Acquaforte, 1560 circa, in basso a sinistra: IULII ROMANI INVENTUM/ MICHAELIS LUCENSIS OPERA/ REPRAESENTATUM ILLUSTRISSIMO Q. DOMINO/ IULIANO CAESARINO/ D. D. Nel libro che il leone tiene tra le zampe: PAX/ TIBI/ MARCE/ VA/GEL/ISTA. In basso a destra: MK e ML cum privilegio.
Esemplare nel primo stato, di cinque descritti da Massari, avanti l’indirizzo di Lafreri.
Bella impressione, su carta vergata coeva applicata su antico supporto di collezione, rifilata al rame o con sottile margine, in ottimo stato di conservazione.
L’incisione, intitolata dal D’Arco “Maria Vergine con i Santi”, riproduce la pala con la” Madonna con il Bambino tra i Santi” dipinti da Giulio Romano su commissione del banchiere tedesco Jakob Fugger (1454-1525) per la cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria dell’Anima (datata tra 1522-1523) e nota come “Pala Fugger”.
Sebbene sulla stampa, dedicata a Giulio Cesarini (1491-1566), compaia sia il nome di Mario Cartaro che le iniziali di Michele Lucchese, incisore e mercante attivo a Roma dal 1553 al 1604, la lastra è da ascriversi al Cartaro, per evidenti ragioni stilistiche.
Agli Uffizi si conserva il disegno preparatorio noto come Sacra Conversazione (Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. U 14615 F) che ha ispirato quest’acquaforte e un disegno del Louvre. Quest’ultimo, classificato da Stefania Massari come opera di Raffaellino del Colle, nella descrizione che compare nel catalogo dei disegni del British Museum viene ascritto più genericamente, da Pouncey e Gere, ad un allievo di Giulio Romano. L’impianto complessivo del disegno conservato agli Uffizi corrisponde a quello del dipinto, anche se si possono riscontrare numerose differenze; nel foglio di Firenze, infatti, non appaiono le statue nelle nicchie dell’esedra, né le trabeazioni sui pilastri, né la donna che sosta sull’uscio assieme alla chioccia con i suoi pulcini, così come in ultimo la parte opposta dell’esedra circolare visibile nell’incisione.
La stampa appare come una preziosa testimonianza della condizione originaria dell’opera: la pala venne purtroppo danneggiata dalle inondazioni del Tevere del 1577 e del 1598, in particolar modo nella parte inferiore; il restauro fu affidato a Carlo Saraceni (1579-1620) detto il “Veneziano” che modificò completamente il corpo del leone girandogli la testa verso San Marco. Dopo un ulteriore danneggiamento, conseguente a forti infiltrazioni d’acqua, il quadro fu restaurato da Carlo Maratta (1625-1713) nel 1682-1683 e fu quindi trasferito in Sagrestia. Ancora, venne rimaneggiata da Pietro Palmaroli nel 1819 e da Ludwig Seitz nel 1880. Successivamente, l’opera trovò la propria collocazione definitiva sull’altare maggiore, dove tuttora può essere ammirata.
La fortuna commerciale della stampa è testimoniata dal passaggio di questa matrice da uno stampatore all’altro: dal Lucchese passa a Lafréri, poi a Giovanni Orlandi che nel 1602; ancora, ad Antonio Carenzano, nel 1604, per poi essere acquistata più tardi dalla famiglia de’ Rossi e confluire infine nella Calcografia Camerale.
Non menzionata da Annalisa Cattaneo – “Mario Cartaro. Catalogo delle incisioni”. Rara.