I Giganti colpiti dalle macerie

Riferimento: S21435
Autore Pietro Santi BARTOLI
Anno: 1680 ca.
Misure: 282 x 194 mm
425,00 €

Riferimento: S21435
Autore Pietro Santi BARTOLI
Anno: 1680 ca.
Misure: 282 x 194 mm
425,00 €

Descrizione

Acquaforte, 1680 circa, priva di firma.

Opera tratta dalla rarissima serie "Giove che fulmina li Giganti", raffigurante gli affreschi eseguiti da Giulio Romano nella Sala dei Giganti di Palazzo Te di Mantova.

Esemplare di primo stato di due, avanti l’aggiunta del numero in basso a destra. Magnifica prova, ricca di contrasto, impressa su carta vergata coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione.

“La serie del Bartoli è una interessante e importante testimonianza del «capricciosissimo ingegnoso Giulio» che in questo ciclo di affreschi ha forse voluto alludere all'atto di omaggio e sottomissione reso da Federico Gonzaga all'imperatore Carlo V, in occasione della seconda visita da lui fatta a Mantova nel 1532, e al tempo stesso fornire un monito a chiunque voglia ribellarsi ad un potere superiore. La Caduta dei Giganti è stata anche associata alla punizione di Francesco Gonzaga da Calvisano, marito di Isabella Boschetti fatto uccidere da Federico e dagli altri presenti ribelli. Alle virtù che regolano i rapporti umani, rappresentate nella camera dell'Imperatore, si contrapporrebbero dunque la temerarietà e la presunzione dei Giganti, i figli di Gea che avendo osato scalare l'Olimpo sono colpiti dai fulmini di Giove che ne causano la morte ed eterne sofferenze come appare nella parete ovest riprodotta nella penultima stampa del Bartoli dove sono rappresentati i Ciclopi annientati da Nettuno sotto l'Etna che nell'effetto illusionistico della Sala incorpora il fuoco sviluppato dal camino” (cfr. S. Massari, Giulio Romano pinxit et delineavit, p. 277).

Bibliografia

S. Massari, Giulio Romano pinxit et delineavit, p. 273, 270 I/II.

 

Pietro Santi BARTOLI (Perugia 1635 – Roma 1700)

Nacque nella villa avita della Bartola, in territorio di Perugia, nel 1635 e si trasferì ben presto a Roma. La sua attività di pittore non ha lasciato tracce degne di considerazione, nonostante la menzione fattane da qualche scrittore. La fama del Bartoli è legata alla produzione di queste e di altre opere del genere alla produzione di opere al bulino e all'acquaforte, ispirate al il tema della "magnificenza di Roma" e lo sviscera con una tenacia ed una costanza che durano un'intera vita, estendendolo alle pitture, alle lucerne sepolcrali, alle monete, alle gemme antiche. Alcune delle sue incisioni, fecero epoca e furono stampate e ristampate più volte. Di esse il Winckelmann proponeva più tardi, esaltandole, lo studio e l'imitazione ai giovani che volevano familiarizzarsi con l'antico. Più sensazionale ancora fu, per gli anni in cui vide la luce, la riproduzione in 55 tavole del codice virgiliano figurato della Biblioteca Vaticana. Anche quest'opera, ebbe nel secolo seguente altre edizioni con il testo del manoscritto curato da Giovan Gaetano Bottari (1741, 1782, 1797).Quindi i rami passarono alla Calcografia Camerale di Roma. Gli scrittori dell'800 non mancano di ricordare come il Bartoli si sia cimentato con Raffaello, Giulio Romano, Annibale Carracci, Pietro da Cortona, Polidoro da Caravaggio, Giovanni Lanfranco, Pietro Testa, P. F. Mola, Carlo Maratta, ecc. L'alta considerazione in cui il Bartoli era tenuto da potenti, dotti e artisti d'ogni paese gli procurò ricchezze e onori eccezionali e gli valse la sepoltura in S. Lorenzo in Lucina, accanto a Nicola Poussin. Morì a Roma il 7 nov. 1700.

Pietro Santi BARTOLI (Perugia 1635 – Roma 1700)

Nacque nella villa avita della Bartola, in territorio di Perugia, nel 1635 e si trasferì ben presto a Roma. La sua attività di pittore non ha lasciato tracce degne di considerazione, nonostante la menzione fattane da qualche scrittore. La fama del Bartoli è legata alla produzione di queste e di altre opere del genere alla produzione di opere al bulino e all'acquaforte, ispirate al il tema della "magnificenza di Roma" e lo sviscera con una tenacia ed una costanza che durano un'intera vita, estendendolo alle pitture, alle lucerne sepolcrali, alle monete, alle gemme antiche. Alcune delle sue incisioni, fecero epoca e furono stampate e ristampate più volte. Di esse il Winckelmann proponeva più tardi, esaltandole, lo studio e l'imitazione ai giovani che volevano familiarizzarsi con l'antico. Più sensazionale ancora fu, per gli anni in cui vide la luce, la riproduzione in 55 tavole del codice virgiliano figurato della Biblioteca Vaticana. Anche quest'opera, ebbe nel secolo seguente altre edizioni con il testo del manoscritto curato da Giovan Gaetano Bottari (1741, 1782, 1797).Quindi i rami passarono alla Calcografia Camerale di Roma. Gli scrittori dell'800 non mancano di ricordare come il Bartoli si sia cimentato con Raffaello, Giulio Romano, Annibale Carracci, Pietro da Cortona, Polidoro da Caravaggio, Giovanni Lanfranco, Pietro Testa, P. F. Mola, Carlo Maratta, ecc. L'alta considerazione in cui il Bartoli era tenuto da potenti, dotti e artisti d'ogni paese gli procurò ricchezze e onori eccezionali e gli valse la sepoltura in S. Lorenzo in Lucina, accanto a Nicola Poussin. Morì a Roma il 7 nov. 1700.