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Il sacrificio di Ifigenia
Riferimento: | S44711 |
Autore | Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO |
Anno: | 1553 |
Misure: | 450 x 320 mm |
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Riferimento: | S44711 |
Autore | Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO |
Anno: | 1553 |
Misure: | 450 x 320 mm |
Descrizione
Il sacrificio di Ifigenia che si inginocchia con le braccia incrociate a sinistra dell'altare sacrificale.
Bulino, 1553, datato e firmato in basso "N. Beatrizet / Lotaringvs F“ e ”Romae / Michaelis Tramezini / MDLIII”.
Da un disegno attribuito a Francesco Salviati (Francesco de' Rossi, detto il Cecchino 1510-1563).
Questo è il primo stato di quattro secondo Stefania Massari, primo stato di tre per Silvia Bianchi, con la scritta in basso; viene stampato a Roma dall’editore Michel Tramezzino. Il secondo stato è stampato da Giovanni Orlandi, il terzo da De Rossi e, infine, un quarto stato vede aggiunto uno stemma araldico nella parte inferiore.
Il disegno è stato variamente attribuito a Baccio Bandinelli, Michelangelo, Francesco Salviati e Perino del Vaga. Recentemente è riconosciuto come invenzione del Salviati, come ci spiega Stefania Massari:
“L'invenzione del soggetto è stata attribuita a Baccio Bandinelli, Michelangelo e Perin del Vaga (Heinecken), mentre nel catalogo de' Rossi vie ne riportato tra le opere di Francesco Salviati. Tale attribuzione è ricordata anche dall’Huber accanto a quella di Perin del Vaga confermata dal Voss (Kompositionen des Francesco Salviati in der italienischen Graphik des Kajahrhunderts, "Graphischen Kunsteal” XXV, 1912, p.37). Tale conferma troverebbe inoltre la sua verifica dal fatto che il soggetto riproduce nelle figure del sacerdote, dell'ara e del giovane inchinato in primo piano un altro tema che lo stesso autore (Spätrenaissance, 1920, II, p. 249) assegna al Salviati, oggi visibile nella stampa del 1542 di Enea Vico intitolata un Sacrificio (Bartsch, XV. 38; Borea, 1980, p. 272, n. 725) già ritenuta invenzione di Perin del Vaga. Il disegno da cui è stata tratta l'incisione potrebbe risalire agli anni romani del Salviati, prima del 1539, anno in cui l'artista lascia la città, dopo aver portato a termine la decorazione dell'Oratorio di San Giovanni Decollato nei cui affreschi è latente l'influenza di Perin del Vaga (cfr. H. Cheney, Francesco Salviat’s North Italian Journey, in "Art Bulletin", XLV, 1963, p. 339, in part. nota 16) e tale da aver portato confusione negli autori che, come abbiamo detto, fanno il nome di quest'ultimo a proposito delle incisioni che riproducono disegni di Francesco. Un altro modello che il Salviati deve aver avuto presente è il Sacrificio di Listra di Raffaello di cui la stampa ripete infatti l'intelaiatura e l'architettura prospettica. Sebbene appaia il nome di Ifigenia, il Robert-Dumesnil e il Linzeler intitolano la stampa “un Sacrificio” sulla base dell'osservazione del Mariette per il quale il foglio rappresenterebbe il sacrificio di una giovane di nome Elena fatto da un Lacedemone per placare il dio in occasione della peste secondo la narrazione fatta da Plutarco (Robert-Dumesnil, op. cit., p. 155, nota 1). Tuttavia, come dimostra la scritta, il Bartsch interpreta correttamente il tema secondo la narrazione di Euripide fatta nella tragedia omonima. Artemide ha imposto ad Agamennone il sacrificio della figlia Ifigenia ritardando la flotta che si recava verso Aulide con venti contrari finché non si fosse compiuta l'uccisione della fanciulla. Questa viene salvata da Artemide presa da pietà che la sottrae al sacrificio sostituendola con una cerva e la trasporta in Tauride per farla sacerdotessa del suo tempio e, sempre secondo la versione seguita da Euripide, essa viene costretta a sovrintendere al rito locale, per cui tutti gli stranieri sorpresi nel paese verranno sacrificati alla dea. La stampa è una prova illuminata della enorme capacità tecnica raggiunta dal lorenese; una luce vibrante che crea interessanti effetti pittorici pervade il foglio. Il Sacrificio è risultato di una gamma infinita di tonalità chiare sapientemente contrastate dalle ombre scure che il Beatricetto ottiene tracciando sulla lastra segni ora più marcati, ora più sottili intervallati da punti” (cfr. S. Massari, Tra Mito e Allegoria, p. 250).
Magnifica impressione, stampata con tono su carta vergata coeva con filigrana “frecce incrociate sotto stella” (cfr. Woodward nn. 193-198 che la indica relativa al periodo dell'incisione), rifilata al segno del rame, tracce di piega orizzontale visibili al verso, minimi restauri perfettamente eseguiti all'angolo superiore e inferiore sinistro, per il resto in ottimo stato di conservazione. Per qualità e condizioni l'esemplare è decisamente migliore di molti altri conservati nelle principali collezioni museali.
Bibliografia
S. Massari, Tra Mito e Allegoria, pp. 250-251, n. 96, I/IV; S. Bianchi, Catalogo dell’opera incisa di Nicola Beatrizet, II, pp. 8-9, n. 39, I/III; Robert Dumesnil IX, n. 37; I/III; Bartsch, Le Peintre graveur (XV.261.43); The illustrated Bartsch, 29, p. 301, n. 43.
Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565
Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.
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Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565
Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.
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