Crocifissione di S. Pietro
Riferimento: | S38426 |
Autore | Giovanni Battista de’ CAVALIERI |
Anno: | 1567 ca. |
Misure: | 560 x 440 mm |
Riferimento: | S38426 |
Autore | Giovanni Battista de’ CAVALIERI |
Anno: | 1567 ca. |
Misure: | 560 x 440 mm |
Descrizione
Bulino, 1567 circa, in alto al centro una lunga citazione in latino da una lettera del vescovo Pelagio: «Santa e romana ecclesia catholica et apostolica nullis sijnodicis constitutis coeteris ecclesijs / praelata est, sed euangelica uoce domini et saluatoris nostri primatum obtinuit, tu es inquiens / Petrus et super hanc petram edificabo ecclesiam meam · cui data est etiam societas / beatissimi Pauli uasis electionis qui non diuerso sicut eretici garriunt, sed uno tempore / una eademq3 die gloriosa morte cum petro in urbe romana sub cesare nerone agonizans / coronatus est: et supra dictam pariter romanam ecclesiam Chris to domino consecrarunt / pelagius urbis rome episcopus omnibus orthodoxis in i·c· q3 uis distin. xxi / Michael angelus: bonarota, pinxit in uaticano· Joa· baptista cauallerijs lagherinus incidebat».
Stato unico.
Magnifica prova, ricca di toni impressa su carta vergata coeva con filigrana “stella in un cerchio” (cfr. Briquet 6097), rifilata al rame. Tracce di piega centrale verticale, restauri perfettamente eseguiti agli angoli superiori, nel complesso in ottimo stato di conservazione.
L’incisione riproduce in controparte, ma nel formato originale, l’intera scena della Crocifissione di san Pietro di Michelangelo nella Cappella Paolina.
Ci sono due stampe cinquecentesche dell'affresco di Michelangelo; la prima è un'incisione di Michele Lucchese, realizzata tra il 1549 e il 1560, la seconda è questa incisione di Cavalieri.
La stampa di Cavalieri rispecchia lo stato dell'affresco prima del 1564, quando sono stati fatti perizomi e altri cambiamenti, ma c'è motivo di ritenere che sia stato realizzato nello stesso periodo de "Il Giudizio Universale", che risale al 1567.
La lunga iscrizione in latino spiega il significato dell'immagine con specifico riferimento alle controversie che riguardavo il papato in quel periodo. L'iscrizione cita un decreto del IV secolo che decretava il vescovo di Roma come capo della Chiesa.
L'iscrizione fornisce una chiave di lettura di questa stampa, che è anche vista come una giustificazione dell'autorità papale contro le eresie protestanti. Forse l'incisione è stata realizzata per un dotto pubblico clericale che avrebbe apprezzato pienamente i riferimenti, senza escludere però un pubblico diverso e più vasto. Vasari elogia le stampe di Cavalieri della Cappella Paolina come tra le migliori traduzioni dell'opera di Michelangelo, ma non dice nulla sull'iscrizione.
Alessia Alberti, Michelangelo nel gusto delle stampe del Cinquecento, in D’AprèsMichelangelo, n. 221:
“Sono giunti a noi ben due disegni dell’epoca dell’incisione, di dimensioni simili a questa, ma entrambi nello stesso verso dell’affresco (dunque non mediati dalla stampa), che pongono interessanti questioni sulla circolazione del soggetto. Il primo è un foglio conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, di provenienza Santarelli, che un’antica iscrizione a penna pone in riferimento alla stampa, come suo studio preparatorio: «Joannes de Cauallerys / Lagherinus ad incidendum / Opus M. Angel Bonarota iuxta / cap. quamuis dist.» (inv. 6759S, penna, pennello e inchiostro su carta imbrunita, 442 × 567 mm ca., controfondatura antica; sul foglio di supporto, in basso al centro, a penna nera: «Fasato R.»; i contorni delle figure sono definiti mediante ripasso con penna molto fine e inchiostro nero; riprodotto in PIZZAMANO, 2001, p. 20). L’altro è un disegno a pietra rossa che si trova a Madrid, Academia di San Fernando (inv. 132; 407 × 551 mm; CIRUELO GONZALO, GARCÍA SEPÚLVEDA, 1987, p. 352, n. 132), convincentemente accostato da Barbara Agosti all’attività romana di Gaspar Becerra (Daniele da Volterra, 2003, p. 118). Oltre a questi si conosce, sempre del Cinquecento, un particolare in seppia acquerellata a punta di pennello su carta tinta (407 × 281 mm), proveniente dalla Collezione Dobrowsky di Varsavia e attribuito a Giulio Clovio nel catalogo di vendita della Galleria Stanza del Borgo di Milano nel 1969 (Disegni italiani, 1969, p. 43, n. 25). L’incisione è servita come modello per un dipinto su tavola in collezione privata (STEINBERG, 1980, p. 415, fig. 3, p. 446, nota 2). Anche se sulle stampe non sono presenti tracce del passaggio della matrice ad altri editori, questa dovette soprivvivere almeno fino al Settecento, quando è citata nell’Indice dell’editore Carlo Losi (Indice, 1790, p. 8, n. 6).”
Come già segnala Alberti, non sono stati riscontrati esemplari di un secondo stato della lastra, con la matrice ridotta nelle dimensioni, di cui riferisce Monica Scorsetti - Giovanni Battista De Cavalieri. Catalogo delle stampe sciolte, in “Grafica d’Arte”, n. 49, 2002, pp. 4 -12.
Bibliografia: Heinecken, I (1768), P. 392, N. 28/A; Huber, Ii-I (1803), P. 619, N. 2784; Gori Gandellini, De Angelis, Viii, 1810, P. 94, N. 46; Le Blanc, I, P. 616, N. 27; Passerini, P. 177; Neumeyer, P. 181, N. 2; Scorsetti, P. 16, N. 53; Barnes, P. 194, N. 67; Alberti, N. 221
Giovanni Battista de’ CAVALIERI (1525-1601)
Incisore, stampatore ed editore, originario di Villa Lagarina, nei pressi di Trento. Attivo a Venezia dal 1559 e a Roma dal 1577, dove aprì una bottega nel quartiere Parione (successivamente affittata ad un cartolaio, Girolamo Agnelli). Risiedeva nel vicolo di Palazzo Savelli, con uno studio vicino all’abitazione. Divenne cognato di Lorenzo Vaccari. Realizzò lastre per Antonio Salamanca, Lafrery e Faleto. Iniziò a pubblicare le sue opere intorno al 1560, ma sempre in partnership con altri: nel 1567 con Perino Zecchini e nel 1576 con Lorenzo Vaccari. Nel 1577 assunse uno stampatore: Francesco Cornuti. Acquistò anche vecchie lastre, che re-incise. Pubblicò opere di suoi contemporanei, tra cui: Francesco Salviati, Daniele da Volterra, Raffaello, Michelangelo, Polidoro da Caravaggio, Livio Agresti e Baccio Bandelli. Realizzò anche copie di stampe antecedenti. I soggetti preferiti erano quelli devozionali, topografici, antichità, didattici e “popolari”. Pubblicò svariate raccolte monumentali di un certo rilievo: Pontificum Romanorum Effigies del 1580 e il Romanorum Imperatorum Effigies del 1583; l'Ecclesiae Anglicanae Trophea del 1584; Antiquarum Statuarum Urbis Romae, il cui primo libro è stato pubblicato prima del 1561/2.
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Giovanni Battista de’ CAVALIERI (1525-1601)
Incisore, stampatore ed editore, originario di Villa Lagarina, nei pressi di Trento. Attivo a Venezia dal 1559 e a Roma dal 1577, dove aprì una bottega nel quartiere Parione (successivamente affittata ad un cartolaio, Girolamo Agnelli). Risiedeva nel vicolo di Palazzo Savelli, con uno studio vicino all’abitazione. Divenne cognato di Lorenzo Vaccari. Realizzò lastre per Antonio Salamanca, Lafrery e Faleto. Iniziò a pubblicare le sue opere intorno al 1560, ma sempre in partnership con altri: nel 1567 con Perino Zecchini e nel 1576 con Lorenzo Vaccari. Nel 1577 assunse uno stampatore: Francesco Cornuti. Acquistò anche vecchie lastre, che re-incise. Pubblicò opere di suoi contemporanei, tra cui: Francesco Salviati, Daniele da Volterra, Raffaello, Michelangelo, Polidoro da Caravaggio, Livio Agresti e Baccio Bandelli. Realizzò anche copie di stampe antecedenti. I soggetti preferiti erano quelli devozionali, topografici, antichità, didattici e “popolari”. Pubblicò svariate raccolte monumentali di un certo rilievo: Pontificum Romanorum Effigies del 1580 e il Romanorum Imperatorum Effigies del 1583; l'Ecclesiae Anglicanae Trophea del 1584; Antiquarum Statuarum Urbis Romae, il cui primo libro è stato pubblicato prima del 1561/2.
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