Gli Arceri
Riferimento: | S44151 |
Autore | Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO |
Anno: | 1542 ca. |
Misure: | 350 x 240 mm |
Riferimento: | S44151 |
Autore | Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO |
Anno: | 1542 ca. |
Misure: | 350 x 240 mm |
Descrizione
Bulino, circa 1540/45, firmato in basso a sinistra «MICH . ANG . BONAROTI. INV.».
Esemplare nel secondo stato di cinque, che vede terminata la lavorazione dell’angolo inferiore destro dove è stato posto l’indirizzo «AnT. Lafrerij Romæ».
Il bulino riproduce in controparte e con varianti l’originale di Michelangelo oggi nelle collezioni Reali di Windsor Castle (RL 12778).
Parte della letteratura, a nostro avviso giustamente, attribuisce la paternità di questa incisione al lorenese Nicolas Beatrizet. Ipotesi rifiutata da Alessia Alberti nella sua recente pubblicazione sulle opere a stampa da Michelangelo (2015). Dissentendo sulle considerazioni attributive e riconoscendo Beatrizet come autore dell’opera, riportiamo la bellissima descrizione fornita da Alberti:
“A fronte di una fortuna ampia e sfaccettata attraverso le copie a disegno, Gli Arcieri non sembrano avere incontrato nel Cinquecento l’interesse di incisori ed editori di stampe rilevandosi allo stato attuale delle conoscenze una sola matrice con questo soggetto. Sulle ragioni di tale apparente sfortuna al momento possiamo solo individuare quali possibili indirizzi per future e più approfondite indagini l'appartenenza dell'originale a un proprietario che rispetto a De’ Cavalieri era forse più geloso del foglio d'omaggio oppure il godimento da parte dell'editore di qualche tipo di privilegio. Che la cagione potesse risiedere nella complessità del soggetto è forse un indizio l’intervento mediante il quale l’incisore ha fornito di strumenti gli arcieri. Riportata da Vasari nel computo delle «molte cose cavate da Michelagnolo a requisizzione d'Antonio Lanferri» (VASARI 1568, ed. 1966-1987, v, 1984, pp. 19-20, «i Saettatori»), e più tardi citata nell'Indice di Lafrery (1573-1575 ca., c. B1r, «Arceri di Mich. Ang.»), la stampa ha incontrato un discreto, successo di pubblico durante il periodo di attività dell'editore francese dal momento che dei numerosi esemplari giunti sino a noi la maggior parte risulta uscita proprio dai suoi torchi (le edizioni successive sono identificabili per la presenza dell'indirizzo di Paolo Graziani, apposto al momento dell'acquisto del rame presso l'erede di Lafrery, Stefano Duchet, nel 1581). Non può essere invece provata l'asserzione vasariana che l'incisione fosse realizzata «a requisizzione», cioè su precisa richiesta di Lafrery, dal momento che si conosce almeno uno stato precedente l’apposizione del suo nome sulla lastra. Dell'incisione resta ancora da individuare l'autore. Cari Heinrich von Heinecken riferiva nel 1768 (HEINECKEN, 1768-1769, 1768,1. 408) che per essa era stato fatto il nome di Beatrizet e così è stata trattata, seppure dubitativamente, nell'edizione De Angelis del Gori Gandellini (Gori Gandellini DE ANGELIS, 1808-1809, VI, 1809, l), e da Passavant (PASSAVANT, 1860-1864, VI, 1864, P. 1120, 11. 116), il primo ad assegnare il titolo Les Vices tirant à la cible (che peraltro aveva già proposto nella monumentale monografia su Raffaello in riferimento all'affresco del Casino Olgiati). Tralasciata nei cataloghi del lorenese curati da Robert-Dumesnil e Linzeler (ROBERT-DUMESNIL, 1835-1871, VIII, 1850; A. LINZELER, in IFF-XVI, I, 1932), l'opera è stata recuperata dubitativamente da Massari (Tra mito e Allegoria, 1989) e da ultimo recepita nel catalogo curato da Silvia Bianchi (BIANCHI, 2003a 20003b 2003c 2004). L’attribuzione convince molto poco (anche BARNES 2010 p. 65, la cataloga come anonimo), soprattutto perché si tratta di un incisore dalla tecnica particolare, un tardo imitatore di Marcantonio Raimondi che tornisce gli incarnati a lunghi tratti curvi ininterrotti, ricorrendo minimamente allo sfumato attraverso segni a puntinato. Ma è soprattutto il rigore geometrico delle ombre tirate con la riga, a maglie romboidali che in qualche caso, come nella gamba levata al centro, si fanno quasi quadrate, il tratto su cui lavorare per individuare la personalità di questo autore nella schiera degli anonimi operanti a Roma nel quinto decennio del XVI secolo. Nel complesso rivela un’attenzione speciale per la luce, ben contrastata, adoperata come strumento per definire le forme, anche se, rispetto al disegno Michelangelo risulta accentuata l'ambientazione notturna. Si evidenziano tratti comuni al lessico di Enea Vico.
Per una definizione della sua cronologia può essere utilmente assunto quale terminus ante quem l'affresco di Girolamo Siciolante proveniente dal Casino Olgiati, databile al 1544-1545 circa (HUNTER, 1996, p. 136, n. 15). Sempre l'incisione Lafrery deve aver veicolato l'invenzione di Michelangelo oltre i confini nazionali riconoscendosi la figura dell'arciere in primo piano, con minime varianti e in controparte, in quella di Perso che libera Andromeda nel già citato ciclo di arazzi intitolato Poesia, tessuto a Bruxelles da Pieter Coecke van Aelst entro il 1556, quando un esemplare fu acquistato da Filippo II.
Nessuna conferma si è invece trovata dell'esistenza della xilografia citata da Richard Duppa dove la testa del termine sarebbe un ritratto di Michelangelo: “but I have been informed by M. Cosway, that there is extant an earlier print, engraved in wood, with the head of the Terminus representing Michel Angelo's own portrait; if this be not an addition of the engraver, it would seem to imply an intention in the design to allude to the enemies and calumniators of his fame and it is well known that the subject of S. Sebastian has been more than once adopted by other painters to gratify a similar feeling (DUPPA, 1806, p. n.n.; REG. VIII.16)” (cfr. Alberti A. D'après Michelangelo, pp. 215-219).
Dopo una prima tiratura precedente tutti gli indirizzi editoriali, la matrice è appartenuta ad Antonio Lafrery: lo provano il suo indirizzo sulla stampa e la presenza di un rame con questo soggetto tra i beni ereditati da Stefano Duchet nel 1581 («sagettario michelangelo foglio», Ehrle, 1908, p. 44, riga 10). I successivi passaggi di proprietà documentati attraverso i recenti studi di Valeria Pagani sono: Paolo Graziani (1581, Pagani, 2008a, p. 16, n. 174 «Li arcierj de michel Angelo»), Pietro De Nobili (1585, Pagani, 2008b, p. 376, n. 92 «Li arcieri di Michel angelo») e Marcello Clodio (1589, Pagani, 2011, p. 131, n. 55 «Il Sagettario di Michelangelo»). Alla metà del Seicento si trovava nella stamperia De Rossi e in seguito se ne sono perse le tracce.
Magnifica prova, impressa con tono su carta vergata coeva con filigrana “stella a sei punte in una losanga; in un cerchio con altre quattro stelle più piccole” (Woodward n. 151 - la riscontra su opere datate alla metà del ‘500, Briquet 6098), con margini, lievi pieghe di stampa nei margini bianchi laterali, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Bibliografia
Alberti A. D'après Michelangelo, p. 144, n. 245 II/V; VASARI, ed. 1966-1987, V (1984), p. 20; LAFRERY, Indice, c. 5r; HEINECKEN, 1768-1769, I (1768), p. 408, n. 20; HEINECKEN, 1778-1790, II (1788), p. 279; HUBER, 1801-1810, II-I (1803), p. 625, n. 2822; GANDELLINI, DE ANGELIS, 1808-1816, VI (1809), p. 164, n. VII; PASSAVANT, 1860-1864, VI (1864), p. 120, n. 116; PASSERINI, 1875, p. 165; THODE, 1908-1913, II (1908), p. 366; BIANCHI, 2003b, p. 7, n. 37; BARNES, 2010, p. 197, n. 89.
Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565
Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.
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Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565
Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.
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