Allegoria del potere di Filippo III di Spagna

Riferimento: S43553
Autore Francesco VILLAMENA
Anno: 1603
Misure: 470 x 330 mm
Non Disponibile

Riferimento: S43553
Autore Francesco VILLAMENA
Anno: 1603
Misure: 470 x 330 mm
Non Disponibile

Descrizione

Acquaforte e bulino, 1603, firmata e datata in basso a sinistra F. Villamena Fecibat 1603.

Rarissima incisione di propaganda che, attraverso una complessa serie di simboli, rappresenta l'allegoria del potere di Filippo III di Spagna.

Filippo III all'inizio del suo governo, in collaborazione con il suo favorito, il duca di Lerma, cercava di costruire un'immagine di sé che lo allontanasse dall'impopolare padre Filippo II. La giustizia moderata è quindi il messaggio di questa Vim temperatam dii quoque promovent (Gli dei promuovono anche la moderata violenza), disegnata ed incisa da Francesco Villamena e pubblicata a Roma per promuovere la figura del giovane monarca spagnolo. La stampa è un eccellente esempio della metafora musicale del buon governo che opera alla massima forza ideologica. La composizione mostra il busto del re in un medaglione che presiede la scena, incorniciato dalla scritta PHILIPPUS D. G. SPANIAR. ET INDIANAR. REX III. Al centro di quella che sembra una maestosa sala palaziale si trova un tavolo coperto da un drappo con il titolo della stampa, una frase che deriva dal versetto oraziano vim temperatam di quoque provehunt. Il tavolo ha un evidente valore simbolico legato all'idea di Maestà e di Stato. Su di esso, una lancia (che rappresenta la violenza giustificata dello Stato) poggia su una viola (che rappresenta l'armonia, la temperanza o la misericordia). Il motto spiega il significato dell'immagine: il buon governo consiste nella giustizia temperata dalla misericordia (che implica un'azione politica basata sull'equità).

Inoltre, la metafora musicale ha ora un'enorme portata geopolitica. A guardia del tavolo ci sono due valorosi guerrieri: sono le personificazioni delle Indie occidentali e orientali, i confini dell'impero di Filippo. Hanno sconfitto due creature mostruose che giacciono, cadute, sulla scalinata: quella di sinistra, con gli occhi intorno alla testa, ricorda il mitico Argo, sconfitto e ucciso da Mercurio, e quella di destra, con tre teste, potrebbe alludere a Geryon, sconfitto da Ercole (l'eroe spagnolo d'adozione per eccellenza e presunto antenato leggendario degli Asburgo). Si tratta forse di rappresentazioni dell'idolatria o del paganesimo. Intorno a loro, cinquanta figure femminili rappresentano gli Stati della monarchia ispanica con i simboli e gli attributi che li identificano. Ad esempio, la Galizia (sullo sfondo) porta in mano una chiesa; davanti a lei, Granada, coronata di frutti, mostra una coppia di colombe e tre anelli intrecciati. Napoli regge la cornucopia e indossa sandali alati. Accanto a lei, il regno di Sicilia mostra la sfera armillare, poiché questo luogo era rinomato per lo studio dell'astronomia e della cartografia. Sul bordo sinistro, il Portogallo è vestito da guerriero e una vecchia donna seduta a terra in meditazione, con un serpente arrotolato intorno al braccio, rappresenta la Cantabria, o forse la Biscaia. In primo piano ci sono Castiglia e Siviglia. Sono presenti anche le personificazioni delle Isole Canarie, di Milano e dei Paesi Bassi.

Gli autori del libro Los Austrias: grabados de la Biblioteca nacional (1993) suggeriscono che questa immagine, incisa a Roma nel 1603, quando il duca di Escalona era appena diventato il nuovo ambasciatore spagnolo presso il Papa, potrebbe esprimere i timori papali per la presunta politica espansionistica del nuovo re. Tuttavia, le prove storiche di questa politica aggressiva sono scarse e si ritiene che la stampa fosse rivolta a un pubblico interno, spagnolo: Filippo voleva apparire come un monarca equo che sosteneva l'individualità costituzionale di tutti i diversi territori della corona spagnola; a differenza del padre, non voleva essere percepito come un sovrano castigliano, autoritario e inaccessibile. Come indica A. Feros in Kingship and Favoritism, l'uso da parte di Filippo II delle tasse castigliane per sovvenzionare le campagne militari nei Paesi Bassi e in Francia aveva creato un'atmosfera di profonda e pericolosa crisi costituzionale che si ripercuoteva sulle relazioni del re con i vari regni e con i membri dell'élite politica. Molti hanno espresso la speranza che il nuovo re ripristinasse le forme tradizionali del governo monarchico, come il potere dei consigli. In queste circostanze, Filippo III e Lerma avviarono quello che sembrava essere un programma completo di riforme politiche subito dopo l'insediamento, che comprendeva l'abolizione delle "juntas" - compresa la Junta de Gobierno - e la ricostituzione del Consiglio di Stato. Il nuovo monarca si dichiarò un Re giusto, misericordioso e liberale, preoccupato, a differenza del padre, non di estendere il potere reale ma di riconquistare l'amore, l'obbedienza e il rispetto dei suoi sudditi. Per dimostrare di essere un Re misericordioso, Filippo III scelse di perdonare tutti coloro che erano stati puniti dal padre per la loro partecipazione ai disordini aragonesi del 1591. La stampa Vim temperate dii quoque promovent è chiaramente propagandistica, ma presenta anche un ideale che il nuovo re cercò di rispettare. (testo tradotto dal saggio di Sara Gonzalez, The Musical Iconography of Power in Seventeenth-Century Spain and her Territories, pp. 115-118).

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva “scudo con santo inginocchiato e croce” (Briquet 7268, la indica come carta prodotta a Fabriano intorno al 1602), con sottilissimi margini, lievissime tracce di colla e pieghe verticali visibili al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione.

L’opera è di grandissima rarità, oltre all’esemplare della Biblioteca Nacional di Madrid pubblicato nel saggio di Sara Gonzalez, abbiamo censito l’esemplare all’Albertina di Vienna. 

Collection signature on the verso Claude-Augustin Mariette 1690 (Lugt 1786).

Bibliografia

Le Blanc C., Manuel de L'amateur D'estampes, n. 58; Sara Gonzalez, The Musical Iconography of Power in Seventeenth-Century Spain and her Territories in “Political and Popular Culture in the Early Modern Period” (2015), pp. 115-118, fig. 6.4; E. Páez, Los Austrias: grabados de la Biblioteca Nacional (Madrid: Biblioteca Nacional-Ministerio de Cultura y Julio Ollero, Editor, S. A., 1993).

 

https://sammlungenonline.albertina.at/?query=search=/record/objectnumbersearch=[It/I/41/72]&showtype=record

Francesco VILLAMENA (Assisi, 1564 - Roma, 7 Luglio 1624)

Incisore italiano. Secondo la tradizione, fu allievo di Cornelis Cort, le cui incisioni aveva copiato, e lavorò in età giovanile con Agostino Carracci. Realizzò poche incisioni originali, e riprodusse disegni di molti artisti, tra cui Raffaello, Paolo Veronese, Federico Barocci, Girolamo Muziano e Giulio Romano. La sua produzione include anche frontespizi e illustrazioni di libri. Strettamente collegato a quegli artisti nordici che tardivamente aderirono al Manierismo, come Hendrick Goltzius e Jacques Bellange, egli unì all'elegante stile calligrafico espressivo un perfetto controllo del bulino. Oltre a soggetti storici e religiosi, eseguì dei ritratti, tra cui ricordiamo una serie di figure di genere (Roma, Gab. N. Stampe). Nel 1594 eseguì una serie di incisioni che illustravano scene dalla Vita di San Francesco. La sua opera comprende all’incirca mille lastre.

Francesco VILLAMENA (Assisi, 1564 - Roma, 7 Luglio 1624)

Incisore italiano. Secondo la tradizione, fu allievo di Cornelis Cort, le cui incisioni aveva copiato, e lavorò in età giovanile con Agostino Carracci. Realizzò poche incisioni originali, e riprodusse disegni di molti artisti, tra cui Raffaello, Paolo Veronese, Federico Barocci, Girolamo Muziano e Giulio Romano. La sua produzione include anche frontespizi e illustrazioni di libri. Strettamente collegato a quegli artisti nordici che tardivamente aderirono al Manierismo, come Hendrick Goltzius e Jacques Bellange, egli unì all'elegante stile calligrafico espressivo un perfetto controllo del bulino. Oltre a soggetti storici e religiosi, eseguì dei ritratti, tra cui ricordiamo una serie di figure di genere (Roma, Gab. N. Stampe). Nel 1594 eseguì una serie di incisioni che illustravano scene dalla Vita di San Francesco. La sua opera comprende all’incirca mille lastre.