Madonna con Bambino e angeli

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Riferimento: S46552
Autore Agostino De MUSI detto "Agostino Veneziano"
Anno: 1518
Misure: 170 x 250 mm
1.500,00 €

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Riferimento: S46552
Autore Agostino De MUSI detto "Agostino Veneziano"
Anno: 1518
Misure: 170 x 250 mm
1.500,00 €

Descrizione

Vergine con Bambino, San Giovanni Battista e due angeli.

Bulino, 1516/18, firmato e datato in alto a destra “1518 AV”.

Da un disegno attribuito a Francesco Francia.

Bella impressione del secondo stato completato, con la data modificata dal 1516 al 1518.

Questa incisione è una ripetizione di una stampa dello stesso artista senza data (B. 50). Bartsch ritiene che Francesco Francia sia l'autore del disegno. In questa seconda opera, meglio eseguita e più tarda, Agostino apporta diverse modifiche. Queste differenze ci fanno pensare che questa stampa sia stata incisa sulla base di un altro disegno del Francia. Esiste una copia, nello stesso verso, incisa da un artista anonimo e una copia omologa incisa da un’artista con poca perizia incisoria.  

Agostino de Musi, detto Agostino Veneziano, nacque in Veneto, forse a Venezia, intorno al 1490, periodo fissato approssimativamente dagli studiosi in base alle date più antiche incise su alcune stampe. Si recò a Roma nel 1515/16, dove entrò in rapporto con Marcantonio Raimondi, divenendone, insieme a Marco Dente, uno dei principali alfieri e poi collaboratori nella "ditta" Raimondi, la prima vera e propria impresa artistico-commerciale impegnata nella riproduzione di soggetti raffaelleschi. Ad un periodo, fino al 1520, di intensa attività della bottega di Marcantonio seguirono probabilmente anni più difficili dovuti alla morte di Raffaello nel 1520 e all'imprigionamento dello stesso Raimondi intorno al 1523-24 per aver inciso alcuni soggetti lascivi.  Il sacco di Roma del 1527 spinse il De Musi a lasciare la città, verso Mantova, attratto da Giulio Romano.

La produzione incisoria di Agostino è assai vasta e consistente numericamente, soprattutto se rapportata al breve arco di tempo in cui fu realizzata, all'incirca tra il 1514 e il 1536. Alle 139 incisioni riportate dal Bartsch sono da aggiungere le nuove 4 citate dal Passavant e le 8 riportate dallo Heinecken: si tratta di bulini tutti firmati o contrassegnati dal monogramma, a volte costituito da lettere normali, a volte da caratteri gotici; a queste opere sono da aggiungere anche un gruppo di circa 60 bulini anonimi di probabile o dubbia attribuzione.

Bellissima impressione su carta vergata coeva, con filigrana non leggibile (sembrerebbe essere un’ancora o una sirena nel cerchio) rifilata al rame, in buono stato di conservazione.

Bibliografia

Bartsch, Le Peintre graveur, 1813, XIV, p. 56, n° 51-II; Passavant, n° 19.

Agostino De MUSI detto "Agostino Veneziano" (Venezia 1490 circa - Roma dopo il 1536)

Agostino de Musi, detto Agostino Veneziano, nacque in Veneto, forse a Venezia, intorno al 1490, periodo fissato approssimativamente dagli studiosi in base alle date più antiche incise su alcune stampe: il 1516 in Gesù discende al Limbo (Le Blanc, III, n. 19), il 1514 in L'astrologo [Bartsch, XIV, n. 411) e L'Ultima Cena (B., n. 25). Scarsissime, frammentarie e imprecise sono le notizie pervenuteci sul De Musi; oggi gli unici dati per ricostruire, anche se per sommi capi, una biografia del De Musi sono quelli che si ricavano dalle sue incisioni, che generalmente contrassegnò le sue stampe con il monogramma "A. V." (Agostino Veneziano), inerente al nome e al luogo di nascita, il Veneto. Fino al 1515 il De Musi rimase nel Veneto, forse a Venezia, dove ricevette la sua prima formazione artistica, prendendo come modello G. Campagnola e A. Dürer. Nel 1515 si trasferì a Firenze, secondo quanto è documentato da quattro incisioni recanti questa data e derivate da soggetti di Baccio Bandinelli (Diogene, B. 197, L'uomo seduto presso un libro, B. 454, Apollo e Dafne, B. 317, Cleopatra, B. 193). Breve deve essere stato il soggiorno fiorentino, forse solo una tappa di un viaggio intrapreso verso Roma, dove entrò in rapporto con Marcantonio Raimondi, divenendone, insieme a Marco Dente, uno dei principali alfieri e poi collaboratori nella "ditta" Raimondi, la prima vera e propria impresa artistico-commerciale impegnata nella riproduzione di soggetti raffaelleschi. Ad un periodo, fino al 1520, di intensa attività della bottega di Marcantonio seguirono probabilmente anni più difficili dovuti alla morte di Raffaello nel 1520 e all'imprigionamento dello stesso Raimondi intorno al 1523-24 per aver inciso alcuni soggetti lascivi. Le incisioni rivelano solo un certo rallentamento della produzione e talvolta uno scadimento qualitativo. Il sacco di Roma del 1527 spinse il De Musi a lasciare la città, verso Mantova, attratto da Giulio Romano. In seguito, probabilmente, il De Musi fece ritorno a Roma, ove sembra si svolse la sua ultima attività, ma difficile è stabilire con esattezza l'anno di questo spostamento. L'ultima data che compare sulle sue opere è il 1536, e tra il 1536 e il 1540 viene generalmente fissata la sua morte. La produzione incisoria del De Musi è assai vasta e consistente numericamente, soprattutto se rapportata al breve arco di tempo in cui fu realizzata, all'incirca tra il 1514 e il 1536. Alle 139 incisioni riportate dal Bartsch sono da aggiungere le nuove 4 citate dal Passavant e le 8 riportate dallo Heinecken: si tratta di bulini tutti firmati o contrassegnati dal monogramma, a volte costituito da lettere normali, a volte da caratteri gotici; a queste opere sono da aggiungere anche un gruppo di circa 60 bulini anonimi di probabile o dubbia attribuzione e 52 tavole e il frontespizio del volume Inlustrium virorum ut extant in Urbe..., Roma 1569.

Agostino De MUSI detto "Agostino Veneziano" (Venezia 1490 circa - Roma dopo il 1536)

Agostino de Musi, detto Agostino Veneziano, nacque in Veneto, forse a Venezia, intorno al 1490, periodo fissato approssimativamente dagli studiosi in base alle date più antiche incise su alcune stampe: il 1516 in Gesù discende al Limbo (Le Blanc, III, n. 19), il 1514 in L'astrologo [Bartsch, XIV, n. 411) e L'Ultima Cena (B., n. 25). Scarsissime, frammentarie e imprecise sono le notizie pervenuteci sul De Musi; oggi gli unici dati per ricostruire, anche se per sommi capi, una biografia del De Musi sono quelli che si ricavano dalle sue incisioni, che generalmente contrassegnò le sue stampe con il monogramma "A. V." (Agostino Veneziano), inerente al nome e al luogo di nascita, il Veneto. Fino al 1515 il De Musi rimase nel Veneto, forse a Venezia, dove ricevette la sua prima formazione artistica, prendendo come modello G. Campagnola e A. Dürer. Nel 1515 si trasferì a Firenze, secondo quanto è documentato da quattro incisioni recanti questa data e derivate da soggetti di Baccio Bandinelli (Diogene, B. 197, L'uomo seduto presso un libro, B. 454, Apollo e Dafne, B. 317, Cleopatra, B. 193). Breve deve essere stato il soggiorno fiorentino, forse solo una tappa di un viaggio intrapreso verso Roma, dove entrò in rapporto con Marcantonio Raimondi, divenendone, insieme a Marco Dente, uno dei principali alfieri e poi collaboratori nella "ditta" Raimondi, la prima vera e propria impresa artistico-commerciale impegnata nella riproduzione di soggetti raffaelleschi. Ad un periodo, fino al 1520, di intensa attività della bottega di Marcantonio seguirono probabilmente anni più difficili dovuti alla morte di Raffaello nel 1520 e all'imprigionamento dello stesso Raimondi intorno al 1523-24 per aver inciso alcuni soggetti lascivi. Le incisioni rivelano solo un certo rallentamento della produzione e talvolta uno scadimento qualitativo. Il sacco di Roma del 1527 spinse il De Musi a lasciare la città, verso Mantova, attratto da Giulio Romano. In seguito, probabilmente, il De Musi fece ritorno a Roma, ove sembra si svolse la sua ultima attività, ma difficile è stabilire con esattezza l'anno di questo spostamento. L'ultima data che compare sulle sue opere è il 1536, e tra il 1536 e il 1540 viene generalmente fissata la sua morte. La produzione incisoria del De Musi è assai vasta e consistente numericamente, soprattutto se rapportata al breve arco di tempo in cui fu realizzata, all'incirca tra il 1514 e il 1536. Alle 139 incisioni riportate dal Bartsch sono da aggiungere le nuove 4 citate dal Passavant e le 8 riportate dallo Heinecken: si tratta di bulini tutti firmati o contrassegnati dal monogramma, a volte costituito da lettere normali, a volte da caratteri gotici; a queste opere sono da aggiungere anche un gruppo di circa 60 bulini anonimi di probabile o dubbia attribuzione e 52 tavole e il frontespizio del volume Inlustrium virorum ut extant in Urbe..., Roma 1569.