Il martirio di S. Erasmo
Riferimento: | S30463 |
Autore | Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" |
Anno: | 1630 ca. |
Misure: | 190 x 280 mm |
Riferimento: | S30463 |
Autore | Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" |
Anno: | 1630 ca. |
Misure: | 190 x 280 mm |
Descrizione
Acquaforte, circa 1630, monogrammata in lastra in basso a destra. Esemplare nel secondo stato di cinque, avanti l’indirizzo di Giacomo de’Rossi.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio e stella” (Briquet 488), con sottili margini, leggera abrasione all’angolo inferiore destro, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Il Martirio di S. Erasmo costituisce il primo incarico pubblico di Nicolas Poussin a Roma, ove il pittore francese si era trasferito nel 1624. Eseguito per l'altare del transetto destro della Basilica di S. Pietro nel quale si conservavano le reliquie del Santo, il dipinto vi rimase fino al Settecento, allorché fu sostituito da una copia in mosaico e trasferito nel palazzo pontificio del Quirinale. Fonti degne di fede attestano l'esistenza di un S. Erasmo, martire, vescovo di Formia, il cui culto era molto diffuso nella Campania e nel Lazio. Il nome di Erasmo, oltre che nei martirologi storici, donde è passato nel Romano, era inserito nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal vescovo Bono. Da quel tempo Erasmo fu proclamato patrono di Gaeta e furono anche coniate monete con la sua effigie. Il 3 febbraio 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta in onore della Vergine e di Erasmo Nel Medio Evo il santo fu annoverato tra i cosiddetti santi Ausiliatori e invocato specialmente contro le epidemie, mentre i marinai lo venerano come patrono col nome di S. Elmo.
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Bibliografia
Bartsch 14; Bellini 7; TIB 014 II/V.; Cropper, 6
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Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.
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Bibliografia
Bartsch 14; Bellini 7; TIB 014 II/V.; Cropper, 6
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Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.
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