Mosè rompe le tavole della legge
Riferimento: | S44000 |
Autore | Andrea ANDREANI |
Anno: | 1590 ca. |
Misure: | 1770 x 604 mm |
Riferimento: | S44000 |
Autore | Andrea ANDREANI |
Anno: | 1590 ca. |
Misure: | 1770 x 604 mm |
Descrizione
Mosè rompe le tavole della legge, da un soggetto di Domenico Beccafumi
Xilografia e lavaggio, su quattro (di otto) fogli, 1590.
Nell'opera di Andrea Andreani, uno dei rappresentanti più produttivi della xilografia italiana di fine Cinquecento, convergono la tradizione della xilografia a più legni (chiaroscuro) e quella delle xilografie di grande formato, le cosiddette gigantografie, stampate su più fogli. La presente stampa è la metà inferiore della xilografia Mosè che spezza le tavole della Legge, realizzata nel 1590 dopo l'intarsio del pavimento di Domenico Beccafumi nella cattedrale senese e i disegni preparatori di Francesco Vanni.
La presente incisione, realizzata da Andrea Andreani, rappresenta il dettaglio centrale di una composizione più ampia e articolata che il pittore manierista Domenico Beccafumi ideò per la decorazione di alcuni riquadri, posti in prossimità dell'altare, del pavimento della Cattedrale di Siena, definito dal Vasari “il più bello…, grande e magnifico… che mai fusse stato fatto”.
La monumentale xilografia costituisce una sorta di “tour de force” tecnico. Le diverse pose ed emozioni degli innumerevoli protagonisti, osservate in modo molto vivido, sono rese con grande intensità.
In modo congeniale, Andreani è riuscito a tradurre la complessità del capolavoro di Beccafumi.
La raffigurazione completa che si trova alla Hamburger Kunsthalle (Inv.-Nr. 1136), ad esempio, è stata stampata da una lastra nera e tre lastre di argilla in grigio scuro, grigio chiaro e beige su otto fogli. Esistono anche copie delle tavole a linee nere con lavaggio, come nella collezione del Rijksprentenkabinett (lavaggio grigio, Inv.-Nr.n RP-P-OB-39.656-9). La presente copia presenta, invece, lavaggi in beige.
“A Siena l'Andreani risulta nel 1586; ma anche qui dovette essere giunto prima, se in quell'anno poté dare in luce la parte più laboriosa della riproduzione del pavimento del duomo. Qui, come già a Roma, ricopia in controparte una stampa tizianesca, quella ad un sol legno detta dei Sei Santi, attribuita al Boldrini su disegno che lo stesso Tiziano, a detta del Vasari, aveva tracciato sulla matrice lignea, ricavandolo dalla parte inferiore della sua Madonna di S. Nicolò passata poi alla Pinacoteca Vaticana, e la dedica al nobile senese Fabio Bonsignori. A Siena l'A. si sente a suo agio, vi contrae molte amicizie ed è felice di sentirsi chiamare "pittor Sanese" e di firmarsi "Intagliatore in Siena", come si legge in una Madonna a mezzo busto dal Casolani ch'egli dedicherà nel 1591 ad un altro nobile senese, Panfilo Berengucci. Nel 1588 pubblica l'Allegoria della Morte di Giov. Fortuna Fortunius, anch'egli senese, e divulga il ritratto di profilo del Dürer cinquantaseienne, deducendolo dal noto originale tedesco; nel 1589 dedica al Bonsignori la copia di un'altra xilografia tizianesca, il Passaggio del Mar Rosso, pubblicata da Domenico delle Greche, "depentor Veneziano", nel 1549. L'A. inverte la composizione e riduce a quattro grandi tavole le dodici dell'originale, aggiungendovi un piano per la mezzatinta lumeggiata, e firma "Titian inventor, A. A. Intagliator Mantovano". Tiziano è sempre in cima ai suoi pensieri, e di lui riprodurrà ancora altre opere, compreso il famoso Diluvio, di cui qualcuno oggi mette in dubbio la paternità e che il Boldrini aveva intagliato in due fogli. Ma la fatica maggiore dell'Andreani in Siena è costituita dalla riproduzione delle tarsie marmoree del pavimento del duomo: Il sacrificio di Abramo, Eva dopo il peccato, Abele, Mosè che spezza le tavole della legge. Per quest'ultimo sembra che egli si sia giovato dell'aiuto di Francesco Vanni, a giudicare da un disegno conservato agli Uffizi. Ma di ciò non si trova cenno nella stampa, che vide la luce nel 1590, con dedica al cardinale Scipione Gonzaga. Di questa stampa si conoscono pochi esemplari a quattro legni, mentre più numerosi sono quelli stampati con la sola tavola dei contorni” [cfr. Alfredo Petrucci, Andrea Andreani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)]
Ottima impressione, con l'iscrizione riferita a Francesco Vanni ai piedi del Mosè ancora a penna, prima della scritta sulla lastra sotto la base e prima della scritta sulla lastra del diritto.
Il foglio è anticamente applicato su una più robusta carta vergata, databile al XVIII secolo. Strappi e piccole perdite ai margini e nell'immagine, in parte riparati con inchiostro nero.
Opera di grande fascino e rarità.
Bibliografia
The Illustrated Bartsch vol. 48, I.4-2 (22), p. 16, est. Cat. Grand Scale. Monumental Prints in the Age of Dürer and Titian, a cura di Larry Silver, Wellesley Massachusetts, 2008, pag. 48; Alfredo Petrucci, Andrea Andreani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961).
Andrea ANDREANI (Mantova 1546 – 1623)
Intagliatore e stampatore italiano. Lavorò a Firenze nel 1584-5, dal 1586 a Siena e nel 1590 ritorna nella sua città natale, Mantova, dove stabilisce il suo studio.
Andreani utilizzò l'incisione di riproduzione a chiaroscuro, molto di moda al tempo, ottenendo ottimi risultati: amava stampare con più legni sovrapposti in maniera complementare, in un modo che partecipa più del camaieu nordico "a contorni chiusi" che non del chiaroscuro di Ugo da Carpi "a contorni aperti". La sua opera grafica comprende circa quaranta lavori. La tecnica del chiaroscuro è particolarmente difficile nell' esecuzione, ed è per questo che ha trovato nella storia dell'arte grafica pochi seguaci. L'artista mantovano ne è certamente fra i maggiori esponenti. Riprodusse disegni di vari artisti su vari supporti con estrema fedeltà: si ispirò, ad esempio a Domenico Beccafumi e ai suoi pavimenti con disegni intarsiati nella Cattedrale di Siena, tre stampe si ispirano invece alla scultura marmorea del Giambologna, il Ratto delle Sabine (Firenze, Loggia Lanzi); nel 1585 realizzò delle stampe ispirandosi ai dipinti e i disegni sfumati di Jacopo Ligozzi e nel 1591-2 ne realizzò altre rifacendosi a Alessandro Casolani (1552-1608). La sua ammirazione per le xilografie della scuola di Tiziano è palese nelle sue copie del Trionfo della Fede (l’unica opera pubblicata a Roma, 1600 circa) e il Faraone che attraversa il Mar Rosso (Siena, 1589) e nella sua tendenza a realizzare grandi stampe, composte da più fogli legati insieme. Era solito usare quattro blocchi di chiaroscuro che si sovrapponevano; i suoi progetti più ambiziosi rimangono quelli composti da 40-50 blocchi, come il Sacrificio di Isacco (1586), ripreso da un pavimento del Baccafumi, la Deposizione (1595), tratto da un dipinto di Casolani a San Quirico a Siena, e il Trionfo di Cesare (1598-9), ispiratosi ai disegni di Bernardo Malpizzi, a sua volta influenzato dai cartoni del Mantegna (Londra, Hampton Court, Collezione Reale). Il fatto che Andreani dedicasse le sue stampe a molte persone, come si evince dalle iscrizioni sulle sue stesse opere, suggerisce che avesse difficoltà a trovare un mecenate unico, sebbene per un breve periodo abbia beneficiato della benevolenza dei Gonzaga. Questa difficoltà con i mecenati senza dubbio è alla base del fatto che, molto spesso, egli ristampasse e, laddove fosse richiesto, intagliasse vecchi blocchi acquistati da Niccolò Vicentino.
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Andrea ANDREANI (Mantova 1546 – 1623)
Intagliatore e stampatore italiano. Lavorò a Firenze nel 1584-5, dal 1586 a Siena e nel 1590 ritorna nella sua città natale, Mantova, dove stabilisce il suo studio.
Andreani utilizzò l'incisione di riproduzione a chiaroscuro, molto di moda al tempo, ottenendo ottimi risultati: amava stampare con più legni sovrapposti in maniera complementare, in un modo che partecipa più del camaieu nordico "a contorni chiusi" che non del chiaroscuro di Ugo da Carpi "a contorni aperti". La sua opera grafica comprende circa quaranta lavori. La tecnica del chiaroscuro è particolarmente difficile nell' esecuzione, ed è per questo che ha trovato nella storia dell'arte grafica pochi seguaci. L'artista mantovano ne è certamente fra i maggiori esponenti. Riprodusse disegni di vari artisti su vari supporti con estrema fedeltà: si ispirò, ad esempio a Domenico Beccafumi e ai suoi pavimenti con disegni intarsiati nella Cattedrale di Siena, tre stampe si ispirano invece alla scultura marmorea del Giambologna, il Ratto delle Sabine (Firenze, Loggia Lanzi); nel 1585 realizzò delle stampe ispirandosi ai dipinti e i disegni sfumati di Jacopo Ligozzi e nel 1591-2 ne realizzò altre rifacendosi a Alessandro Casolani (1552-1608). La sua ammirazione per le xilografie della scuola di Tiziano è palese nelle sue copie del Trionfo della Fede (l’unica opera pubblicata a Roma, 1600 circa) e il Faraone che attraversa il Mar Rosso (Siena, 1589) e nella sua tendenza a realizzare grandi stampe, composte da più fogli legati insieme. Era solito usare quattro blocchi di chiaroscuro che si sovrapponevano; i suoi progetti più ambiziosi rimangono quelli composti da 40-50 blocchi, come il Sacrificio di Isacco (1586), ripreso da un pavimento del Baccafumi, la Deposizione (1595), tratto da un dipinto di Casolani a San Quirico a Siena, e il Trionfo di Cesare (1598-9), ispiratosi ai disegni di Bernardo Malpizzi, a sua volta influenzato dai cartoni del Mantegna (Londra, Hampton Court, Collezione Reale). Il fatto che Andreani dedicasse le sue stampe a molte persone, come si evince dalle iscrizioni sulle sue stesse opere, suggerisce che avesse difficoltà a trovare un mecenate unico, sebbene per un breve periodo abbia beneficiato della benevolenza dei Gonzaga. Questa difficoltà con i mecenati senza dubbio è alla base del fatto che, molto spesso, egli ristampasse e, laddove fosse richiesto, intagliasse vecchi blocchi acquistati da Niccolò Vicentino.
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