Fiorenza
Riferimento: | S41920 |
Autore | Henrick van SCHOEL |
Anno: | 1614 ca. |
Zona: | Firenze |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 430 x 310 mm |
Riferimento: | S41920 |
Autore | Henrick van SCHOEL |
Anno: | 1614 ca. |
Zona: | Firenze |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 430 x 310 mm |
Descrizione
Veduta di Firenze Monte Oliveto basata sul modello introdotto da Francesco Rosselli verso la fine del XV secolo., la cosiddetta Veduta della Catena. In alto al centro, in un cartiglio a forma di nastro, troviamo il titolo: FIORENZA. In alto a sinistra è rappresentato lo stemma della famiglia Medici, a destra quello della città. Lungo il margine inferiore una legenda numerica di 60 rimandi a luoghi e monumenti notabili, distribuita su sei colonne. Segue l’imprint editoriale Claudij duchetti formis. Opera priva di orientazione e scala grafica.
Veduta prospettica della città, prima derivazione romana del modello di Francesco Rosselli, pubblicata per la prima volta da Claudio Duchetti nel 1580 circa. È più probabile che il Duchetti replichi la veduta attribuita a Paolo Forlani (1567), ingrandendola e ripetendone gli errori e le deformazioni nei monumenti. Al centro, un cartiglio a nastro con il titolo; nell’angolo a sinistra, uno scudo con lo stemma mediceo, a destra, uno scudo col giglio fiorentino.
Esemplare nel terzo stato di quattro, con l’imprint in basso Henricus van Schoel formis romae 1602.
“La lastra fu ereditata da Giacomo Gherardi ed è inserita nel catalogo curato per conto della vedova Quintilia Lucidi, del 17-19 ottobre 1598 (n. 349 descritta come “Fiorenza in uno foglio reale”). Venne quindi acquisita, nel 1602, da Giovanni Orlandi che la ristampò inalterata con la sola aggiunta del proprio imprint. Nel 1614, con il trasferimento di Orlandi a Napoli, la matrice fu ceduta a Hendrick van Schoel,
la cui tiratura, tuttavia, reca ancora la data 1602. Nel catalogo della tipografia del fiammingo, redatto il 27 luglio 1622 dopo la morte dell’editore, le opere di cartografia descritte sotto un’unica voce: “Cosmografia pezzi numero 80.ottanta”. Le lastre vennero poi cedute a Francesco de Paoli, come documentato dall’inventario della vendita del 2 novembre 1633. Possibile quindi l’esistenza di un’ulteriore stesura della lastra, della quale tuttavia non abbiamo riscontrato esemplari” (cfr. Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, pp. 2156-2157).
“La cosiddetta Veduta della Catena, è la prima rappresentazione conosciuta di una intera città, risultato non di una proiezione fantasiosa, ma di una costruzione che, basata sull’osservazione diretta dal vero, si avvale anche della prospettiva. Questa grande silografia, come ha dimostrato Hülsen, deriva dall’opera originale a bulino, su sei lastre di rame, attribuita a Francesco Rosselli, di cui oggi è conservato solo un frammento, raffigurante la campagna in direzione di Fiesole. La copia silografica, attribuita già da Kristeller a Luca Antonio degli Uberti è conservata presso il Gabinetto delle Stampe di Berlino. La silografia con ogni probabilità è stata realizzata nella prima decade del XVI secolo a Venezia, come indicato dal tratteggio a linee parallele nelle zone d’ombra, che si utilizza solo nella prima decade del sec. XVI. Rispetto al modello fiorentino, Lucantonio degli Uberti introduce due elementi innovativi: la figura dell’artista disegnatore, in basso a destra, e il motivo decorativo della catena, chiusa in alto a sinistra da un lucchetto – di qui la denominazione Veduta della Catena - per cui sono state fornite diverse interpretazioni. Il punto di osservazione principale è da sud-ovest, in corrispondenza del campanile della chiesa di Monte Oliveto, ed è stato rialzato per dare maggiore leggibilità alle emergenze architettoniche e al tessuto urbano. Nella veduta l’asse centrale verticale viene fatto coincidere con l’asse della cupola di Santa Maria del Fiore che, simbolo religioso e civile della città, diventa così elemento principale e punto costante di riferimento nella rappresentazione della città stessa. La veduta crea un campo spaziale continuo che non solo mostra gli edifici, ma anche gli spazi aperti, le piazze e anche il corso delle strade di recente realizzazione, e non ancora chiuse dagli edifici che saranno costruiti lungo i loro lati. I monumenti della città sono quindi disposti nella pianta in modo da riflettere le reali relazioni tra di loro. Fuori dalle mura della città, l’immagine restituisce le principali caratteristiche del paesaggio naturale: vista da sud-est, la pianta mostra la città delimitata a nord dalla parete naturale degli Appenini; la valle del Mugnone, attraverso la quale passa la strada che collega la città a Bologna, crea una spettacolare apertura tra le montagne nell’angolo superiore a sinistra. Fiesole e S. Domenico sono rappresentate con un gruppo di edifici sormontati dal toponimo. Il convento di S. Miniato e di S. Francesco segnano le vette che dominano la città da sud. L’Arno attraversa diagonalmente l’immagine tagliando la città in due parti. Dunque, la rappresentazione del paesaggio non è né evocativo né poetico. Questa rappresentazione senza soluzione di continuità tra la città, fulcro dell’immagine, e il paesaggio, risponde sia alla realtà politica, in quanto i territori rappresentati appartengono di fatto allo Stato fiorentino, sia ad un’ambizione pittorica: sia la città che il paesaggio circostante sono concepiti come uno spazio topografico unitario. La veduta riporta il titolo FIORENZA, variante poetica del toponimo che, come sottolinea David Friedman, fa allusione ai concetti di “fiore” e di “fioritura” e viene usata con intento celebrativo, collegata ai concetti di pace e prosperità” (cfr. Bifolco-Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo, pp. 2148-2149)
Acquaforte e bulino, circa 1614, impressa su carta vergata coeva con margini, in eccellente stato di conservazione. Rara.
Bibliografia
Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, pp. 2156-2157, tav. 1099, III/IV; Cartografia Rara (1986): n. 48; Destombes (1970): n. 70; Ganado (1994): VI, n. 107 & p. 212, n. 47; Benevolo (1969): pp. 56-61, tav. VI; Mori-Boffito (1926): pp. 39, 53; Pagani (2012): p. 82; Tooley (1939): n. 206.
Il nome 'Scuola Lafreri' è un termine molto usato, seppure impropriamente, per descrivere un vasto gruppo di cartografi, realizzatori di mappe, incisori ed editori che lavorarono nei centri gemelli di Roma e Venezia tra il 1544 e il 1585 circa. Prima ancora nel corso del secolo, George Beans, famoso collezionista americano di mappe e atlanti italiani, aveva proposto un' altro termine, 'I.A.T.O.' per descrivere le complesse collezioni assemblate e vendute da suddetta scuola (Italian, Assembled-To-Order). Sebbene il termine sia appropriato, non include moderni collezionisti ed estimatori. In questa sede, faremo riferimento a tale gruppo di artisti col termine “la scuola”, sebbene anch’esso implichi una struttura e un’organizzazione più grandi di quelle che effettivamente erano. La principale fonte di riferimento sull’operato della scuola è Maps in Italian Atlases of the Sixteenth Century, di Tooley. Nei suoi studi, pubblicati nel 1939, Tooley citava circa 614 mappe e lastre (con alcuni stati contati separatamente). Alcuni erano descritti per conoscenza diretta, altri erano noti attraverso fonti secondarie. Sebbene possa considerarsi un’opera piuttosto obsoleta, dal momento che molti carto-bibliografi hanno superato tale visione e nuove collezioni sono venute alla luce, pur tuttavia resta l’unica veduta d’insieme della produzione della scuola. Il cartografo più importante della scuola fu Giacomo Gastaldi (f1542-1565), un piemontese residente a Venezia, divenuto Cosmografo della Repubblica Veneta. Karrow lo descrive come “uno dei più importanti cartografi italiani del XVI secolo. Era indubbiamente il più grande disegnatore di mape dell’epoca…”. Per quanto questa affermazione sia ovvia, è difficile quantificarla. Si ha infatti notizia di molte mappe dell’epoca accreditate a Gastaldi, ma è sempre piuttosto difficile stabilire quelle ruolo egli abbia avuto nella loro realizzazione. Solitamente, egli non firmava mai come editore, sebbene il suo nome si trovi spesso nel titolo, dedica o nel testo al lettore. Comunemente, s’intendono come sue le mappe che non hanno firma. Un ulteriore indizio è il fatto che molte delle mappe attribuite a Gastaldi, come editore, siano state incise da Fabius Licinius. In altri casi, in cui la pubblicazione è attribuita a qualcun altro, non è sufficientemente chiaro se Gastaldi sia stato assoldato dall’editore per la compilazione, o se un qualche audace editore abbia semplicemente copiato la sua opera, o meglio ancora aggiunto il nome di Gastaldi per conferire importanza alla pubblicazione. Il suo nome, infatti suscitava lo stesso rispetto di quello di Sanson alla fine del XVII secolo, e di quello di Guillaume de l'Isle all’inizio del XVIII. Paolo Forlani era un cartografo ed incisore che lavorò a Venezia tra il 1560 e il 1571 circa. La maggior parte della sua produzione venne pubblicata con il marchio di altri artisti, come Giovanni Francesco Camocio, Ferrando Bertelli e Bolognini Zaltieri. In uno studio pioneristico, David Woodward (4), identificando lo stile di Forlani attraverso varie fasi di sviluppo, gli ha attribuito un vasto numero di mappe prima non chiaramente identificate, fornendo anche una visione più chiara delle consuetudini editoriali dell’epoca. All’inizio degli anni ’60 del XVI secolo, Giovanni Francesco Camocio pubblicò svariate mappe disegnate da Forlani, comprese mappe del Mondo, del Nord Atlantico, Dell’Africa, Francia, Svizzera e province dei Paesi Bassi. Nel 1570 circa, pubblicò un Isolario, o collezione di mappe di isole, principalmente del Mediterraneo, includendovi però le isole britanniche e l’Islanda. La prima edizione non aveva un titolo quindi passò per un agglomerato di mappe allora reperibili. Successivamente, aggiunse il titolo Isole Famose Porti, Fortezze E Terre Maritime. Dopo la sua morte, presumibilmente avvenuta nel 1573, le lastre vennero ristampate, con in aggiunta, sul frontespizio, l’indirizzo della famiglia Bertelli 'alla Libraria del Segno di S. Marco ', probabilmente ed opera di Donato Bertelli, il cui marchio si trova in uno degli ultimi stati della mappa del mondo di Camocio del 1560. Il gruppo più folto è costituito dalla famiglia Bertelli. Il più attivo era Ferrando Bertelli, attivo tra il 1560e il 1570, ma le mappe dell’ultimo quarto del secolo sono conosciute con le firme di Andrea, Donato, Lucca, Nicolo e Pietro. Ancora, un vasto numero di mappe pubblicate da Ferrando erano state disegnate o incise da Forlani.
A Roma il fondatore della bottega calcografica fu l’incisore Antonio Salamanca (1500 – 1562), la cui attività venne proseguita e notevolmente ampliata dal suo allievo Antonio Lafrery (1512 – 1577), e successivamente dal nipote Claudio Duchet (Duchetti), da Giovanni Orlandi, Henrik van Schoel, ed infine dalla tipografia De Rossi. A Venezia il centro per la produzione delle mappe venne iniziato da due intagliatori: Giovanni Andrea Vavassore e Matteo Pagano, che lavorarono a stretto contatto con Giacomo Gastaldi, forse la figura preminente della cartografia europea del sedicesimo secolo. Altri importanti artefici della calcografia veneziana furono: Fabio Licinio, Fernando Bertelli, Giovanni Francesco Camocio e soprattutto Paolo Forlani. Sebbene sia meglio conosciuto come editore di antichità ed archeologia romana, Antoine de Lafrery, francese di nascita, rappresenta l’editore che contribuisce maggiormente allo sviluppo della calcografia romana, divenendo ben presto un abilissimo venditore delle opere cartografiche. Per questo motivo, sebbene non sia colui che ha pubblicato il maggior numero di mappe, per convenzione oggi tutti i lavori cartografici a stampa del sedicesimo secolo, sia stampati a Roma che a Venezia, assumono la definizione di carte di scuola lafreriana. La definizione venne assegnata da Adolf Erik Nordenskiold, uno dei padri della storia della cartografia, che appunto introdusse per la prima volta il termine Lafrery Atlas citando una raccolta di carte stampate a Roma ed edite dal Lafrery, nella quale è presente una specie di frontespizio inciso, dal titolo Tavole moderne de geografia secondo l’ordine di Tolomeo.. . La scuola del Lafrery produce un cospicuo numero di mappe, prodotte per essere vendute come separate pubblicazioni, che occasionalmente qualcuno poteva acquistare raggruppate in un volume. Poiché le carte avevano tutte misure diverse, per essere ricondotte alla stessa misura esterna, le carte erano rifilate al rame e quindi venivano aggiunti dei margini di carta di differente grandezza. Il principale esponente di questa scuola fu Giacomo Gastaldi (attico tra il 1542 ed il 1565), un piemontese che lavorò a Venezia divenendo il cosmografo della Repubblica Veneziana. Robert Karrow nel suo testo sui cartografi lo definisce come una delle figure principali di tutto il sedicesimo secolo, sicuramente il più importante cartografo italiano del’ 500. Sebbene un grandissimo numero di mappe furono realizzate sotto la sua direzione, e quindi a lui assegnate come autore, risulta spesso difficile stabilire quale ruolo ebbe il Gastaldi in queste creazioni. Praticamente egli non firmò quasi nessuno dei suoi lavori, nemmeno come editore; tuttavia frequentemente troviamo il suo nome nel cartiglio del titolo o della dedicatoria, a dimostrazione dell’importanza del ruolo svolto. Il principale incisore delle carte del Gastaldi fu Fabio Licinio. Paolo Forlani fu un cartografo ed incisore attivo a Venezia tra il 1560 ed il 1571. La maggior parte dei suoi lavori reca la firma di altri editori quali il Camocio, Bertelli e Zaltieri. Lo studioso David Woodward, in un tentativo pionieristico di catalogare la sua opera, ha attribuito al Forlani numerose lastre precedentemente catalogate come anonime. Verso i primi anni del 1560 Giovanni Francesco Camocio pubblicò un riguardevole numero di carte disegnate dal Forlani (compreso il mappamondo). La sua opera più importante può essere considerata l’Isolario, che all’inizio essendo privo del frontespizio, e con casuale selezione, era più che altro una raccolta dal suo archivio cartografico. Alla sua morte, circa 1573, le lastre furono acquisite dalla famiglia Bertelli. Tra questa tipografia possiamo individuare come il più attivo Ferrando Bertelli, che svolse la sua attività di editore in contemporanea del Camocio, avendo a sua volta come incisore il Forlani. Altri esponenti della famiglia Bertelli, attivi principalmente nell’ultimo quarto del sedicesimo secolo, sono: Andrea, Donato, Luca, Nicolò e Pietro.
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Il nome 'Scuola Lafreri' è un termine molto usato, seppure impropriamente, per descrivere un vasto gruppo di cartografi, realizzatori di mappe, incisori ed editori che lavorarono nei centri gemelli di Roma e Venezia tra il 1544 e il 1585 circa. Prima ancora nel corso del secolo, George Beans, famoso collezionista americano di mappe e atlanti italiani, aveva proposto un' altro termine, 'I.A.T.O.' per descrivere le complesse collezioni assemblate e vendute da suddetta scuola (Italian, Assembled-To-Order). Sebbene il termine sia appropriato, non include moderni collezionisti ed estimatori. In questa sede, faremo riferimento a tale gruppo di artisti col termine “la scuola”, sebbene anch’esso implichi una struttura e un’organizzazione più grandi di quelle che effettivamente erano. La principale fonte di riferimento sull’operato della scuola è Maps in Italian Atlases of the Sixteenth Century, di Tooley. Nei suoi studi, pubblicati nel 1939, Tooley citava circa 614 mappe e lastre (con alcuni stati contati separatamente). Alcuni erano descritti per conoscenza diretta, altri erano noti attraverso fonti secondarie. Sebbene possa considerarsi un’opera piuttosto obsoleta, dal momento che molti carto-bibliografi hanno superato tale visione e nuove collezioni sono venute alla luce, pur tuttavia resta l’unica veduta d’insieme della produzione della scuola. Il cartografo più importante della scuola fu Giacomo Gastaldi (f1542-1565), un piemontese residente a Venezia, divenuto Cosmografo della Repubblica Veneta. Karrow lo descrive come “uno dei più importanti cartografi italiani del XVI secolo. Era indubbiamente il più grande disegnatore di mape dell’epoca…”. Per quanto questa affermazione sia ovvia, è difficile quantificarla. Si ha infatti notizia di molte mappe dell’epoca accreditate a Gastaldi, ma è sempre piuttosto difficile stabilire quelle ruolo egli abbia avuto nella loro realizzazione. Solitamente, egli non firmava mai come editore, sebbene il suo nome si trovi spesso nel titolo, dedica o nel testo al lettore. Comunemente, s’intendono come sue le mappe che non hanno firma. Un ulteriore indizio è il fatto che molte delle mappe attribuite a Gastaldi, come editore, siano state incise da Fabius Licinius. In altri casi, in cui la pubblicazione è attribuita a qualcun altro, non è sufficientemente chiaro se Gastaldi sia stato assoldato dall’editore per la compilazione, o se un qualche audace editore abbia semplicemente copiato la sua opera, o meglio ancora aggiunto il nome di Gastaldi per conferire importanza alla pubblicazione. Il suo nome, infatti suscitava lo stesso rispetto di quello di Sanson alla fine del XVII secolo, e di quello di Guillaume de l'Isle all’inizio del XVIII. Paolo Forlani era un cartografo ed incisore che lavorò a Venezia tra il 1560 e il 1571 circa. La maggior parte della sua produzione venne pubblicata con il marchio di altri artisti, come Giovanni Francesco Camocio, Ferrando Bertelli e Bolognini Zaltieri. In uno studio pioneristico, David Woodward (4), identificando lo stile di Forlani attraverso varie fasi di sviluppo, gli ha attribuito un vasto numero di mappe prima non chiaramente identificate, fornendo anche una visione più chiara delle consuetudini editoriali dell’epoca. All’inizio degli anni ’60 del XVI secolo, Giovanni Francesco Camocio pubblicò svariate mappe disegnate da Forlani, comprese mappe del Mondo, del Nord Atlantico, Dell’Africa, Francia, Svizzera e province dei Paesi Bassi. Nel 1570 circa, pubblicò un Isolario, o collezione di mappe di isole, principalmente del Mediterraneo, includendovi però le isole britanniche e l’Islanda. La prima edizione non aveva un titolo quindi passò per un agglomerato di mappe allora reperibili. Successivamente, aggiunse il titolo Isole Famose Porti, Fortezze E Terre Maritime. Dopo la sua morte, presumibilmente avvenuta nel 1573, le lastre vennero ristampate, con in aggiunta, sul frontespizio, l’indirizzo della famiglia Bertelli 'alla Libraria del Segno di S. Marco ', probabilmente ed opera di Donato Bertelli, il cui marchio si trova in uno degli ultimi stati della mappa del mondo di Camocio del 1560. Il gruppo più folto è costituito dalla famiglia Bertelli. Il più attivo era Ferrando Bertelli, attivo tra il 1560e il 1570, ma le mappe dell’ultimo quarto del secolo sono conosciute con le firme di Andrea, Donato, Lucca, Nicolo e Pietro. Ancora, un vasto numero di mappe pubblicate da Ferrando erano state disegnate o incise da Forlani.
A Roma il fondatore della bottega calcografica fu l’incisore Antonio Salamanca (1500 – 1562), la cui attività venne proseguita e notevolmente ampliata dal suo allievo Antonio Lafrery (1512 – 1577), e successivamente dal nipote Claudio Duchet (Duchetti), da Giovanni Orlandi, Henrik van Schoel, ed infine dalla tipografia De Rossi. A Venezia il centro per la produzione delle mappe venne iniziato da due intagliatori: Giovanni Andrea Vavassore e Matteo Pagano, che lavorarono a stretto contatto con Giacomo Gastaldi, forse la figura preminente della cartografia europea del sedicesimo secolo. Altri importanti artefici della calcografia veneziana furono: Fabio Licinio, Fernando Bertelli, Giovanni Francesco Camocio e soprattutto Paolo Forlani. Sebbene sia meglio conosciuto come editore di antichità ed archeologia romana, Antoine de Lafrery, francese di nascita, rappresenta l’editore che contribuisce maggiormente allo sviluppo della calcografia romana, divenendo ben presto un abilissimo venditore delle opere cartografiche. Per questo motivo, sebbene non sia colui che ha pubblicato il maggior numero di mappe, per convenzione oggi tutti i lavori cartografici a stampa del sedicesimo secolo, sia stampati a Roma che a Venezia, assumono la definizione di carte di scuola lafreriana. La definizione venne assegnata da Adolf Erik Nordenskiold, uno dei padri della storia della cartografia, che appunto introdusse per la prima volta il termine Lafrery Atlas citando una raccolta di carte stampate a Roma ed edite dal Lafrery, nella quale è presente una specie di frontespizio inciso, dal titolo Tavole moderne de geografia secondo l’ordine di Tolomeo.. . La scuola del Lafrery produce un cospicuo numero di mappe, prodotte per essere vendute come separate pubblicazioni, che occasionalmente qualcuno poteva acquistare raggruppate in un volume. Poiché le carte avevano tutte misure diverse, per essere ricondotte alla stessa misura esterna, le carte erano rifilate al rame e quindi venivano aggiunti dei margini di carta di differente grandezza. Il principale esponente di questa scuola fu Giacomo Gastaldi (attico tra il 1542 ed il 1565), un piemontese che lavorò a Venezia divenendo il cosmografo della Repubblica Veneziana. Robert Karrow nel suo testo sui cartografi lo definisce come una delle figure principali di tutto il sedicesimo secolo, sicuramente il più importante cartografo italiano del’ 500. Sebbene un grandissimo numero di mappe furono realizzate sotto la sua direzione, e quindi a lui assegnate come autore, risulta spesso difficile stabilire quale ruolo ebbe il Gastaldi in queste creazioni. Praticamente egli non firmò quasi nessuno dei suoi lavori, nemmeno come editore; tuttavia frequentemente troviamo il suo nome nel cartiglio del titolo o della dedicatoria, a dimostrazione dell’importanza del ruolo svolto. Il principale incisore delle carte del Gastaldi fu Fabio Licinio. Paolo Forlani fu un cartografo ed incisore attivo a Venezia tra il 1560 ed il 1571. La maggior parte dei suoi lavori reca la firma di altri editori quali il Camocio, Bertelli e Zaltieri. Lo studioso David Woodward, in un tentativo pionieristico di catalogare la sua opera, ha attribuito al Forlani numerose lastre precedentemente catalogate come anonime. Verso i primi anni del 1560 Giovanni Francesco Camocio pubblicò un riguardevole numero di carte disegnate dal Forlani (compreso il mappamondo). La sua opera più importante può essere considerata l’Isolario, che all’inizio essendo privo del frontespizio, e con casuale selezione, era più che altro una raccolta dal suo archivio cartografico. Alla sua morte, circa 1573, le lastre furono acquisite dalla famiglia Bertelli. Tra questa tipografia possiamo individuare come il più attivo Ferrando Bertelli, che svolse la sua attività di editore in contemporanea del Camocio, avendo a sua volta come incisore il Forlani. Altri esponenti della famiglia Bertelli, attivi principalmente nell’ultimo quarto del sedicesimo secolo, sono: Andrea, Donato, Luca, Nicolò e Pietro.
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