Cairus quae olim Babylon, Aegypti Maxima Urbs
Riferimento: | S39450 |
Autore | Georg BRAUN & Franz HOGENBERG |
Anno: | 1572 ca. |
Zona: | Il Cairo |
Luogo di Stampa: | Anversa e Colonia |
Misure: | 490 x 330 mm |
Riferimento: | S39450 |
Autore | Georg BRAUN & Franz HOGENBERG |
Anno: | 1572 ca. |
Zona: | Il Cairo |
Luogo di Stampa: | Anversa e Colonia |
Misure: | 490 x 330 mm |
Descrizione
Una veduta a volo d'uccello ricca di dettagli affascinanti. Le piramidi e la Sfinge di Giza sono visibili sulla destra, mentre il fiume Nilo scorre in primo piano nella città raffigurata da ovest. L'isola di Gezira, già ben sviluppata nella pianta e che ora occupa il centro della città moderna, si vede a destra vicino alle piramidi. La tabella in basso a destra identifica le figure a sinistra e altri elementi di spicco della pianta.
Deriva dalla celebre pianta murale di Giovanni Domenico Zorzi e Matteo Pagano, stampata a Venezia nel 1549: “Nel 1549 Matteo Pagano, in collaborazione con il pittore e cartografo Giovanni Domenico Zorzi, produce questa grande mappa del Cairo, composta da ventuno blocchi silografici. La prospettiva adottata, obliqua dall’alto, detta “a volo d’uccello”, segue la tradizione rinascimentale della rappresentazione delle città. Il formato è orizzontale, con la città vista dalla riva occidentale del Nilo. Sono indicati in maniera chiara sia aree individuali che monumenti della città, come il distretto di Azbakiya, la porta di Bab Zuwayla, l’acquedotto e le vie principali, il Vecchio Cairo, sviluppato intorno alla fortezza di Babilonia, la torre di Giza, le celebri Piramidi e la Sfinge in sembianze femminili. All’interno del denso agglomerato urbano si distinguono alcuni edifici, come la MADRASA del sultano Hasan, la casa dove – secondo la tradizione biblica – si rifugiò la Vergine durante il passaggio in Egitto, così come gli accessi principali. La disposizione delle mura settentrionali e orientali della città e della Cittadella è indicativa ma topograficamente accurata. La carta dello Zorzi comunque va al di là della mera rappresentazione spaziale della città. Le vignette storiche che mostrano l’ingresso dell’esercito ottomano di Selim alle porte del Cairo nel 1517 danno all’opera una specifica collocazione temporale. Decorano la mappa numerose scene di vita quotidiana, dalla raccolta dei datteri, al trasporto dell’acqua, agli esercizi della cavalleria, alle scene di costume, ed anche la fauna locale: cammelli, coccodrilli, asini. L’opera è integrata da testo disposto in forma di didascalie, come nella veduta della città pubblicata nella Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach (1486), ma con un intento descrittivo più ampio. Si ritiene che queste didascalie derivino dall’opera Descriptio Alcahirae Urbis Quae Mizir Et Mazar Dicitur, attribuita al cosmografo e umanista francese Guillaume Postel, ed edita da Matteo Pagano nel 1549. In assenza di una data sulla lastra, questo pamphlet rappresenta l’unico criterio di datazione dell’opera, che risalirebbe quindi alla metà del secolo XVI. La rappresentazione, invece, si riferisce alla situazione del Cairo alla fine del ’400, infatti sono riportate costruzioni che risalgono all’epoca del sultano Qaybay, quando le relazioni tra l’Egitto e Venezia erano molto forti. Non si conoscono le fonti utilizzate da Pagano per la realizzazione di questa grande veduta. Sono state formulate diverse ipotesi: che potesse esistere un originale, perduto, risalente alla fine del XV secolo, successivamente integrato con le didascalie relative alla conquista di Selim (1517); oppure che la veduta di Pagano sia una copia – con varianti– di quella dipinta, oggi perduta, che era stata realizzata per Francesco II Gonzaga per il palazzo a Gonzaga o per Palazzo San Sebastiano a Mantova (1506-1512). Proprio l’evidenza documentaria relativa all’esistenza di questa veduta murale, suggerisce che all’epoca potesse circolare una versione a stampa che probabilmente ha ispirato questa pubblicazione di Pagano. La questione rimane evidentemente aperta. Per ogni approfondimento, si rimanda alla monumentale monografia di Nicholas Warner, The true description of Cairo (2006). Ciò che contraddistingue la rappresentazione di Pagano del Cairo è l’agglomerato urbano denso di costruzioni, che includono moschee, tombe, palazzi, e la relativa cura della rappresentazione topografica. Per la prima volta veniva offerta un’immagine di una città orientale che ben rappresentava la sua grandezza e la sua complessità, ma anche la sua importanza socio-economica-politica per cui era in grado di competere con i centri storici d’Europa. Sebbene l’opera sopravviva solo attraverso tre esemplari, ha avuto un’influenza enorme: attraverso derivazioni, tutte di formato più piccolo, rimase in circolazione per i successivi due secoli come immagine incontrastata di quella che era la più grande città del Medio Oriente e del nord Africa. Bisognerà attendere il XVIII secolo per vedere un’immagine del Cairo diversa e più realistica che immaginaria” (cfr. S. Bifolco – F. Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, p. 491).
L’opera è inserita nel Civitates Orbis Terrarum, il primo atlante devoto esclusivamente alle piante e vedute delle principali città del mondo. Il primo volume delle Civitates Orbis Terrarum fu pubblicato a Colonia nel 1572. Il sesto e ultimo volume apparve nel 1617. Questo grande atlante di città – cartografia urbana - curato da Georg Braun e inciso in gran parte da Franz Hogenberg, conteneva 546 prospettive, vedute a volo d'uccello e vedute cartografiche di città di tutto il mondo. Franz Hogenberg realizzò le tavole dei primi quattro volumi e Simon van den Neuwel (Novellanus, attivo dal 1580) quelle dei volumi V e VI.
Georg Braun (1541-1622), un ecclesiastico di Colonia, fu il principale redattore dell'opera e fu molto aiutato nel suo progetto dalla vicinanza e dal continuo interesse di Abraham Ortelius, il cui Theatrum Orbis Terrarum del 1570 fu, come raccolta sistematica e completa di mappe di stile uniforme, il primo vero atlante. Le Civitates, in effetti, erano destinate ad accompagnare il Theatrum, come indicato dalla somiglianza dei titoli e dai riferimenti contemporanei sulla natura complementare delle due opere. Tuttavia, le Civitates erano progettate per avere un approccio più popolare, senza dubbio perché la novità di una raccolta di piante e vedute di città rappresentava un'impresa commerciale più rischiosa di un atlante mondiale, per il quale c'erano stati diversi precedenti di successo. Franz Hogenberg (1535-1590) era figlio di un incisore di Monaco che si era stabilito a Malines. Incise la maggior parte delle tavole del Theatrum di Ortelius e la maggior parte di quelle delle Civitates, e potrebbe essere anche indicato come il responsabile dell'origine del progetto.
Oltre un centinaio di artisti e cartografi diversi, il più importante dei quali fu l'artista di Anversa Georg Hoefnagel (1542-1600), fornirono i disegni per le tavole delle Civitates. Hoefnagel non solo contribuì alla maggior parte del materiale originale per le città spagnole e italiane, ma rielaborò e modificò anche quello di altri collaboratori. Dopo la morte di Hoefnagel, il figlio Jakob continuò il lavoro per le Civitates.
Gli autori della raccolta si proponevano di raffigurare "non icones et typi urbium", cioè non immagini generiche e tipizzate, "sed urbes ipsae admirabili caelaturae artificio, spectantium oculis subiectae appareant": non intendeva alludere o idealizzare, ma rappresentare fedelmente sulla carta, riprodurre esattamente, e in tempo reale, ciò che l'occhio vede, come annunciato nella prefazione al primo volume delle Civitates Orbis Terrarum.
Incisione in rame, finemente colorata a mano, in ottimo stato di conservazione.
George Braun (1541-1622), chierico di Colonia, fu il principale curatore dell’opera in VI volumi "Civitates Orbis Terrarum" che contiene oltre 500 prospettive, viste a volo d'uccello e mappe di città di tutto. L’ultimo volume fu pubblicato nel 1617, 5 anni prima della morte di Braun. L’ opera è stata ispirata dalla Cosmographia di Sebastian Münster, mentre nell’impaginazione si rifà al Theatrum orbis terrarum di Abraham Ortelius. Frans Hogenberg (Monaco di Baviera 1535-1590) realizzò le tavole per i volumi dal I al IV, e Simon van den Neuwel quelli per i volumi V e VI. Collaborarono, inoltre, Georg Hoefnagel, Daniel Freese, e Heinrich Rantzau. Dopo il 1618 le lastre divennero di proprietà di Abraham Hogenberg, che s’incaricò delle successive riedizioni. Alla sua morte, le lastre vennero acquistate da Jan Jansson il quale pubblicò un’edizione ampliata in otto volumi, riedita a sua volta negli anni successivi.
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George Braun (1541-1622), chierico di Colonia, fu il principale curatore dell’opera in VI volumi "Civitates Orbis Terrarum" che contiene oltre 500 prospettive, viste a volo d'uccello e mappe di città di tutto. L’ultimo volume fu pubblicato nel 1617, 5 anni prima della morte di Braun. L’ opera è stata ispirata dalla Cosmographia di Sebastian Münster, mentre nell’impaginazione si rifà al Theatrum orbis terrarum di Abraham Ortelius. Frans Hogenberg (Monaco di Baviera 1535-1590) realizzò le tavole per i volumi dal I al IV, e Simon van den Neuwel quelli per i volumi V e VI. Collaborarono, inoltre, Georg Hoefnagel, Daniel Freese, e Heinrich Rantzau. Dopo il 1618 le lastre divennero di proprietà di Abraham Hogenberg, che s’incaricò delle successive riedizioni. Alla sua morte, le lastre vennero acquistate da Jan Jansson il quale pubblicò un’edizione ampliata in otto volumi, riedita a sua volta negli anni successivi.
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