Platea Divi Marci Venetiis
Riferimento: | S41969 |
Autore | Francesco VALEGIO |
Anno: | 1610 ca. |
Zona: | Venezia |
Misure: | 245 x 178 mm |
Riferimento: | S41969 |
Autore | Francesco VALEGIO |
Anno: | 1610 ca. |
Zona: | Venezia |
Misure: | 245 x 178 mm |
Descrizione
Rarissima veduta di Piazza S. Marco, pubblicata da Francesco Valegio.
Bulino, circa 1610, firmato in basso a destra con l’imprint editoriale Apud Valleggium et (segue abrasione).
L’abrasione è la cancellazione del nome di Catarino Doino, socio di Valegio dai primi anni del ‘600 fino a circa il 1620. La veduta può essere ricondotta al 1610 circa; questo esemplare di secondo stato, con il nome di Doino abraso, a circa il 1620.
Francesco Valegio (Valesio o Valeggio), nato a Verona da famiglia originaria di Valeggio sul Mincio viene definito un vero e proprio “imprenditore dell’immagine”: pittore, disegnatore, incisore, stampatore, editore e, a Venezia, anche venditore di stampe (bottega in Spadaria, al Segno della Sorte), ha prodotto moltissime opere, ritratti, soggetti storici e religiosi, comprese stampe devozionali e illustrazioni per libri con soggetti altrui o incisi da lui stesso. Spesso collaborava con altri stampatori, tra questi Catarino Dorino (o Doino) con cui entro in società e con il quale pubblico una pianta della città di Venezia nel 1611, copia della pianta di Giacomo Franco del 1597.
Catarino Doino fu un modesto editore che, nella prima fase della sua attività, collabora a Venezia con il Valegio, come provano una pianta di Venezia e altre opere. È del 1606 la prima opera nota firmata insieme a Francesco Valesio: una pianta di Padova inclusa nell’opera manoscritta di Andrea Cittadella, Descrittione di Padova. Intorno agli anni ‘20 il Doino lavorava a contatto con il gruppo di editori di area veneto-trentina attivo a Brescia, di cui facevano parte anche Ruffoni, Dalla Via, Giacomo e Isabella Piccini.
Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con margini su tre lati, rifilata la rame in alto, in eccellente stato di conservazione.
Francesco VALEGIO (1570 ca. – 1643 ca.)
Francesco Valegio incisore e stampatore, attivo tra il 1570 e il 1643 ca., secondo il Gori Gambellini, sarebbe nato a Bologna nel 1560, mentre il Salsi, riprendendo lo studio dello Zari, ne convalida l’origine veronese; anche per quanto riguarda la data della sua morte, che pare sia avvenuta a Verona intorno al 1641 – 1643 circa ( U. Thieme – F. Becker). La sua attività di incisore e stampatore si svolse prevalentemente a Venezia, spesso in collaborazione con altri stampatori tra cui Catarino Dorino (o Doino) con il quale ripubblicò la Pianta di Venezia di Franco del 1574 ed una pianta di Vicenza del 1611. Inoltre va ricordata una carta del ducato di Savoia, dapprima edita da Ferrante Bertelli nel 1562, che ebbe una successiva edizione modificandone la data al 1600 e con gli execudit di Donato Rasicotti e Francesco Valegio.
Con l’esempio di questa e di altre stampe, in particolare di carte geografiche, l’Almagià sosteneva che il Valegio avesse messo in commercio un gran numero di riproduzioni e di contraffazioni di lavori di altri incisori.
L’opera cartografica più impegnativa del Valegio è la “Raccolta di le più illustri et famose città di tutto il mondo”, le tavole presenti nella corpus sono prive di data, ad eccezione di Algeri, Costantinopoli e Rodi firmate da Martino Rota di Sebenico, dove compare l’anno 1572. Le piante e le vedute che presentano la firma del Rota costituiscono il nucleo più antico della raccolta e fanno desumere che il progetto editoriale probabilmente sia stato avviato dall’incisore agli inizi degli anni’70 del XVI secolo e lascito incompiuto a seguito nel 1573 del suo trasferimento a Vienna come ritrattista di corte. La presenza di tali carte ha portato a datare l’opera al 1579. Tuttavia, una data così anticipata riferita all’intera raccolta, sembrerebbe molto improbabile, in quanto andrebbe a contrastare i dati biografici del Valegio ( in quella data avrebbe avuto poco più di 15 anni a voler seguire lo studio del Salsi) e inoltre molte delle immagini sono influenzate da modelli figurativi presenti nei primi volumi delle Civitates Orbis Terrarum, di Georg Braun e Frans Hogenberg, edita tra il 1572 ed il 1588.
Nell’intera raccolta di incisioni, precisamente 112 recano la firma o le sigle del Valegio, a cui si può senza alcuno dubbio attribuirsi la paternità dell’intera opera. L’ampliamento del numero delle immagini, da 270 a 322, il netto cambiamento della mano e delle qualità artistiche dell’incisione, le dimensioni variabili degli esemplari, portano a pensare che il volume abbia avuto una gestazione lunga e articolata. Le copie presenti a Roma, Firenze e Londra si compongono di un numero variabile di tavole tra 234 e 250 e contengono tutte e tre gli esemplari le 112 carte firmate dal Valegio. Le immagini facenti parte di queste raccolte costituiscono il più antico nucleo della Raccolta per il quale venne inciso il noto frontespizio. Negli anni che seguirono furono incise da tutt’altra mano, molto più grossolana e imprecisa, 69 piante e vedute che si distinguono dalla precedente serie per una differente impaginazione, tutte recano nella parte bassa una striscia bianca (18 mm) nella quale spesso, ma non sempre compaiono titoli e descrizioni riguardanti la città rappresentata nell’immagine. Le copie che presentano queste caratteristiche sono quelle conservate a Venezia, Firenze e Washington.
In epoca difficile da precisare, ma sicuramente da collocarsi prima dell’edizione curata dal Rasicotti, il Valegio mette in circolazione un nuovo frontespizio, recante il titolo Raccolta dile più famose Città di Italia ,indirizzata questa volta al solo mercato locale, in quante la raccolta raccoglie solo vedute di città italiane. L’ esemplare completo di tutte le immagini viene messo in commercio successivamente dallo stampatore di origine veneziana Donato Rasciotti, editore di altre piante di città alla fine del XVI secolo. In una pianta del 1599, raffigurante Brescia, si firma “in Venetia per Donato Rasciotti al ponte dei Barettari”, mentre nel Teatro delle piu illustri et famose città del mondo ha come indirizzo “A Venetia Al ponte di Bare.ri”
I rami originali di Francesco Velegio ebbero una lunga vita e li troveremo stampati, ancora nel 1713, nell’opera di Raffaello Savonarola ( noto anche come Alfonsus Lasor A Varea, 1680 -1748) Universus Terrarum Orbis.
Il Valegio rappresenta una figura molto significativa nell’orizzonte editoriale calcografico della città lagunare a cavallo tra i due secoli. Secondo il Salsi, la critica è stata fortemente orientata ad un giudizio strettamente estetico, che per lungo tempo ha trascurato “la multiforme ed eclettica attività di questa interessante figura di incisore ed editore calcografico”.
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Francesco VALEGIO (1570 ca. – 1643 ca.)
Francesco Valegio incisore e stampatore, attivo tra il 1570 e il 1643 ca., secondo il Gori Gambellini, sarebbe nato a Bologna nel 1560, mentre il Salsi, riprendendo lo studio dello Zari, ne convalida l’origine veronese; anche per quanto riguarda la data della sua morte, che pare sia avvenuta a Verona intorno al 1641 – 1643 circa ( U. Thieme – F. Becker). La sua attività di incisore e stampatore si svolse prevalentemente a Venezia, spesso in collaborazione con altri stampatori tra cui Catarino Dorino (o Doino) con il quale ripubblicò la Pianta di Venezia di Franco del 1574 ed una pianta di Vicenza del 1611. Inoltre va ricordata una carta del ducato di Savoia, dapprima edita da Ferrante Bertelli nel 1562, che ebbe una successiva edizione modificandone la data al 1600 e con gli execudit di Donato Rasicotti e Francesco Valegio.
Con l’esempio di questa e di altre stampe, in particolare di carte geografiche, l’Almagià sosteneva che il Valegio avesse messo in commercio un gran numero di riproduzioni e di contraffazioni di lavori di altri incisori.
L’opera cartografica più impegnativa del Valegio è la “Raccolta di le più illustri et famose città di tutto il mondo”, le tavole presenti nella corpus sono prive di data, ad eccezione di Algeri, Costantinopoli e Rodi firmate da Martino Rota di Sebenico, dove compare l’anno 1572. Le piante e le vedute che presentano la firma del Rota costituiscono il nucleo più antico della raccolta e fanno desumere che il progetto editoriale probabilmente sia stato avviato dall’incisore agli inizi degli anni’70 del XVI secolo e lascito incompiuto a seguito nel 1573 del suo trasferimento a Vienna come ritrattista di corte. La presenza di tali carte ha portato a datare l’opera al 1579. Tuttavia, una data così anticipata riferita all’intera raccolta, sembrerebbe molto improbabile, in quanto andrebbe a contrastare i dati biografici del Valegio ( in quella data avrebbe avuto poco più di 15 anni a voler seguire lo studio del Salsi) e inoltre molte delle immagini sono influenzate da modelli figurativi presenti nei primi volumi delle Civitates Orbis Terrarum, di Georg Braun e Frans Hogenberg, edita tra il 1572 ed il 1588.
Nell’intera raccolta di incisioni, precisamente 112 recano la firma o le sigle del Valegio, a cui si può senza alcuno dubbio attribuirsi la paternità dell’intera opera. L’ampliamento del numero delle immagini, da 270 a 322, il netto cambiamento della mano e delle qualità artistiche dell’incisione, le dimensioni variabili degli esemplari, portano a pensare che il volume abbia avuto una gestazione lunga e articolata. Le copie presenti a Roma, Firenze e Londra si compongono di un numero variabile di tavole tra 234 e 250 e contengono tutte e tre gli esemplari le 112 carte firmate dal Valegio. Le immagini facenti parte di queste raccolte costituiscono il più antico nucleo della Raccolta per il quale venne inciso il noto frontespizio. Negli anni che seguirono furono incise da tutt’altra mano, molto più grossolana e imprecisa, 69 piante e vedute che si distinguono dalla precedente serie per una differente impaginazione, tutte recano nella parte bassa una striscia bianca (18 mm) nella quale spesso, ma non sempre compaiono titoli e descrizioni riguardanti la città rappresentata nell’immagine. Le copie che presentano queste caratteristiche sono quelle conservate a Venezia, Firenze e Washington.
In epoca difficile da precisare, ma sicuramente da collocarsi prima dell’edizione curata dal Rasicotti, il Valegio mette in circolazione un nuovo frontespizio, recante il titolo Raccolta dile più famose Città di Italia ,indirizzata questa volta al solo mercato locale, in quante la raccolta raccoglie solo vedute di città italiane. L’ esemplare completo di tutte le immagini viene messo in commercio successivamente dallo stampatore di origine veneziana Donato Rasciotti, editore di altre piante di città alla fine del XVI secolo. In una pianta del 1599, raffigurante Brescia, si firma “in Venetia per Donato Rasciotti al ponte dei Barettari”, mentre nel Teatro delle piu illustri et famose città del mondo ha come indirizzo “A Venetia Al ponte di Bare.ri”
I rami originali di Francesco Velegio ebbero una lunga vita e li troveremo stampati, ancora nel 1713, nell’opera di Raffaello Savonarola ( noto anche come Alfonsus Lasor A Varea, 1680 -1748) Universus Terrarum Orbis.
Il Valegio rappresenta una figura molto significativa nell’orizzonte editoriale calcografico della città lagunare a cavallo tra i due secoli. Secondo il Salsi, la critica è stata fortemente orientata ad un giudizio strettamente estetico, che per lungo tempo ha trascurato “la multiforme ed eclettica attività di questa interessante figura di incisore ed editore calcografico”.
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