Galatea
Riferimento: | S36066 |
Autore | Marcantonio RAIMONDI |
Anno: | 1515 ca. |
Misure: | 285 x 404 mm |
Riferimento: | S36066 |
Autore | Marcantonio RAIMONDI |
Anno: | 1515 ca. |
Misure: | 285 x 404 mm |
Descrizione
Bulino, circa 1515-16, siglato con la tavoletta in basso a destra. Da un soggetto di Raffaello.
Splendida prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata alla linea marginale, leggere abrasioni e piccoli restauri visibili al verso, nel complesso in buono stato di conservazione.
La Galatea di Raimondi, menzionata anche dal Vasari, è strettamente vicina al celebre affresco di Raffaello nella Villa Farnesina di Roma, che si ritiene iniziato nel 1511 e completato l’anno successivo.
L’incisione è considerata una delle più complesse e riuscite del Raimondi, e anche una delle poche opere che potrebbe essere basata direttamente su un dipinto. Probabilmente proprio questi due aspetti, hanno causato una controversia relativa non solo all'attribuzione e datazione della Galatea, ma anche alla natura della fonte utilizzata.
Se infatti Mariette, Bartsch e Delaborde celebrano l’opera come una delle migliori di Marcantonio, Kristeller ne considera erronea l’attribuzione e Davidson prova a suggerisce la partecipazione di Agostino Veneziano nell'esecuzione.
I dubbi riguardano la tecnica scomposta delle linee e l’uso irregolare del puntinato sulla superficie delle figure, che conferiscono all'incisione una delicatezza velata, lontana dalla resa scultorea delle forme che Marcantonio applica dopo il 1512, con un uso del bulino che appare più controllato e raffinato.
Il modello utilizzato da Marcantonio potrebbe essere stato o il disegno finito, preparatorio per l’affresco, oppure l’affresco stesso. Infatti, le corrispondenze tra il bulino e l’affresco sono numerose e puntuali.
Obheruber suggerisce che la Galatea derivi direttamente dall'affresco di Villa della Farnesina.
La dipendenza diretta dall'affresco potrebbe proprio spiegare le linee morbide delle figure e il tratteggio delicato dell’incisione. Marcantonio abbandona la tecnica disciplinata per ricreare la fluidità della composizione di Raffaello
Circa la datazione, un sicuro terminus post quem è il 1512, la data più precoce possibile per il completamento dell'affresco. La presenza della tavoletta, in basso a destra, suggerisce una datazione intorno 1515 o più tardi se questa è la data in cui la tavoletta comincia ad apparire nelle opere di Marcantonio. Quindi, una datazione dell’opera intorno al 1515-1516 sembra ragionevole.
Il Trionfo di Galatea sembra dunque testimoniare una fase transitoria nell'evoluzione artistica di Raimondi, in cui utilizza una tecnica che ha rapidamente abbandonato a favore di un sistema di linee più controllato.
Rarissima impressione coeva di questo capolavoro.
Bibliografia: Bartsch XIV.262.350 Adam Bartsch, Le peintre-graveur, vols. 21, Vienna 1803-21; Passavant VI.30.192 ;Johann David Passavant, Le peintre-graveur, 6 vols., Leipzig 1860-64; Delaborde 1888, no. 130 Henri Delaborde, Marc-Antoine Raimondi: Étude historique et critique suivie d'un catalogue raisonné des oeuvres du maitre, Paris 1888
Shoemaker 1981, no. 33Innis H. Shoemaker, The Engravings of Marcantonio Raimondi, exhibition catalogue, Kansas, Spencer Museum of Art 1981
Raphael Invenit, p. 150, no. VI.1 Grazia Bernini Pezzini, Stefania Massari et al., Raphael invenit: Stampe da Raffaello nelle collezioni dell'Istituto Nazionale per la Grafica, exhibition catalogue, Rome, Calcografia Nazionale 1985
Marcantonio RAIMONDI (Sant'Andrea in Argine 1480 circa - Bologna 1534)
Marcantonio Raimondi, il più grande incisore del primo Rinascimento interprete e divulgatore di Raffaello, nasce a Sant’Andrea in Argine vicino a Bologna. La prima educazione artistica del Raimondi ha luogo a Bologna nella Bottega del pittore e orafo Francesco Francia intorno al 1504. La sua prima incisione datata reca l’anno 1505; nel 1506 il Raimondi parte per Venezia ed è in quest’anno che si stacca definitivamente dalla scuola franciana ed inizia il nuovo stile dove emergono influenze mantegnesche e più ancora dureriane. Secondo il racconto del Vasari, il Raimondi entra in diverbio con il Durer, che soggiorna a Venezia, per aver contraffatto, riproducendole in rame, le 17 xilografie della Vita della Vergine. Dopo il 1507 Marcantonio si volge alla produzione di modelli fiorentini e romani. A Roma nel 1509, prima dell’incontro fondamentale con Raffaello e con la scultura romana, Marcantonio entra nella cerchia degli artisti quattrocenteschi operanti nella città tra i quali spicca Jacopo Rimanda, il pittore bolognese impegnato nella decorazione delle sale capitoline. Subito dopo, nel 1510, il Raimondi si afferma come interprete e disegnatore di Raffaello che ha conosciuto alla bottega del Baviera. La Lucrezia sigla l’inizio del rapporto con l’urbinate e inaugura il nuovo stile pittorico di Marcantonio ispirato da Luca di Leida. Tuttavia, accanto alle incisioni che riproducono i disegni dell’urbinate, il Raimondi continua a produrre stampe di propria invenzione e dall’antico, la cui influenza è determinante su tutta la grafica futura sempre tesa alla semplicità classica.(cfr.Dubois-Reymond 1978).
Verso il 1515-1516 Marcantonio dimostra un maggior interesse verso gli effetti chiaroscurali, forse suggestionato in questo dall’arrivo di Agostino Veneziano e Marco Dente alla bottega del Baviera.
Fino al 1520, anno della morte di Raffaello, il Raimondi ha vissuto nell’orbita del Sanzio continuando a incidere i suoi disegni e quelli dei principali scolari, da Giovan Francesco Penni a Giulio Romano.
La sua attività subisce il crollo con il Sacco di Roma del ’27 in cui è costretto a sborsare una grossa somma agli invasori per avere salva la vita; ridotto alla miseria si ritira a Mantova e poi a Bologna, dove muore poco meno che mendico prima del ’34.
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Marcantonio RAIMONDI (Sant'Andrea in Argine 1480 circa - Bologna 1534)
Marcantonio Raimondi, il più grande incisore del primo Rinascimento interprete e divulgatore di Raffaello, nasce a Sant’Andrea in Argine vicino a Bologna. La prima educazione artistica del Raimondi ha luogo a Bologna nella Bottega del pittore e orafo Francesco Francia intorno al 1504. La sua prima incisione datata reca l’anno 1505; nel 1506 il Raimondi parte per Venezia ed è in quest’anno che si stacca definitivamente dalla scuola franciana ed inizia il nuovo stile dove emergono influenze mantegnesche e più ancora dureriane. Secondo il racconto del Vasari, il Raimondi entra in diverbio con il Durer, che soggiorna a Venezia, per aver contraffatto, riproducendole in rame, le 17 xilografie della Vita della Vergine. Dopo il 1507 Marcantonio si volge alla produzione di modelli fiorentini e romani. A Roma nel 1509, prima dell’incontro fondamentale con Raffaello e con la scultura romana, Marcantonio entra nella cerchia degli artisti quattrocenteschi operanti nella città tra i quali spicca Jacopo Rimanda, il pittore bolognese impegnato nella decorazione delle sale capitoline. Subito dopo, nel 1510, il Raimondi si afferma come interprete e disegnatore di Raffaello che ha conosciuto alla bottega del Baviera. La Lucrezia sigla l’inizio del rapporto con l’urbinate e inaugura il nuovo stile pittorico di Marcantonio ispirato da Luca di Leida. Tuttavia, accanto alle incisioni che riproducono i disegni dell’urbinate, il Raimondi continua a produrre stampe di propria invenzione e dall’antico, la cui influenza è determinante su tutta la grafica futura sempre tesa alla semplicità classica.(cfr.Dubois-Reymond 1978).
Verso il 1515-1516 Marcantonio dimostra un maggior interesse verso gli effetti chiaroscurali, forse suggestionato in questo dall’arrivo di Agostino Veneziano e Marco Dente alla bottega del Baviera.
Fino al 1520, anno della morte di Raffaello, il Raimondi ha vissuto nell’orbita del Sanzio continuando a incidere i suoi disegni e quelli dei principali scolari, da Giovan Francesco Penni a Giulio Romano.
La sua attività subisce il crollo con il Sacco di Roma del ’27 in cui è costretto a sborsare una grossa somma agli invasori per avere salva la vita; ridotto alla miseria si ritira a Mantova e poi a Bologna, dove muore poco meno che mendico prima del ’34.
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