragionato delle Incisioni – in Giuseppe Diamantini pittore e incisore dalle Marche a Venezia, 1.c, pp. 270 – 271).

Ottima impressione, nello stile di Diamantini, su carta vergata coeva, con margini, in buono stato di conservazione. 

Bibliografia

TIB 4730.016; Le Blanc, I, p. 123, n. 29; L. Baroni, in Giuseppe Diamantini pittore e incisore dalle Marche a Venezia (2021), pp. 270 – 271.

 

Giuseppe DIAMANTINI (Fossombrone 1621 - 1705)

Giuseppe Diamantini nacque a Fossombrone nel 1621. Dopo la formazione a Bologna, dove ebbe modo di studiare i grandi maestri emiliani, rimanendo soprattutto colpito dall'arte incisoria di Simone Cantarini, si trasferì a Venezia, dove ove risiedette poi fino al 1698. Nella città lagunare lavorò come pittore e incisore, soprattutto per famiglie private, estendendo la sua attività anche in città limitrofe (sue opere sono documentate a Rovigo e Verona). Meno numerosi appaiono i dipinti eseguiti per chiese o edifici pubblici. Tuttavia, la maggioranza delle opere pittoriche del Diamantini è oggi da considerarsi perduta, oppure è dispersa sotto altre denominazioni in collezioni private, che furono la più frequente destinazione dei dipinti dell'artista. Ben più documentata è invece l'opera incisa, rappresentata da un cospicuo numero di acqueforti, la maggior parte delle quali risulta però tirata in un limitato numero di esemplari per mano di stampatori spesso rimasti anonimi. Come già per la pittura, anche qui i soggetti sono variati, sebbene sostanzialmente si possa affermare che quelli mitologici sono preponderanti rispetto a quelli relativi a episodi del Vecchio o Nuovo Testamento. Mancano del tutto i soggetti storici. In tutte le acqueforti l'autore si firma sempre come "inventore" e mai come "incisore", tanto da far nascere il sospetto che possa essere altri l'autore di queste incisioni. Tuttavia la spiccata coerenza stilistica e tecnica che lega insieme queste opere e l'assenza di indicazioni di altri artisti come incisori inducono a scartare questa ipotesi, anche per quanto riguarda un possibile intervento dei suoi stessi stampatori, Pagano e Balano. Il tratteggio rapido, il segno breve, le composizioni immerse nella luce sono caratteristiche che indicano nel Cantarini e in G. Carpioni le fonti più evidenti, mentre per la scelta dei soggetti determinante è risultato l'influsso di S. Mazzoni e di P. Liberi. Nessuna acquaforte del Diamantini è datata, ma tutte indistintamente sembra debbano essere collocate nel periodo veneziano, dal momento che la quasi totalità di esse reca un margine in basso con dediche a patrizi o personaggi in vista dell'ambiente veneziano. La produzione acquafortistica del Diamantini ammonta a circa sessantacinque opere: quaranta ne catalogò il Bartsch (1821). Nel 1698, ormai quasi cieco, il Diamantini fece ritorno a Fossombrone, dove morì l'11 novembre 1705.

Giuseppe DIAMANTINI (Fossombrone 1621 - 1705)

Giuseppe Diamantini nacque a Fossombrone nel 1621. Dopo la formazione a Bologna, dove ebbe modo di studiare i grandi maestri emiliani, rimanendo soprattutto colpito dall'arte incisoria di Simone Cantarini, si trasferì a Venezia, dove ove risiedette poi fino al 1698. Nella città lagunare lavorò come pittore e incisore, soprattutto per famiglie private, estendendo la sua attività anche in città limitrofe (sue opere sono documentate a Rovigo e Verona). Meno numerosi appaiono i dipinti eseguiti per chiese o edifici pubblici. Tuttavia, la maggioranza delle opere pittoriche del Diamantini è oggi da considerarsi perduta, oppure è dispersa sotto altre denominazioni in collezioni private, che furono la più frequente destinazione dei dipinti dell'artista. Ben più documentata è invece l'opera incisa, rappresentata da un cospicuo numero di acqueforti, la maggior parte delle quali risulta però tirata in un limitato numero di esemplari per mano di stampatori spesso rimasti anonimi. Come già per la pittura, anche qui i soggetti sono variati, sebbene sostanzialmente si possa affermare che quelli mitologici sono preponderanti rispetto a quelli relativi a episodi del Vecchio o Nuovo Testamento. Mancano del tutto i soggetti storici. In tutte le acqueforti l'autore si firma sempre come "inventore" e mai come "incisore", tanto da far nascere il sospetto che possa essere altri l'autore di queste incisioni. Tuttavia la spiccata coerenza stilistica e tecnica che lega insieme queste opere e l'assenza di indicazioni di altri artisti come incisori inducono a scartare questa ipotesi, anche per quanto riguarda un possibile intervento dei suoi stessi stampatori, Pagano e Balano. Il tratteggio rapido, il segno breve, le composizioni immerse nella luce sono caratteristiche che indicano nel Cantarini e in G. Carpioni le fonti più evidenti, mentre per la scelta dei soggetti determinante è risultato l'influsso di S. Mazzoni e di P. Liberi. Nessuna acquaforte del Diamantini è datata, ma tutte indistintamente sembra debbano essere collocate nel periodo veneziano, dal momento che la quasi totalità di esse reca un margine in basso con dediche a patrizi o personaggi in vista dell'ambiente veneziano. La produzione acquafortistica del Diamantini ammonta a circa sessantacinque opere: quaranta ne catalogò il Bartsch (1821). Nel 1698, ormai quasi cieco, il Diamantini fece ritorno a Fossombrone, dove morì l'11 novembre 1705.