Santa Cecilia rifiuta di venerare la statua di Giove

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Riferimento: S48854
Autore Francesco ROSA
Anno: 1670 ca.
Misure: 375 x 225 mm
900,00 €

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Riferimento: S48854
Autore Francesco ROSA
Anno: 1670 ca.
Misure: 375 x 225 mm
900,00 €

Descrizione

Acquaforte, 1670 circa, in basso a sinistra: Domini.s Inv. P. Romae; a destra: fran.s Rosa Rom.s Del. Scv. 

Esemplare nel rarissimo primo stato di due, avanti l’indirizzo dell’editore Vincenzo Billy.

Questa incisione è un'immagine speculare del dipinto del Domenichino nella chiesa di S. Luigi dei Francesi a Roma.

Francesco Rosa nacque a Roma il 25 novembre 1638. Le principali informazioni biografiche si ricavano dall’anonima Vita di Francesco Rosa, aggiunta alle Vite de’ pittori, scultori e architetti viventi di Lione Pascoli, fonte che ha permesso di chiarire definitivamente gli equivoci relativi alla biografia e alla produzione artistica di Rosa dovuti alla sua sovrapposizione con l’omonimo pittore genovese (Genova, 1635-40 circa - Venezia, 1710) e con il napoletano Pacecco de Rosa (Napoli, 1607-1656).  Dalla Vita pascoliana si apprende come il giovane Francesco «sino all’età di dodici anni», quando rimase orfano di entrambi i genitori, frequentò il Collegio romano, dove conobbe Pier Filippo Bernini, figlio del celebre artista. Dopo una prima formazione con il non altrimenti noto «Placido Palermitano», Rosa entrò nella bottega di Giovanni Angelo Canini, attraverso il quale sviluppò il proprio interesse per la pittura classicista e si avvicinò alle tecniche incisorie. A questi stessi anni risale la frequentazione dell’anziano Nicolas Poussin, dal quale apprese a comporre erudite scene di soggetto storico-letterario.

L’opinione artistica sulla qualità delle poche acqueforti di Rosa è negativa. Bartsch, oltre a segnalare l’errata morsura in due acqueforti, osserva che queste opere sono così ingenue da escludere la possibilità che Rosa fosse un pittore. Negativa è anche l'opinione espressa da Nagler nel suo Künstler-Lexikon.

Francesco Rosa mostra affinità di soggetto con Annibale Carracci e Domenichino. Probabilmente, non si avvaleva di uno stampatore professionista e gli errori di morsura citati da Bartsch, che sono evidenti nelle sue opere, lasciano credere che le abbia stampate lui stesso. In due casi, tuttavia, le sue incisioni ebbero una seconda tiratura: con il parigino Bertrand Le Sieur e, con questa Santa Cecilia, con Vincenzo Billy a Roma. Le stampe di Francesco Rosa sono piuttosto rare; si distinguono per il loro stile molto personale e mostrano il tentativo di tradurre in stampa gli effetti chiaroscurali tipici della pittura.

Magnifica prova, ricca di contrasto, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame, in eccellente stato di conservazione. Molto rara.

Bibliografia

P. Bellini, F. R., in The Illustrated Bartsch, XLVII, New York 1987, pp. 133-137; Le Blanc C., Manuel De L'amateur D'estampes, 3; Nagler G.K., Neues Allgemeines Künstler-Lexikon, 3.

Francesco ROSA (Roma 1638 - 1687)

Francesco Rosa nacque a Roma il 25 novembre 1638. Le principali informazioni biografiche si ricavano dall’anonima Vita di Francesco Rosa, aggiunta alle Vite de’ pittori, scultori e architetti viventi di Lione Pascoli, fonte che ha permesso di chiarire definitivamente gli equivoci relativi alla biografia e alla produzione artistica di Rosa dovuti alla sua sovrapposizione con l’omonimo pittore genovese (Genova, 1635-40 circa - Venezia, 1710) e con il napoletano Pacecco de Rosa (Napoli, 1607-1656). Dalla Vita pascoliana si apprende come il giovane Francesco «sino all’età di dodici anni», quando rimase orfano di entrambi i genitori, frequentò il Collegio romano, dove conobbe Pier Filippo Bernini, figlio del celebre artista. Dopo una prima formazione con il non altrimenti noto «Placido Palermitano», Rosa entrò nella bottega di Giovanni Angelo Canini, attraverso il quale sviluppò il proprio interesse per la pittura classicista e si avvicinò alle tecniche incisorie. A questi stessi anni risale la frequentazione dell’anziano Nicolas Poussin, dal quale apprese a comporre erudite scene di soggetto storico-letterario. Alla metà degli anni Sessanta del Seicento la carriera di Rosa conobbe una svolta significativa grazie al sostegno di potenti mecenati gravitanti intorno al circuito di Fabio Chigi e di Cristina di Svezia, come i cardinali Luigi Alessandro Omodei e Camillo Massimo. Rosa morì a Roma il 26 novembre 1687, all’età di quarantanove anni, in seguito a una «febre maligna». L’opinione artistica sulla qualità delle poche acqueforti di Rosa è negativa. Bartsch, oltre a segnalare l’errata morsura in due acqueforti, osserva che queste opere sono così ingenue da escludere la possibilità che Rosa fosse un pittore. Negativa è anche l'opinione espressa da Nagler nel suo Künstler-Lexikon. Francesco Rosa mostra affinità di soggetto con Annibale Carracci e Domenichino. Probabilmente, non si avvaleva di uno stampatore professionista e gli errori di morsura citati da Bartsch, che sono evidenti nelle sue opere, lasciano credere che le abbia stampate lui stesso. In due casi, tuttavia, le sue incisioni ebbero una seconda tiratura: con il parigino Bertrand Le Sieur e, con questa Santa Cecilia, con Vincenzo Billy a Roma. Le stampe di Francesco Rosa sono piuttosto rare; si distinguono per il loro stile molto personale e mostrano il tentativo di tradurre in stampa gli effetti chiaroscurali tipici della pittura.

Francesco ROSA (Roma 1638 - 1687)

Francesco Rosa nacque a Roma il 25 novembre 1638. Le principali informazioni biografiche si ricavano dall’anonima Vita di Francesco Rosa, aggiunta alle Vite de’ pittori, scultori e architetti viventi di Lione Pascoli, fonte che ha permesso di chiarire definitivamente gli equivoci relativi alla biografia e alla produzione artistica di Rosa dovuti alla sua sovrapposizione con l’omonimo pittore genovese (Genova, 1635-40 circa - Venezia, 1710) e con il napoletano Pacecco de Rosa (Napoli, 1607-1656). Dalla Vita pascoliana si apprende come il giovane Francesco «sino all’età di dodici anni», quando rimase orfano di entrambi i genitori, frequentò il Collegio romano, dove conobbe Pier Filippo Bernini, figlio del celebre artista. Dopo una prima formazione con il non altrimenti noto «Placido Palermitano», Rosa entrò nella bottega di Giovanni Angelo Canini, attraverso il quale sviluppò il proprio interesse per la pittura classicista e si avvicinò alle tecniche incisorie. A questi stessi anni risale la frequentazione dell’anziano Nicolas Poussin, dal quale apprese a comporre erudite scene di soggetto storico-letterario. Alla metà degli anni Sessanta del Seicento la carriera di Rosa conobbe una svolta significativa grazie al sostegno di potenti mecenati gravitanti intorno al circuito di Fabio Chigi e di Cristina di Svezia, come i cardinali Luigi Alessandro Omodei e Camillo Massimo. Rosa morì a Roma il 26 novembre 1687, all’età di quarantanove anni, in seguito a una «febre maligna». L’opinione artistica sulla qualità delle poche acqueforti di Rosa è negativa. Bartsch, oltre a segnalare l’errata morsura in due acqueforti, osserva che queste opere sono così ingenue da escludere la possibilità che Rosa fosse un pittore. Negativa è anche l'opinione espressa da Nagler nel suo Künstler-Lexikon. Francesco Rosa mostra affinità di soggetto con Annibale Carracci e Domenichino. Probabilmente, non si avvaleva di uno stampatore professionista e gli errori di morsura citati da Bartsch, che sono evidenti nelle sue opere, lasciano credere che le abbia stampate lui stesso. In due casi, tuttavia, le sue incisioni ebbero una seconda tiratura: con il parigino Bertrand Le Sieur e, con questa Santa Cecilia, con Vincenzo Billy a Roma. Le stampe di Francesco Rosa sono piuttosto rare; si distinguono per il loro stile molto personale e mostrano il tentativo di tradurre in stampa gli effetti chiaroscurali tipici della pittura.