Il martirio di S. Lorenzo
Riferimento: | S37052 |
Autore | Marcantonio RAIMONDI |
Anno: | 1525 ca. |
Misure: | 575 x 426 mm |
Riferimento: | S37052 |
Autore | Marcantonio RAIMONDI |
Anno: | 1525 ca. |
Misure: | 575 x 426 mm |
Descrizione
Bulino, 1525 circa, sulla tavoletta in basso a sinistra “BACCIUS/BRANDIN/INVEN”, a sinistra della tavoletta la sigla dell’incisore MAF.
Esemplare nel secondo stato finale. Da un soggetto di Baccio Bandinelli.
Bella impressione, ricca di toni e di contrasti, esemplare applicato su supporto cartaceo ottocentesco, pieghe di carta e strappi restaurati, nel complesso in buono stato di conservazione.
L'incisione di Marcantonio Raimondi deriva dall'invenzione di Baccio Bandinelli che - intorno al 1525 - aveva ricevuto da papa Clemente VII l'incarico di affrescare il martirio dei Santi Cosma e Damiano e quello di San Lorenzo sulle pareti laterali della cappella del coro di San Lorenzo a Firenze.
Sebbene l’affresco non venne mai realizzato, il pontefice fu così entusiasta del disegno del Bandinelli che ne commissionò l’incisione al Raimondi, e nominò Baccio cavaliere di S. Pietro per il suo genio creativo. Il lavoro sull’incisione fu interrotto quando Marcantonio fu incarcerato per la sua suite lasciva “I Modi”. Rilasciato grazie alla mediazione di Baccio, Raimondi completò l’intaglio con il disappunto di Bandinelli, che non fu soddisfatto anche per l'errata iscrizione del suo nome BRANDIN, ma il papa non accolse queste critiche e anzi, secondo il racconto di Vasari, ritenne che “l’incisione fosse più accurata del disegno”.
La scena di Bandinelli si basa sul racconto del Massacro secondo il vangelo di Matteo 2:16-18. La composizione comprende una cinquantina di figure, molte delle quali sono spettatori vestiti che occupano la sporgenza superiore dell’edificio. La figura barbuta isolata a sinistra potrebbe essere un autoritratto di Baccio.
Al centro della composizione, il prefetto romano è seduto, con accanto due cortigiani; intorno a loro, sono in piedi altre dodici figure. Sotto, in primo piano, S. Lorenzo (circa 2225 – 258) viene bruciato vivo su una graticola per non aver voluto consegnare al prefetto i tesori della Chiesa, distribuendoli invece a i poveri, e quando il prefetto gli chiese dove fosse il tesoro, lui indicò una turba di malati, storpi ed emarginati. Intorno al Santo, varie figure che cooperano alla sua tortura, alimentando il fuoco e tenendolo fermo sulla graticola. I torturatori sono raffigurati nudi in tutta la loro muscolarità, a sottolineare il virtuosismo nella resa del corpo umano che Baccio aveva coltivato in personale rivalità con Michelangelo.
Passavant e Delaborde segnalano il disegno preparatorio a Monaco di Baviera, Staatliche Graphische Sammlungen, inv. 2215, matita rossa, mm 428 x 575, Oberhuber/ Gnann 1999, p. 358-359 n. 268, ripr. a p. 358).
Bibliografia
Bartsch, XIV.89.104; Barryte, p. 462 n. 88; Delaborde n. 85.
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Marcantonio RAIMONDI (Sant'Andrea in Argine 1480 circa - Bologna 1534)
Marcantonio Raimondi, il più grande incisore del primo Rinascimento interprete e divulgatore di Raffaello, nasce a Sant’Andrea in Argine vicino a Bologna. La prima educazione artistica del Raimondi ha luogo a Bologna nella Bottega del pittore e orafo Francesco Francia intorno al 1504. La sua prima incisione datata reca l’anno 1505; nel 1506 il Raimondi parte per Venezia ed è in quest’anno che si stacca definitivamente dalla scuola franciana ed inizia il nuovo stile dove emergono influenze mantegnesche e più ancora dureriane. Secondo il racconto del Vasari, il Raimondi entra in diverbio con il Durer, che soggiorna a Venezia, per aver contraffatto, riproducendole in rame, le 17 xilografie della Vita della Vergine. Dopo il 1507 Marcantonio si volge alla produzione di modelli fiorentini e romani. A Roma nel 1509, prima dell’incontro fondamentale con Raffaello e con la scultura romana, Marcantonio entra nella cerchia degli artisti quattrocenteschi operanti nella città tra i quali spicca Jacopo Rimanda, il pittore bolognese impegnato nella decorazione delle sale capitoline. Subito dopo, nel 1510, il Raimondi si afferma come interprete e disegnatore di Raffaello che ha conosciuto alla bottega del Baviera. La Lucrezia sigla l’inizio del rapporto con l’urbinate e inaugura il nuovo stile pittorico di Marcantonio ispirato da Luca di Leida. Tuttavia, accanto alle incisioni che riproducono i disegni dell’urbinate, il Raimondi continua a produrre stampe di propria invenzione e dall’antico, la cui influenza è determinante su tutta la grafica futura sempre tesa alla semplicità classica.(cfr.Dubois-Reymond 1978).
Verso il 1515-1516 Marcantonio dimostra un maggior interesse verso gli effetti chiaroscurali, forse suggestionato in questo dall’arrivo di Agostino Veneziano e Marco Dente alla bottega del Baviera.
Fino al 1520, anno della morte di Raffaello, il Raimondi ha vissuto nell’orbita del Sanzio continuando a incidere i suoi disegni e quelli dei principali scolari, da Giovan Francesco Penni a Giulio Romano.
La sua attività subisce il crollo con il Sacco di Roma del ’27 in cui è costretto a sborsare una grossa somma agli invasori per avere salva la vita; ridotto alla miseria si ritira a Mantova e poi a Bologna, dove muore poco meno che mendico prima del ’34.
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Bibliografia
Bartsch, XIV.89.104; Barryte, p. 462 n. 88; Delaborde n. 85.
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Marcantonio RAIMONDI (Sant'Andrea in Argine 1480 circa - Bologna 1534)
Marcantonio Raimondi, il più grande incisore del primo Rinascimento interprete e divulgatore di Raffaello, nasce a Sant’Andrea in Argine vicino a Bologna. La prima educazione artistica del Raimondi ha luogo a Bologna nella Bottega del pittore e orafo Francesco Francia intorno al 1504. La sua prima incisione datata reca l’anno 1505; nel 1506 il Raimondi parte per Venezia ed è in quest’anno che si stacca definitivamente dalla scuola franciana ed inizia il nuovo stile dove emergono influenze mantegnesche e più ancora dureriane. Secondo il racconto del Vasari, il Raimondi entra in diverbio con il Durer, che soggiorna a Venezia, per aver contraffatto, riproducendole in rame, le 17 xilografie della Vita della Vergine. Dopo il 1507 Marcantonio si volge alla produzione di modelli fiorentini e romani. A Roma nel 1509, prima dell’incontro fondamentale con Raffaello e con la scultura romana, Marcantonio entra nella cerchia degli artisti quattrocenteschi operanti nella città tra i quali spicca Jacopo Rimanda, il pittore bolognese impegnato nella decorazione delle sale capitoline. Subito dopo, nel 1510, il Raimondi si afferma come interprete e disegnatore di Raffaello che ha conosciuto alla bottega del Baviera. La Lucrezia sigla l’inizio del rapporto con l’urbinate e inaugura il nuovo stile pittorico di Marcantonio ispirato da Luca di Leida. Tuttavia, accanto alle incisioni che riproducono i disegni dell’urbinate, il Raimondi continua a produrre stampe di propria invenzione e dall’antico, la cui influenza è determinante su tutta la grafica futura sempre tesa alla semplicità classica.(cfr.Dubois-Reymond 1978).
Verso il 1515-1516 Marcantonio dimostra un maggior interesse verso gli effetti chiaroscurali, forse suggestionato in questo dall’arrivo di Agostino Veneziano e Marco Dente alla bottega del Baviera.
Fino al 1520, anno della morte di Raffaello, il Raimondi ha vissuto nell’orbita del Sanzio continuando a incidere i suoi disegni e quelli dei principali scolari, da Giovan Francesco Penni a Giulio Romano.
La sua attività subisce il crollo con il Sacco di Roma del ’27 in cui è costretto a sborsare una grossa somma agli invasori per avere salva la vita; ridotto alla miseria si ritira a Mantova e poi a Bologna, dove muore poco meno che mendico prima del ’34.
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