Le Paludi delineate da Cornelio Meyer et Novamente intagliate da Gio. Bat. Falda
Riferimento: | CO-475 |
Autore | Cornelis Janszoon Meijer |
Anno: | 1683 |
Zona: | Paludi Pontine |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 500 x 260 mm |
Riferimento: | CO-475 |
Autore | Cornelis Janszoon Meijer |
Anno: | 1683 |
Zona: | Paludi Pontine |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 500 x 260 mm |
Descrizione
Celebre carta delle Paludi Pontine di Cornelis Meyer, incisa da Giovan Battista Falda nel 1678 e presentata a Papa Innocenzo X il 20 gennaio 1679.
Per l’esemplare di presentazione vedere:
Questa è la, più comune, versione definitiva della carta, inserita nell’Arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, del Meyer, stampato a Roma nel 1683. La carta contiene gli aggiornamenti su tre canali, assenti nella stampa di presentazione. Si tratta del canale che unisce il fiume Albano al Lanuvio e questi, attraverso un ulteriore canale passante nella Tenuta Caetani, al Fiume Sisto. Inoltre, del canale che devia il Fiume Ninfa a sud di Nettuno.
Nel 1677, per ordine di papa Innocenzo XI, Meyer e l'abate Innocenzo Boschi perlustrarono le paludi pontine. Boschi era stato incaricato dalla Camera apostolica, Meyer voleva visionare le paludi in vista della bonifica che si era offerto di fare.
“I tentativi di bonifica del Seicento si chiudono con la richiesta di Cornelio Meyer a Papa Innocenzo XI (1676-1689) di visitare le paludi per programmare un intervento di prosciugamento. Due anni dopo la visita, nel 1678, l’olandese pubblicò una carta incisa in rame rappresentante i lavori idraulici progettati e in parte realizzati durante il pontificato di Innocenzo XI. Meyer e l’abate Innocenzo Boschi, incaricato dalla Camera Apostolica di perlustrare la palude, erano concordi nel riprendere le bonifiche di Sisto V, individuando nella zona dell’Eufente-Portatore un labirinto di acque nel quale era necessario intervenire.
Cornelius Meyer (1640-1700). Architetto, ingegnere, astronomo fu personalità di spicco nell'Europa del suo tempo e lavorò a numerosi progetti idrici, fra cui la sistemazione del corso del Tevere. Poligrafo dai multiformi e differenti interessi scrisse sui più disparati soggetti: accanto a dissertazioni ed ingegnose soluzioni ingegneristiche si trovano saggi sulle eclissi, ed immagini del drago le cui ossa l'Autore aveva recuperato nelle paludi pontine ed esposto a casa. Meyer, conosciuto già alla curia romana per aver ottenuto un incarico per un progetto sulla navigabilità del Tevere pubblicò i suoi studi nell’opera L’arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, in Roma nella Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1683, con un capitolo intitolato Del modo di seccare le Paludi Pontine.
I problemi riscontrati erano gli stessi che si riproposero nelle bonifiche successive, ossia: la mancanza di opere di manutenzione che servissero a non rendere vani gli sforzi precedenti; l’inadeguatezza degli argini, in alcuni casi completamente divelti; la presenza massiccia e invasiva delle peschiere che con “passonate” e acconci ostruivano le acque, alteravano il corso dei fiumi e innalzavano il letto favorendo le esondazioni nelle pianure circostanti. A piena ragione, Boschi accusava la Congregazione delle paludi nella gestione diretta delle peschiere venendo meno a quell’azione di controllo per la quale l’organo era stato istituito. Tra i primi interventi quindi si proponeva proprio lo smantellamento delle costruzioni per la pesca, operazione primaria anche durante le bonifiche di Pio VI. Meyer individuò anche nella mancanza della pendenza una delle cause al ristagno delle acque che non riuscivano a trovare uno sbocco al mare per l’eccessiva lentezza del loro scorrimento; problema che sarebbe stato superato allargando e scavando alvei più profondi per aumentare la portata e la velocità.
Nonostante i pareri tecnici prospettassero una positiva riuscita della bonifica, le trattative furono lente perché la Congregazione chiese il parere delle comunità pontine. Sezze, che aveva una vocazione più agricola rispetto alle altre, accolse positivamente la proposta di Meyer, perché le tenute da cui la comunità ricavava la maggior parte delle sue entrate erano costantemente minacciate dagli allagamenti. I setini si raccomandarono che nel circondario non rientrassero però i beni comuni costituiti da tenute, selve e pascoli. Contrari erano i privati che in quei terreni paludosi avevano gli allevamenti, ma soprattutto Terracina e in particolare il vescovo della città che beneficiava degli affitti delle peschiere di Soace, Stronzola, Canzo e Mortola. I terracinesi si lamentavano perché sostenevano che le bonifiche passate avevano rappresentato il pretesto per sottrarre alla comunità le sue terre, accrescendo per giunta il disordine idrico.
Nel 1699 i terreni paludosi passarono a Meyer che nominò il Duca Odescalchi di Bracciano come finanziatore dell’opera. Nel 1701, Massimo de Marchis commissario deputato per delineare il circondario di bonifica, visitò le paludi delimitando un’area molto simile a quella indicata a fine Cinquecento da Ascanio Fenizi. Le proteste di Terracina non si fecero attendere e riguardavano principalmente l’inclusione nel circondario della Selva, di inestimabile valore per la comunità. Odescalchi rispose che non si trattava di una selva bensì di un vero e proprio pantano che, una volta bonificato e messo a coltura, avrebbe reso in futuro molto di più. A Cornelis Meyer succedette il figlio Ottone che iniziò i lavori di spurgo del Ninfa e la costruzione di argini presso Acquapuzza. Le pressioni e le molestie delle comunità nei confronti di Meyer e di Odesclachi si fecero sempre più forti e causarono un rallentamento dei lavori. I bonificatori vennero accusati di commettere abusi sui beni comuni e di non versare gli indennizzi dovuti ai proprietari dei terreni espropriati. A nulla servì l’intervento di Clemente XI (1700-1721) che inviò alcuni cardinali (tra cui Spada nel 1704) per dirimere le controversie. Odescalchi si ritirò dall’impresa, che finora gli era costata 30.000 scudi, lasciando che gli venisse revocata la concessione di durata quarantennale”.
Magnifico esemplare, con ampi margini.
Bibliografia
P. A. Frutaz, Le carte del Lazio, XXXI; Diego Gallinelli, Trasformazioni dell’uso e della copertura del suolo, dinamiche territoriali e ricostruzioni Gis nei possedimenti pontini della famiglia Caetani, Tesi di laurea, Università Roma Tre, Anno Accademico, 2019-2020, pp. 123-125.
Cornelis Janszoon Meijer (Amsterdam, 14 gennaio 1629 – Roma, 23 agosto 1701)
Cornelio Meyer (Cornelis Janszoon Meijer 1640-1700). Architetto, ingegnere, astronomo fu personalità di spicco nell'Europa del suo tempo e lavorò a numerosi progetti idrici, fra cui la sistemazione del corso del Tevere. Poligrafo dai multiformi e differenti interessi scrisse sui più disparati soggetti: accanto a dissertazioni ed ingegnose soluzioni ingegneristiche si trovano saggi sulle eclissi, ed immagini del drago le cui ossa l'Autore aveva recuperato nelle paludi pontine ed esposto a casa. Meyer, conosciuto già alla curia romana per aver ottenuto un incarico per un progetto sulla navigabilità del Tevere pubblicò i suoi studi nell’opera L’arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, in Roma nella Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1683, con un capitolo intitolato Del modo di seccare le Paludi Pontine.
|
Cornelis Janszoon Meijer (Amsterdam, 14 gennaio 1629 – Roma, 23 agosto 1701)
Cornelio Meyer (Cornelis Janszoon Meijer 1640-1700). Architetto, ingegnere, astronomo fu personalità di spicco nell'Europa del suo tempo e lavorò a numerosi progetti idrici, fra cui la sistemazione del corso del Tevere. Poligrafo dai multiformi e differenti interessi scrisse sui più disparati soggetti: accanto a dissertazioni ed ingegnose soluzioni ingegneristiche si trovano saggi sulle eclissi, ed immagini del drago le cui ossa l'Autore aveva recuperato nelle paludi pontine ed esposto a casa. Meyer, conosciuto già alla curia romana per aver ottenuto un incarico per un progetto sulla navigabilità del Tevere pubblicò i suoi studi nell’opera L’arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, in Roma nella Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1683, con un capitolo intitolato Del modo di seccare le Paludi Pontine.
|