Tre Santi Lucchesi intercedono con la Vergine per le Vittime della Peste
Riferimento: | S5321 |
Autore | Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" |
Anno: | 1630 ca. |
Misure: | 200 x 285 mm |
Riferimento: | S5321 |
Autore | Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" |
Anno: | 1630 ca. |
Misure: | 200 x 285 mm |
Descrizione
Acquaforte originale circa 1630-31, monogrammata in lastra in basso al centro.
Bellissima prova del secondo stato di tre con l’indirizzo di Callisto Ferrante, impressa su carta vergata priva di filigrana, con piccoli margini, leggere ossidazioni sparse, per il resto in ottimo stato di conservazione.
"Nel 1630 la peste colpì Lucca, raggiungendo il picco di diffusione nell’estate del 1631. La vignetta delle torri delle Case dei Guinigi a Lucca, posta contro la collina a sinistra, indica che Testa aveva in mente le sofferenze della sua città natale, non solo l'orrore generale della peste che devastò l'Italia settentrionale e a cui si riferiva Poussin nella sua Peste di Ashdod del 1631. Le figure a sinistra sono allora i i santi locali, piuttosto che i santi Nicola e Rocco, come propongono Gori Gandellini e Bartsch. San Martino appare con l'armatura di un soldato romano e porta una spada, come nella scultura sulla facciata della cattedrale di Lucca, di cui è il santo titolare. La figura con il piviale è San Paolino, primo vescovo e patrono della città. La figura centrale potrebbe essere San Teodoro, l'altro santo vescovo lucchese, con poteri miracolosi che Testa ha celebrato in una pala d'altare più tardi nella sua carriera (...) Testa tornò a Lucca nel 1632, ma probabilmente aveva fatto questa stampa a Roma quando la peste era al culmine. Una data del 1630-31, prossima al periodo del breve apprendistato di Testa nella bottega di Pietro da Cortona, viene così proposta per quest'opera, una delle sue composizioni più delicate, la cui luminosità e originalità prospettica hanno ispirato più di un critico a confrontarla con le incisioni del Tiepolo" E. Cropper, Pietro Testa, p. 13 n. 7.
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Bibliografia
T.I.B. 013; Bellini 8 II/II; Cropper, Pietro Testa, p. 13 n. 7.
Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.
|
Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .
Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.
Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.
Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.
|