Palazzo dei Cesari
Riferimento: | S42964 |
Autore | Giovanni Battista MERCATI |
Anno: | 1629 |
Zona: | Palazzo dei Cesari |
Misure: | 127 x 93 mm |
Riferimento: | S42964 |
Autore | Giovanni Battista MERCATI |
Anno: | 1629 |
Zona: | Palazzo dei Cesari |
Misure: | 127 x 93 mm |
Descrizione
PRIMO STATO, SCONOSCIUTO AI REPERTORI
Acquaforte, 1629, firmata in lastra in basso. Esemplare di primo stato, avanti il numero 38 e il titolo Pallazo Maggiore aggiunti in alto.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con sottilissimi margini, in perfetto stato di conservazione.
La veduta appartiene all’importante raccolta Alcune vedute et prospettive di luoghi dishabitati di Roma, una serie di 52 incisioni del pittore ed incisore barocco Giovanni Battista Mercati. Bartsch e Rossetti non descrivono queste prove prima della numerazione e del testo. Nel frontespizio della raccolta in nostro possesso – purtroppo non completa delle 52 tavole che per questo motivo vengono offerte individualmente – troviamo in basso a destra l’indicazione del privilegio, il Superior permissu, mentre manca l’iscrizione Cum privilegio Regio che si riscontra in tutti gli altri esemplari della raccolta esaminati, come ad esempio questo del British Museum:
https://www.britishmuseum.org/collection/object/P_1868-0822-8618
“In 1629 Mercati published a series of fifty etched views of Rome which were dedicated to Ferdinand de' Medici. His approach was remarkably innovative. Unlike many earlier view prints of Rome which, like Falda's later ones, emphasized architectural accuracy and were essentially documents and records, Mercati's etchings anticipated Piranesi's more evocative, romantic approach. Mercati's views are delightfully informal, picturesque, and impressionistic. The prints are small and intimate, and the buildings and monuments are often seen from odd points of view. The artist was as concerned with space — empty places (luoghi dishabitati) — and with the light and shadow that fill them as he was with the monuments themselves. His etchings give a vivid sense of the city as it would be glimpsed by someone rambling behind the scenes. Their execution was similarly free and casual, with the etched lines sketchily rendered and stop-out varnish freely and expertly applied to lighten the far distance and to "paint in" bright highlights in the foreground. Especially effective was Mercati's stopping out of a wall seen through the most distant archway, making it look as if its solidity had been bleached away by the sun. The irregular, quivering lines and the intense passages of light and dark give the impression of forms and spaces vibrating in sunlight, flickering with light and shadow. The irregular, frayed quality of the darkest shading lines also evokes the worn, eroded surfaces of the ruins, which seem to be crumbling away before the viewer's eyes. In addition to his knowledge of the etchings of Ventura Salimbeni and Raffaello Schiaminossi, Mercati must also have been aware of similar approaches to views and landscape seen in the prints of Jacques Callot, Stefano della Bella, and Israel Silvestre. In this context it is interesting that Giovanni Battista Falda was strongly influenced by the same three artists, but he assimilated their approach in a way almost the opposite of Mercati's, achieving great clarity and order in the rendering of line and tone” (cfr. Richard Wallace in Italian Etchers in the Reinassance & Barocque, pp. 160-162).
Nato a Sansepolcro in Toscana nel 1591 e morto nel 1645, dopo un apprendistato presso il conterraneo Raffaello Schiaminossi finì col trasferirsi a Roma, che certo offriva più occasioni di lavoro, e fu membro dell'Accademia di San Luca. Autore di qualche disegno noto, di alcuni quadri sacri e di un piccolo manipolo di stampe d'invenzione o di traduzione (da sculture classiche o da dipinti di Correggio e di Pietro da Cortona), risulta in qualche relazione con personaggi della Roma barberiniana, a cui dedica le sue incisioni. Per citarne solo alcuni, Cassiano Dal Pozzo, Marcello Sacchetti, il cardinal nipote Antonio Barberini, Paolo Giordano II Orsini duca di Bracciano, e infine Francesco Borromini. Specialmente strette appaiono le sue amicizie con i toscani, a cui lo avranno legato affinità di geografia e d'inflessione linguistica. Sappiamo che nel 1623 disegnò e incise il conclave per l'elezione di Urbano VIII in edizione rarissima che non ho mai potuto o saputo rintracciare. Suo stretto amico e protettore fu il lucchese Lelio Guidiccioni, segretario del card. Antonio Barberini.
Alcune vedute et prospettive di luoghi dishabitati di Roma reca una lunga dedica al Granduca di Toscana Ferdinando II dei Medici: perchè lo splendore, che riceverono l'anno passato gli inculti luoghi di questa Città, dalla presenza, et vista di V(ostra) A(ltezza), le mie carte di loro impresse dovranno riceverlo dalla comparsa del suo chiariss(imo) nome.
“La serie segue un ordine topografico ben ricostruibile, da Sant'Agnese sulla Nomentana al sepolcro dei Metelli sull'Appia. Le Vedute sono come suddivise in tre “capitoli”, con un prologo (nrr. 3-5) e un epilogo (nrr. 51-52) per segnare l'ingresso nella città e poi la partenza. Nel primo “capitolo” (nrr. 6-22) il pittore si muove dall'Esquilino alle Terme di Diocleziano e poi al Celio, gira intorno al Colosseo o si siede ai suoi piedi per guardare, ancora, verso il Celio, torna all'Esquilino e poi si cala nel Foro per poi tornare intorno al Colosseo, verso il tempio di Venere e Roma e le pendici celimontane con SS. Giovanni e Paolo: insomma, fa un giro di “rovine” nella parte dov'esse erano più intense e frequenti. Il secondo “capitolo” è un intermezzo urbano (nrr. 23-29), con le due vedute d'obbligo delle Colonne Traiana e Antonina, e poi vedute di Palazzo Madama e del “tempio del Sole” sul Quirinale, e infine un salto oltre il Tevere: Con San Giorgio al Velabro e l'arco di Giano comincia il terzo “capitolo” (nrr. 30-49), dove si svolge, riattraversato il Tevere, un nuovo itinerario archeologico […] Ma quel che unifica l'opera del Mercati è il singolare esercizio in cui egli s'impegna: spopolare la città, come per un coprifuoco, selezionando punti di vista per lo più inediti. Il Mercati tiene fede al proposito espresso nel titolo e nella dedica, e pur di condurci attraverso “luoghi dishabitati” e “inculti” svuota di abitanti la città. La Roma di Urbano VIII compare solo di scorcio o sullo sfondo nelle vedute della serie: non le chiese sfolgoranti, le fontane e i palazzi, non le piazze popolose né i giardini. Protagonista assoluta è la distesa delle rovine, ritagliata dal tessuto della città e amplificata; le rovine, dico, e non i monumenti antichi, poiché anche i più insigni non meritano un posto nella serie (manca ad esempio il Pantheon). La domanda è dunque donde venga un tal gusto che appare, a prima vista, controcorrente. Ma non lo è. Queste vedute s'iscrivono con ruolo non secondario entro quel vero e proprio genere visivo che fu il paesaggio di rovine, indagato specialmente da artisti venuti dal Nord - quasi che gli Italiani, troppo immersi in quel paesaggio, non riuscissero a “vederlo”, tematizzarlo e a tradurlo in pittura - e poi diventato patrimonio comune dell'arte europea” (cfr. S. Settis, Il fondamentale ruolo della città nel catalogo de Il Polifilo).
Magnifico esemplare di questa rarissima incisione.
Bibliografia
Bartsch vol. XX, nn. 12-63; Petrucci A., Le acqueforti romane di Giambattista Mercati in Dedalo, n. 2, pp. 477-489; Reed & Wallace, Giovanni Battista Mercati, in Italian Etchers in the Reinassance & Barocque, pp. 160-162, nn. 78-79; Nicolette Mandarano, MERCATI, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009; Salvatore Settis, Il fondamentale ruolo della città nel catalogo de Il Polifilo, in “Sole 24 Ore” del 7 novembre 2018; Rossetti, Rome, A bibliography form the invention of printing trough 1899, n. 6997.
Giovanni Battista MERCATI (Borgo Sansepolcro, 1591 – Roma, 1645 circa)
Nato a Borgo Sansepolcro nel 1591 da Raffaele, fu battezzato il 1º ottobre dello stesso anno; si formò nella bottega di Raffaello Schiaminossi, di cui era nipote. Il suo primo lavoro fu nel 1608 la decorazione della sacrestia della chiesa di San Francesco nella città natale in collaborazione con lo zio. Secondo una parte della critica, la collaborazione continuò anche per quanto riguarda le incisioni: il Mercati ne realizzò quattro nel 1616, che rappresentano la Modestia, la Sorte, il Contento amoroso e la Spia, che sono il completamento di una serie realizzata da Schiaminossi nel 1605. Altri critici pensano di più ad un lavoro autonomo, mettendo in rilievo la notevole differenza sia temporale che di dimensioni con la prima serie, anche se vi sono indubbie derivazioni dallo stile del maestro. Quello che è certo per tutti è che, da un punto di vista iconografico, si tratti di derivazioni dall'Iconologia di Cesare Ripa nell'edizione del 1613, l'unica contenente tutti e quattro i soggetti incisi dal Mercati.
Verso il 1620 si trasferì a Roma con lo zio anche per perfezionare la propria formazione artistica; proprio al 1620 risale la dedica a Lelio Guidiccioni di una incisione raffigurante il Matrimonio mistico di santa Caterina da un dipinto del Correggio. Nel 1622 tornò brevemente a Borgo Sansepolcro a causa della morte di Schiaminossi per stimare le opere lasciate dal maestro. Fu un ritorno temporaneo, dato che già da tempo si era creato una solida clientela romana.
La prima opera documentata a Roma risale al 1624 e fu commissionata dal cardinale Scipione Caffarelli-Borghese: si trattava della pala per l'altare di San Carlo Borromeo per la basilica di San Crisogono.
Nel 1626 incise Santa Bibiana che rifiuta di adorare gli idoli, con dedica a Marcello Sacchetti, ripresa dall’affresco di analogo soggetto realizzato da Pietro Berrettini da Cortona e terminato poco tempo prima nella chiesa di Santa Bibiana. In seguito, realizzò una nuova incisione con la Decollazione di Giovanni Battista con dedica a Nicolò Alemanni, custode della Biblioteca Vaticana, bibliotecario e filologo al servizio della famiglia Barberini; anche in questo caso sembra essersi ispirato ad un dipinto di Pietro Berrettini.
Nel 1629 realizzò una raccolta di cinquantadue incisioni, pubblicata a Roma con il titolo Alcune vedute et prospettive di luoghi dishabitati di Roma.
La sua principale realizzazione durante il periodo romano fu la decorazione della cappella degli Orsini di Pitigliano nella basilica di San Bartolomeo all'Isola con affreschi raffiguranti Storie della Vergine, commissionata probabilmente da Paolo Giordano Orsini, amico sia di Guidiccioni che di Alemanni.
Tornato brevemente a Borgo San Sepolcro, vi dipinse una Madonna che offre il Bambino a San Felice da Cantalice per la chiesa di San Michele Arcangelo e una Immacolata Concezione con Santi, conservata nel Museo civico di Sansepolcro.
A partire almeno dal 1633 fu membro della Accademia romana di San Luca, come risulta da un pagamento per la tassa di immatricolazione; a tale associazione fu particolarmente legato e fra il 1637 e il 1643 prese parte a numerose riunioni degli accademici.
Nel 1639 dipinse un Noli me tangere per la chiesa di Santa Maria delle Vergini a Roma; nel 1642 realizzò le incisioni di quattro degli otto tondi adrianei dell'arco di Costantino e le dedicò a Paolo Giordano Orsini, Francesco Borromini e Carlo Paolucci, conte di Calboli e decano della Segnatura.
Al gennaio 1645 risale la stesura del testamento e si presume che morì a Roma pochi mesi dopo. (cfr. Nicolette Mandarano, MERCATI, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009).
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Giovanni Battista MERCATI (Borgo Sansepolcro, 1591 – Roma, 1645 circa)
Nato a Borgo Sansepolcro nel 1591 da Raffaele, fu battezzato il 1º ottobre dello stesso anno; si formò nella bottega di Raffaello Schiaminossi, di cui era nipote. Il suo primo lavoro fu nel 1608 la decorazione della sacrestia della chiesa di San Francesco nella città natale in collaborazione con lo zio. Secondo una parte della critica, la collaborazione continuò anche per quanto riguarda le incisioni: il Mercati ne realizzò quattro nel 1616, che rappresentano la Modestia, la Sorte, il Contento amoroso e la Spia, che sono il completamento di una serie realizzata da Schiaminossi nel 1605. Altri critici pensano di più ad un lavoro autonomo, mettendo in rilievo la notevole differenza sia temporale che di dimensioni con la prima serie, anche se vi sono indubbie derivazioni dallo stile del maestro. Quello che è certo per tutti è che, da un punto di vista iconografico, si tratti di derivazioni dall'Iconologia di Cesare Ripa nell'edizione del 1613, l'unica contenente tutti e quattro i soggetti incisi dal Mercati.
Verso il 1620 si trasferì a Roma con lo zio anche per perfezionare la propria formazione artistica; proprio al 1620 risale la dedica a Lelio Guidiccioni di una incisione raffigurante il Matrimonio mistico di santa Caterina da un dipinto del Correggio. Nel 1622 tornò brevemente a Borgo Sansepolcro a causa della morte di Schiaminossi per stimare le opere lasciate dal maestro. Fu un ritorno temporaneo, dato che già da tempo si era creato una solida clientela romana.
La prima opera documentata a Roma risale al 1624 e fu commissionata dal cardinale Scipione Caffarelli-Borghese: si trattava della pala per l'altare di San Carlo Borromeo per la basilica di San Crisogono.
Nel 1626 incise Santa Bibiana che rifiuta di adorare gli idoli, con dedica a Marcello Sacchetti, ripresa dall’affresco di analogo soggetto realizzato da Pietro Berrettini da Cortona e terminato poco tempo prima nella chiesa di Santa Bibiana. In seguito, realizzò una nuova incisione con la Decollazione di Giovanni Battista con dedica a Nicolò Alemanni, custode della Biblioteca Vaticana, bibliotecario e filologo al servizio della famiglia Barberini; anche in questo caso sembra essersi ispirato ad un dipinto di Pietro Berrettini.
Nel 1629 realizzò una raccolta di cinquantadue incisioni, pubblicata a Roma con il titolo Alcune vedute et prospettive di luoghi dishabitati di Roma.
La sua principale realizzazione durante il periodo romano fu la decorazione della cappella degli Orsini di Pitigliano nella basilica di San Bartolomeo all'Isola con affreschi raffiguranti Storie della Vergine, commissionata probabilmente da Paolo Giordano Orsini, amico sia di Guidiccioni che di Alemanni.
Tornato brevemente a Borgo San Sepolcro, vi dipinse una Madonna che offre il Bambino a San Felice da Cantalice per la chiesa di San Michele Arcangelo e una Immacolata Concezione con Santi, conservata nel Museo civico di Sansepolcro.
A partire almeno dal 1633 fu membro della Accademia romana di San Luca, come risulta da un pagamento per la tassa di immatricolazione; a tale associazione fu particolarmente legato e fra il 1637 e il 1643 prese parte a numerose riunioni degli accademici.
Nel 1639 dipinse un Noli me tangere per la chiesa di Santa Maria delle Vergini a Roma; nel 1642 realizzò le incisioni di quattro degli otto tondi adrianei dell'arco di Costantino e le dedicò a Paolo Giordano Orsini, Francesco Borromini e Carlo Paolucci, conte di Calboli e decano della Segnatura.
Al gennaio 1645 risale la stesura del testamento e si presume che morì a Roma pochi mesi dopo. (cfr. Nicolette Mandarano, MERCATI, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009).
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