I Metalli sono catturati

Riferimento: S41100
Autore Domenico BECCAFUMI
Anno: 1535 ca.
Misure: 115 x 174 mm
Non Disponibile

Riferimento: S41100
Autore Domenico BECCAFUMI
Anno: 1535 ca.
Misure: 115 x 174 mm
Non Disponibile

Descrizione

Xilografia, 1530 – 1535 circa, firmata in basso a destra “Mecarinus De Senis/ inventor. S.”

Bell’esemplare, stampato su carta vergata coeva, rifilata ai margini,  minimi restauri all'angolo superiore destro, per il resto in ottimo stato di conservazione.

La xilografia fa parte di una serie di dieci composizioni realizzate dal Beccafumi, di difficile interpretazione. Vasari definiva la serie, erroneamente indicata come eseguita all'acquaforte, come Storie di Mercurio, ma la spiegazione è contestata da Passavant, che preferisce rapportarsi ad un significato riguardante le Arti e mestieri. Più recentemente le letture hanno privilegiato l'aspetto alchemico, sotteso anche ad altre opere dello stesso artista. Le interpretazioni degli studi più recenti vedono un collegamento con il testo 'De la pirothecnia' del senese Vannoccio Biringucci (1480-1539), pubblicato a Venezia nel 1540 in dieci volumi, e per il quale le composizioni di Beccafumi avrebbero potuto essere le illustrazioni.


Le tavole contengono la descrizione, in parte allegorica, delle varie fasi del ritrovamento, della lavorazione e dell’utilizzo dei sette metalli che sono rappresentati dalle divinità a cui sono associati: Mercurio: mercurio; Saturno: piombo; Venere: rame; Giove: stagno; Luna: argento; Sole: oro; Marte: ferro.

Questa tavola, catalogata come la quarta della serie, nonché l’unica recante la firma dell’autore, mostra i metalli, simboleggiati dagli dèi, catturati e legati insieme, a indicarne il loro stato minerale o non raffinato. Le due figure ricorrenti in tutte e dieci le stampe, il fabbro e il suo collaboratore anziano, sono stati identificati come Vulcano e l’alchimista stesso che supervisiona il lavoro. La composizione porta l'iscrizione con il nome dell'artista seguito da 'S' cioè 'sculpsit', indicazione che toglie dubbi circa la paternità e l'esecuzione della serie.

Il Beccafumi fu, anche, incisore di notevole levatura; la critica ha più volte, inspiegabilmente, negato la diretta esecuzione delle stampe da parte del senese nonostante l'esplicita asserzione del Vasari, testimonianza che l'amicizia tra i due artisti rende attendibile.

“Fra le stampe del Beccafumi pervenuteci, la serie di dieci piccole xilografie, che anticipano sorprendentemente certe nervose soluzioni adottate dal Parmigianino, rappresentano con allegorie alchimistiche non troppo chiare la Ricerca e lo sfruttamento dei metalli (Passavant, VI, p. 151; una è firmata "Mecarinus de Senis inventor s[culpsit]"). Questa serie è con tutta probabilità la prima ad essere stata eseguita dall'artista. Essa sembra infatti potersi datare verso la prima metà del terzo decennio del secolo mostrando affinità di stile con opere di quel momento. A stimolare questo inizio di attività incisoria fu forse la conoscenza diretta di Ugo da Carpi durante il presunto viaggio a Roma del 1519” [cfr. Domenico Sanminiatelli, Beccafumi Domenico, in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 7 (1970)].

Bibliografia

Bianchi–Bruno, Alcune rarissime stampe di soggetto alchimistico attribuite a Domenico Beccafumi, pp. 1-10; Karpinsky, The Alchemist’s Illustrator, pp. 7 -14 in The Metropolitan Museum of Art Bulletin, vol. 19, n. 1; Passavant 1860-64 VI.151.14; P. Torriti, Beccafumi – L’opera completa, D112; Parmigianino e la pratica dell'alchimia, n. I.19.I; D. Sanminiatelli, Beccafumi Domenico, in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 7 (1970); Mino Gabriele., Le incisioni alchemico-metallurgiche di Domenico Beccafumi in “Domenico Beccafumi e il suo tempo”, Milano, 1990, pp. 478-480; Evelyn Lincoln, The Invention of the Italian Renaissance Printmaker, New Haven, 2001, pp. 45-110.

Domenico BECCAFUMI (1486 – 1551)

Domenico di Jacopo di Pace, detto comunemente il Beccafumi o, più in antico, Mecherino (Monteaperti, 1486 – Siena, 18 maggio 1551), è stato un pittore e scultore italiano. Tra i più importanti e riconoscibili fondatori del cosiddetto manierismo, fu anche, accanto al Sodoma (che pure era forestiero), l'ultimo artista di grande influenza della scuola senese. Il Beccafumi fu, anche, incisore di notevole levatura; la critica ha più volte, inspiegabilmente, negato la diretta esecuzione delle stampe da parte del senese nonostante l'esplicita asserzione del Vasari, testimonianza che l'amicizia tra i due artisti rende attendibile. Fra le stampe del Beccafumi pervenuteci, la serie di dieci piccole xilografie, che anticipano sorprendentemente certe nervose soluzioni adottate dal Parmigianino, rappresentano con allegorie alchimistiche non troppo chiare la Ricerca e lo sfruttamento dei metalli (Passavant, VI, p. 151; una è firmata "Mecarinus de Senis inventor s[culpsit]"). Questa serie è con tutta probabilità la prima ad essere stata eseguita dall'artista. Essa sembra infatti potersi datare verso la prima metà del terzo decennio del secolo mostrando affinità di stile con opere di quel momento. A stimolare questo inizio di attività incisoria fu forse la conoscenza diretta di Ugo da Carpi durante il presunto viaggio a Roma del 1519. Ancora due stampe possono venire datate nel terzo decennio del secolo, rispettivamente in rapporto stilistico con il fregio di Mosè che fa scaturire l'acqua (1524) nel pavimento del duomo di Siena e con la pala della collezione Chigi-Saracini (1528); esse sono: l'incisione a bulino firmata "Micarino Fec(it)" con Due nudi in un paesaggio (Passavant, VI, p. 150), incisione che fu anche stampata con l'inclusione di un legno, creando il primo esempio di un uso frequente nel Beccafumi, e il chiaroscuro a due legni rappresentante i Quattro Dottori della Chiesa (Bartsch, XII, IV, n. 35). Le risentite muscolature di derivazione michelangiolesca, che formano una componente dello stile del Beccafumi a partire dal 1530circa, appaiono evidenti in due incisioni le quali, eseguite con tutta probabilità verso la metà del quarto decennio, mostrano l'uso abbinato del rame e del legno: l'Apostolo in una nicchia (Bartsch, XII, IV, n. 216)e le Tre figure virili stese in un paesaggio (Siena, Pinacoteca, n. 136). Si giunge così al gruppo più interessante di chiaroscuri che coincide verosimilmente con l'ultimo decennio dell'attività dell'artista e che comprende unicamente sette raffigurazioni di giganteschi vecchi drappeggiati, certo intesi per quella serie di apostoli, evangelisti o profeti che fu il tema dominante della sua vecchiaia (Bartsch, XII, IV, nn. 13, 14, 15, 18, 22, 23e XII, X, n. 12). Uno solo di questi chiaroscuri presenta ancora la già notata sovrapposizione del legno alla tavola di rame. In esso tuttavia si vede l'ossatura tracciata dal bulino farsi più leggera, fino a sparire quasi, nelle parti riservate alla luce, per lasciare il campo ai vigorosi solchi del legno. Va ricordato qui che l'uso di stampare carte con più legni, introdotto da Ugo da Carpi, fu sviluppato con estrema perizia dal Beccafumi e da Antonio da Trento. A differenza di quest'ultimo tuttavia, che riproduceva opere di altri artisti, il maestro senese si serve di questo procedimento come mezzo di espressione personalissimo atto in modo particolare a rendere gli ultimi sviluppi della propria disgregante concezione luministica” [cfr. Domenico Sanminiatelli, Beccafumi Domenico, in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 7 (1970)].

Domenico BECCAFUMI (1486 – 1551)

Domenico di Jacopo di Pace, detto comunemente il Beccafumi o, più in antico, Mecherino (Monteaperti, 1486 – Siena, 18 maggio 1551), è stato un pittore e scultore italiano. Tra i più importanti e riconoscibili fondatori del cosiddetto manierismo, fu anche, accanto al Sodoma (che pure era forestiero), l'ultimo artista di grande influenza della scuola senese. Il Beccafumi fu, anche, incisore di notevole levatura; la critica ha più volte, inspiegabilmente, negato la diretta esecuzione delle stampe da parte del senese nonostante l'esplicita asserzione del Vasari, testimonianza che l'amicizia tra i due artisti rende attendibile. Fra le stampe del Beccafumi pervenuteci, la serie di dieci piccole xilografie, che anticipano sorprendentemente certe nervose soluzioni adottate dal Parmigianino, rappresentano con allegorie alchimistiche non troppo chiare la Ricerca e lo sfruttamento dei metalli (Passavant, VI, p. 151; una è firmata "Mecarinus de Senis inventor s[culpsit]"). Questa serie è con tutta probabilità la prima ad essere stata eseguita dall'artista. Essa sembra infatti potersi datare verso la prima metà del terzo decennio del secolo mostrando affinità di stile con opere di quel momento. A stimolare questo inizio di attività incisoria fu forse la conoscenza diretta di Ugo da Carpi durante il presunto viaggio a Roma del 1519. Ancora due stampe possono venire datate nel terzo decennio del secolo, rispettivamente in rapporto stilistico con il fregio di Mosè che fa scaturire l'acqua (1524) nel pavimento del duomo di Siena e con la pala della collezione Chigi-Saracini (1528); esse sono: l'incisione a bulino firmata "Micarino Fec(it)" con Due nudi in un paesaggio (Passavant, VI, p. 150), incisione che fu anche stampata con l'inclusione di un legno, creando il primo esempio di un uso frequente nel Beccafumi, e il chiaroscuro a due legni rappresentante i Quattro Dottori della Chiesa (Bartsch, XII, IV, n. 35). Le risentite muscolature di derivazione michelangiolesca, che formano una componente dello stile del Beccafumi a partire dal 1530circa, appaiono evidenti in due incisioni le quali, eseguite con tutta probabilità verso la metà del quarto decennio, mostrano l'uso abbinato del rame e del legno: l'Apostolo in una nicchia (Bartsch, XII, IV, n. 216)e le Tre figure virili stese in un paesaggio (Siena, Pinacoteca, n. 136). Si giunge così al gruppo più interessante di chiaroscuri che coincide verosimilmente con l'ultimo decennio dell'attività dell'artista e che comprende unicamente sette raffigurazioni di giganteschi vecchi drappeggiati, certo intesi per quella serie di apostoli, evangelisti o profeti che fu il tema dominante della sua vecchiaia (Bartsch, XII, IV, nn. 13, 14, 15, 18, 22, 23e XII, X, n. 12). Uno solo di questi chiaroscuri presenta ancora la già notata sovrapposizione del legno alla tavola di rame. In esso tuttavia si vede l'ossatura tracciata dal bulino farsi più leggera, fino a sparire quasi, nelle parti riservate alla luce, per lasciare il campo ai vigorosi solchi del legno. Va ricordato qui che l'uso di stampare carte con più legni, introdotto da Ugo da Carpi, fu sviluppato con estrema perizia dal Beccafumi e da Antonio da Trento. A differenza di quest'ultimo tuttavia, che riproduceva opere di altri artisti, il maestro senese si serve di questo procedimento come mezzo di espressione personalissimo atto in modo particolare a rendere gli ultimi sviluppi della propria disgregante concezione luministica” [cfr. Domenico Sanminiatelli, Beccafumi Domenico, in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 7 (1970)].