Cristo coronato da spine

Riferimento: S46696
Autore Albrecht DURER
Anno: 1511
Misure: 220 x 215 mm
Non Disponibile

Riferimento: S46696
Autore Albrecht DURER
Anno: 1511
Misure: 220 x 215 mm
Non Disponibile

Descrizione

Cristo ferito seduto, come uomo dei dolori su una panca di pietra, a terra gli strumenti della Passione; un uomo inginocchiato davanti a Cristo che gli offre un ramo d'albero.

Xilografia, 1511 circa, senza monogramma. Esemplare di secondo stato, con le linee dell’aureola di Cristo che sono più basse al centro; nella parte destra della tavola, l’intreccio di linee e l’estremità delle nuvole sono sulla stessa direttrice. Del primo stato è conosciuto solo l’esemplare conservato all’ Ashmolean Museum, University of Oxford.

Magnifica impressione, ricca di toni, della terza variante di sei secondo Meder, stampata su carta vergata coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione.

Panofsky (1943, vol. 1, pp. 138-39; vol. 2, n. 224) per primo, esaminando un’impressione nella Alverthorpe Gallery [ora alla National Gallery of Art, Washington] afferma che Durer realizzò questa xilografia con un intaglio nello stesso blocco, assieme al frontespizio de "La Vita della Vergine". Panofsky sbaglia nel ritenere che questo possa costituire un terzo stato della matrice, perché la prova di stampa di Oxford (primo stato per Meder) non è stampata insieme al frontespizio de "La Vita della Vergine". L'impressione combinata si trova, invece, al British Museum di Londra.

https://www.britishmuseum.org/collection/object/P_1895-0122-620

Tuttavia, Panofsky sembra avere ragione nell'ipotizzare che i due frontespizi siano stati tagliati nello stesso blocco, come dimostrano i resti di altra opera visibili sulla sinistra nel foglio di Washington.

https://www.nga.gov/collection/art-object-page.4073.html#inscription

Questa è la prima stampa di una serie stampata da Hieronymus Höltzel, Norimberga, nel 1511. Si compone di un frontespizio e di 11 xilografie:

'Dürer made seven of the twelve woodcuts of his Large Passion series between 1497 and 1500, and then produced four additional woodcuts, the 'Last Supper', the 'Arrest of Christ', the 'Descent into Limbo' and the 'Resurrection' much later in 1510. In the following year, he published the series in book form with Latin verses composed by Benedict Schwalbe and a title-page design, 'Christ as the Man of Sorrows', at the same time as a second edition of the Apocalypse and the first edition of his Life of the Virgin series. There are a number of references to these three works, "die grossen Bücher" in Dürer 's diary of his journey to the Netherlands in 1520-21 which indicate that he often, but not always disposed of them together. On one occasion, he exchanged the three for a publication by Martin Luther.

This complete book is open at the title-page for the Large Passion. Dürer sold impressions of these prints separately for many years before the book edition and eleven such early impressions, which are distinguished by having no text on the versos, following the sequence in which they appear in the book. The difference in Dürer's style and technical achievement between the early prints of the series and those made some ten years later, clearly illustrates the level of his accomplishment. This distinction was even commented on by Giorgio Vasari, who interestingly assumed that the earlier woodcuts, which he considered deeply inferior despite possessing Dürer's monogram, were executed after Dürer's death "for the sake of gain, by other people who were unscrupulous enough to assign them to Albrecht" (see Vasari, V, p.5). (cf. G. Batrum, Albrecht Dürer and his Legacy, BM exh.cat., 2002, no.118a).

As in "The Small Passion" Dürer chose Christ, as Man of Sorrows, for the frontispiece of "The Large Passion" when he issued it in book form in 1511. A Latin text compiled by Benedictus Chelidonius accompanied the illustrations which had been prepared intermittently during the preceding decade.

Much like the builders of the great cathedrals of Christendom, who made periodic additions to their edifices, Dürer was seemingly not perturbed by the inconsistency of style in the leaves of "The Large Passion". However, the frontispiece he chose functions as a unifying factor that emphasizes the spirit in which they were conceived. For the scene pictured is not an occurrence of Christ's Passion, not a "Mocking of Christ" as it would seem at first glance. The fringe of clouds places it in the realm of imagination, and the Saviour's wounds denote that Christ is here pictured after the crucifixion. Thus it is, in fact, a reference to the then widely held belief in the "Perpetual Passion" of Christ, who continues to suffer for man's new sins. Chelidonius's verses beneath the woodcut make this abundantly clear:

"O Man, these cruel wounds I bear for thee to cure thy mortal illness with my blood, and see, thy sores, thy death I take on me A God transformed to man for thee. But still thy sins ungratefully stab me without heed thou maketh me suffer for each guilty deed. From hostile Jews I learned to suffer once, shall it not cease? Let suffering end, once is enough, now friend have peace"!

And this explains why in the woodcut Christ, crowned with thorns, as he sits on the cold stone, the scourge on the ground next to him, looks at the beholder, pleading for an end to sin. The armed man has been deemed to represent the soldier who had sneeringly offered Christ a branch for a scepter-cut from the tree that had grown from the sapling that Seth had taken from the Tree of Life and placed on Adam's grave. According to legend, the Cross had been made from its wood. This renewed offering of a greening branch would therefore make reference to "The Perpetual Passion."

In our view, the figure on the left may, however, represent not a soldier, but man, whose gesture implies a plea to the Saviour to accept this rod, cut from live wood, to use for keeping man within bounds. But Christ cannot accept it, as his hands are symbolically joined, for his rod is love. In contrast to "The Small Passion" for which Chelidonius composed the verses, he compiled the text for "The Large Passion" from several sources: Jerome of Padua's, Carmen de Jesu, Domenico Mancino's Passio domini nostri Jesu Christi, portions from the writings of Baptista Mantuanus for which Sebastian Brandt had written a commentary, and Vaelius Sedulius Paschale carmen. (cf. W. L. Strauss The Woodcuts and Woodblocks of Albrecht Durer, p. 453).

Bibliografia

Meder 1932 / Dürer Katalog (n. 113, II, c/f); Bartsch / Le Peintre graveur (VII.117.4); Schoch 2001-04 / Albrecht Dürer, das druckgraphische Werk. 3 vols I Intaglio, II Woodcuts, III Book illustrations (II.154); Strauss, The Woodcuts and Woodblocks of Albrecht Durer, pp. 453-455, n. 157.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.