Patria del Friuli olim Forum Iuli
Riferimento: | s21420 |
Autore | Giovanni Antonio MAGINI |
Anno: | 1598 ca. |
Zona: | Friuli |
Luogo di Stampa: | Bologna |
Misure: | 450 x 350 mm |
Riferimento: | s21420 |
Autore | Giovanni Antonio MAGINI |
Anno: | 1598 ca. |
Zona: | Friuli |
Luogo di Stampa: | Bologna |
Misure: | 450 x 350 mm |
Descrizione
Carta geografica tratta dal L’Italia a cura di Fabio Magini, edito a Bologna nel 1620, tre anni dopo la prematura morte del padre.
Composto da un breve testo descrittivo di sole 24 carte, l’opera è corredata di 61 carte geografiche della penisola, e costituisce il primo esempio di atlante italiano. L’opera è per intero di mano del Magini, che iniziò la realizzazione delle carte nel 1594 circa, dando alla luce per prima nel 1595 la carta del territorio di Bologna. Tutte le carte vennero alle stampe quindi prima del 1620, nelle loro stesure provvisorie, successivamente corrette ed aggiornate per l’edizione definitiva. Per la realizzazione delle lastre il Magini si servì di due dei più famosi intagliatori dell’epoca: il belga Arnoldo Arnoldi e l’inglese Benjamin Wright.
La carta del Friuli deriva da quella pubblicata nel 1550 da Giovanni Andrea Vavassore (e non 1557 come affermato da Lago, cfr. Bifolco Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, tav. 974) e da quella edita nel 1570 Abraham Ortelius.
Tuttavia, come giustamente osserva Almagià, è "esempio di una carta derivante da molte diverse fonti, sia edite che inedite, e rappresenta perciò il prodotto di un lavoro personale di compilazione, di coordinamento e di vaglio, che viene a conferire alla carta stessa il carattere e il valore di un prodotto originale". Incisa da Arnoldo Arnoldi.
Nel cartiglio in alto a destra il titolo Patria del FRIULI olim FORUM IULII. In basso a sinistra la scala grafica Scala di Miglia dieci (10 miglia pari a mm 45). In basso a sinistra aggiunto un cartiglio con la dedica All’ Ill.mo mio S.r et P[at]ron[us] Col.mo il S.r Carlo Ruini Co: di Monte Cogaruccio, e di Zola, et Senat.re di Bologna. Fabio di Gio. Ant. Magini. Orientazione nei quattro lati al centro con il nome dei punti cardinali Septentrio, Meridies, Oriens, Occidens, il nord in alto. Graduazione ai margini di 1’ in 1’ da 45° 30’ a 46° 35’ 30’’ di latitudine, e da 34° 37’ a 36° 35’ 15’’ di longitudine.
“La carta relativa al Friuli, che ci interessa più direttamente è quella che porta il titolo "Patria del / FRIVLI / olim / FORVM IVLII”. Nell'Atlante dell'Italia oc- cupa la tavola 29, ma noi ne abbiamo tratto la riproduzione da un esemplare sciolto, che apparteneva alla collezione del prof. Antonio Marussi di Trieste. Ricavata da un'incisione in rame e inquadrata da due righi, che includono anche un margine graduato di 1' in 1', misura mm 330x423. A destra, in alto, un cartiglio ovale, decorato con mascheroni, contiene il titolo. Nell'angolo opposto, in un altro cartiglio, onato da figure femminili si legge: "All'Ill[ustrissi]mo mio S[igno]r et P[ad]ron Col[endissi]mo il S[ign]r Carlo Ruini Co[nte] di Monte/Cogaruccio, e di Zola, et Senat[o]re / di Bologna. / Fabio di Gio[vanni] Ant[onio] Magini".
L'orientazione è quella consueta. La scala riportata in basso, a sinistra, è di Miglia dieci (= mm 46).
Il disegno originario fu certamente composto tra il 1595 ed il 1598, e, negli stessi anni, o poco dopo, venne inciso dal belga Arnoldo de Arnoldis. Questa carta compare nell'elenco che segue la prefazione alle Tavole del Primo Mobile, apparse a Venezia, nell'edizione latina del 1604. Successivamente il Magini vi dovette apportare alcuni piccoli ritocchi: infatti, qualche toponimo risulta più marcato e, in alcuni tratti, compaiono tracce di abrasioni. La dedica è certamente postuma e si deve al figlio, perché si conoscono anche esemplari che ne sono privi.
Questo disegno del Friuli non è, però, uno dei prodotti maginiani più felici ed egli stesso ne dovette essere ben conscio se in una sua lettera autografa del 20 luglio 1598 scriveva: "Di sei Friuli c'ho avuto della Repubblica non ce ne sono due che incontrino totalm[en]te; io da tutti questi ho corretto il mio Friuli, che sarà copiosiss[im]o, ma so però che darà che dire ad alcuno". […]
Gli oronimi sono pochissimi: Monte Mauro, segnato molto a sud rispetto alle sorgenti del Tagliamento, M. Mariana (M. Amariana), probabilmente ripreso dalla stampa del Ligorio e Alpi Giulie, traduzione delle "IVLIAE ALPES" della rappresentazione orteliana, che vuole indicare in modo errato i monti posti tra il Bût e il torrente Pontebbana.
Il reticolo idrografico, invece, ricorda quello ligoriano, anche se vi sono state apportate le seguenti correzioni e modifiche: 1) è stato aggiunto un affluente del Tagliamento, cioè il Rio che probabilmente va identificato con il rio Auza, anche se, in realtà, quest'ultimo ha un corso molto più breve di quello segnato; 2) il corso del Pesarina è stato notevolmente allungato, evitando, però, di far nascere questo torrente a Pesa- riis; 3) compare il torrente Pontaiba; 4) il Chiarsò d'Incaroio non è confuso con la strada che corre nel Canale del Ferro. Gli altri idronimi che troviamo sono Micio (Lumiei), Buti (Bût), Chiarißo (Chiarso d'Incaroio) e il Lago di Cauazo.
La maggior parte degli abitati, rappresentati per lo più da cerchietti vuoti o da torricelle con un cerchiet- to vuoto in basso, sono quelli che si trovano nella carta del Ligorio, collocati circa nelle stesse posizioni e indicati, per lo più, con gli stessi toponimi. Cosi, nell'alta valle del Tagliamento, sono segnati: Forno di sopra, Sella, Andracij e Forno di sotto, forme identiche a quelle ligoriane, e Chiusa, che indica quel tratto angusto, a valle dell'abitato di Forni di Sotto, costi- tuito da una parete rocciosa quasi verticale, pericolo- sa, almeno in passato, nei tempi di sgeli, di valanghe, o di piogge prolungate. […]
La derivazione può essere provata anche dalle scorrette interpretazioni, come nel caso del noto santuario del Monte Santo presso Gorizia. Questo, nella carta del Ligorio, appariva su un cono troppo alto, ma in posizione esatta sulla sponda sinistra dell'Isonzo, con il toponimo di S. Maria di gregor scritto ad ovest del fiume in un'area bianca. Per questo motivo il Magini, colloca in quella posizione, ma ancora più distante dall'Isonzo, in un tratto pianeggiante, il sim- bolo ed il nome di S.M. di Gregor.
Su un così fitto telaio, composto dall'ampia utilizza- zione del documento ligoriano, il cartografo padovano ha inserito anche i contributi derivati dalle altre fonti da lui stesso ricordate e che gli sembrano più validi. Così, per esempio, il disegno delle coste, con l'esclusione del breve tratto triestino ed istriano, (che e della Val Canale, che si conserva come tav. 35 nell'atlante della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (Ms. It. VI. 188, 10039), gli deve esser servito per disegnare il tracciato dello Slizza, dell'alto corso della Sava e del bacino superiore dell'Isonzo. Questa dipendenza è provata non solo dal confronto del reticolo idrografico (tra l'altro sicuramente questa parte fu corretta sul rame, perché i nuovi corsi d'acqua tagliano le montagne e risultano più marcati), ma anche dall'esame delle sedi umane riportate nel Tarvisiano, ripetute con le medesime forme toponomastiche. Un ultimo particolare merita di essere ricordato: a nord-ovest del Lago del Predil, che nel Ligorio - si badi bene non figurava, compare in questo disegno manoscritto la stessa scritta maginiana Minere di ferro, erroneamente riferita alle miniere di Raibl o Cave del Predil, note per le metallizzazioni piombo- zincifere.
È ovvio che l'utilizzazione di più fonti è riconoscibile soprattutto nell'arricchimento del quadro insediativo della regione, ma ciò è anche la causa dei doppioni e degli errori di posizione, più frequenti nel bacino dell'Isonzo e nei territori più orientali. Per fare alcuni esempi ricorderemo Starasella nella valle del Natisone che compare due volte come Starasella e come Scarsella; S. Canzian d'Isonzo ed Aris che compaiono, presso il corso del Basso Isonzo, con le forme ripetute di S. Ca[n]tian e S. cantiano, e di Aris e Daris. Sul Carso, S. Daniele è trascritto anche con il nome più antico di S. Angelo.
È innegabile dunque, che questo prodotto maginiano sia “più nitido e più gradevole della stampa del Ligorio; che la rappresentazione del rilievo sia meno irreale e meno puerile; che vi sia più movimento nel disegno delle coste; che la Venezia Giulia e alcuni lembi del Friuli siano anche più corretti; che vi sia, infine, una inquadratura matematica e non sempre scorretta. Ma tutto ciò sostiene giustamente il Cucagna non è sufficiente per farci dimenticare la sostanziale identità di contenuto e per poter giustificatamente parlare di originalità". Quindi, un buon lavoro di compilazione che, però, come tutti gli altri prodotti maginiani, ebbe grandissima fortuna. I grandi atlanti, ed in modo particolare quelli nordici, lo seguono ad litteram, riproducendolo senza sostanziali mutamenti sin quasi la fine del Settecento.“ (Lago, Rossit "Theatrum Fori Iulii" vol. 2, p.13)
Esemplare di secondo stato, con il cartiglio aggiunto che contiene la dedica di Fabio Magini a Carlo Ruini.
Bibliografia:
Lago, Rossit "Theatrum Fori Iulii" vol. 2, pp. 13-19, Tav. LXXXIII; Almagià (1948): pp. Vii-131; Cucagna (1964): pp. 213-220; Lago (1989): p. 271, n. 190; Marinelli (1881): p. 146, n. 703; Selva (2108): pp. 136-139, Tavv- 25-25a.
Giovanni Antonio MAGINI (1555 - 1617)
Giovanni Antonio Magini è stato un affermato matematico, astronomo, e cartografo italiano. Come cartografo, il suo nome è legato all’atlante “Italia”, che fu pubblicato dal figlio Fabio nel 1620, tre anni dopo la prematura morte del padre. Composto da un breve testo descrittivo di sole 24 carte, l’opera è corredata di 61 carte geografiche della penisola, e costituisce il primo esempio di atlante italiano. L’opera è per intero di mano del Magini, che iniziò la realizzazione delle carte nel 1594 circa, dando alla luce per prima nel 1595 la carta del territorio di Bologna. Tutte le carte vennero alle stampe quindi prima del 1620, nelle loro stesure provvisorie, successivamente corrette ed aggiornate per l’edizione definitiva. Per la realizzazione delle lastre il Magini si servì di due dei più famosi intagliatori dell’epoca: il belga Arnorldo Arnoldi e l’inglese Benjamin Wright. L’importanza di questo lavoro del Magini è notevolissima, come pure l’influenza sulla cartografia della penisola per i successivi due secoli: da Ortelius ai principali cartografi ed editori olandesi, tutta la cartografia della penisola è tratta dal lavoro del matematico padovano.
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Giovanni Antonio MAGINI (1555 - 1617)
Giovanni Antonio Magini è stato un affermato matematico, astronomo, e cartografo italiano. Come cartografo, il suo nome è legato all’atlante “Italia”, che fu pubblicato dal figlio Fabio nel 1620, tre anni dopo la prematura morte del padre. Composto da un breve testo descrittivo di sole 24 carte, l’opera è corredata di 61 carte geografiche della penisola, e costituisce il primo esempio di atlante italiano. L’opera è per intero di mano del Magini, che iniziò la realizzazione delle carte nel 1594 circa, dando alla luce per prima nel 1595 la carta del territorio di Bologna. Tutte le carte vennero alle stampe quindi prima del 1620, nelle loro stesure provvisorie, successivamente corrette ed aggiornate per l’edizione definitiva. Per la realizzazione delle lastre il Magini si servì di due dei più famosi intagliatori dell’epoca: il belga Arnorldo Arnoldi e l’inglese Benjamin Wright. L’importanza di questo lavoro del Magini è notevolissima, come pure l’influenza sulla cartografia della penisola per i successivi due secoli: da Ortelius ai principali cartografi ed editori olandesi, tutta la cartografia della penisola è tratta dal lavoro del matematico padovano.
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