Vüe des restes d'une grande enceinte de colonnes, formant un quadrilatere...

Riferimento: S45927
Autore Giovan Battista PIRANESI
Anno: 1778
Zona: Paestum
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 685 x 500 mm
Non Disponibile

Riferimento: S45927
Autore Giovan Battista PIRANESI
Anno: 1778
Zona: Paestum
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 685 x 500 mm
Non Disponibile

Descrizione

Veduta dei templi di Paestum, firmata in lastra in basso a destra Cav. Piranesi F.

Acquaforte con ritocchi al bulino, magnifica prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con margini, minimi restauri perfettamente eseguiti al basso della piega verticale centrale, lievissime ossidazioni visibili al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione. Esemplare su carta forte, tipica delle prime prove coeve.

La serie delle vedute di Paestum, del 1778, è l’ultima opera realizzata dal Piranesi prima della sua morte.

Sebbene grande conoscitore di antichità classiche, si recò sul luogo per visitare i tre templi verso il 1777, dove realizzò i disegni preparatori alle incisioni, in tutto venti lastre più il frontespizio.

Solo 18 di queste tavole sono firmate da Giovan Battista, mentre le rimanenti tre portano la firma del figlio Francesco. In realtà, molto più probabilmente, tutte le tavole sono realizzate dal Piranesi padre, con la collaborazione del figlio nella realizzazione delle figure inserite nel dominante paesaggio architettonico.

Il grande incisore veneto si recò a Paestum una prima volta nel 1770, e quindi nell’ultimo anno della sua carriera e della sua vita, il 1778, e in tale occasione realizzò una serie di incisioni intitolata Differents vues de Pesto (“Diverse vedute di Paestum”) che ebbero il merito di diffondere ulteriormente l’interesse per i templi dell’antica città romana. Nelle sue incisioni, Piranesi ci offre descrizioni precise e minuziose: i templi sono grandiosi e maestosi, emergono da un’ingombrante boscaglia e, anzi, ne sono essi stessi parte, dato che le rovine sono coperte di vegetazione e offrono riparo a pastori, contadini, pellegrini, cavalieri, vagabondi d’ogni sorta. La potenza evocatrice dell’arte di Piranesi è tale che i templi di Paestum ci appaiano quasi inquietanti, tanta è la loro grandezza e tanto arditi sono gli scorci prospettici adottati dall’artista: se ne ricava un senso del sublime che anticipa anche il romanticismo. Una spettacolare imponenza che, oltre tutto, si carica di significati allegorici: malgrado la loro sontuosità, e malgrado l’idea di opulenza che potrebbero suggerire, i templi di Paestum, nelle incisioni di Piranesi, conservano unicamente la memoria di ciò che furono, perché il presente è all’insegna della rovina e della decadenza, e anche le più magniloquenti e superbe realizzazioni dell’uomo devono cedere alla forza del tempo, che scorre abbattendo civiltà, lasciando macerie e portando il vuoto e la miseria anche laddove la vita prosperava felice. In talune di queste incisioni, la presenza delle rovine è talmente soffocante (grazie anche all’uso sapientissimo della prospettiva) da non lasciar intravedere neppure l’orizzonte: la composizione è interamente occupata dalle colonne dei templi, come nel caso delle incisioni che raffigurano gli interni del Tempio di Nettuno.

Le figure umane sono minuscole se confrontate con le enormi rovine: se ne ricava quasi un senso d’impotenza, sembra che l’uomo possa far poco per arrestare, o quanto meno per rallentare, il corso della natura, che si appropria di quanto fatto dall’uomo senza alcun riguardo e risultando ovviamente vincitrice nell’impari scontro. E se l’austerità dei templi è suggerita anche dalla ricchezza dei dettagli, sorprendente se pensiamo che Piranesi realizzò queste vedute in condizioni di salute tutt’altro che buone, la figura umana fa da contraltare, a simboleggiare anche la meschinità dei tempi vissuti dall’autore se comparati a quelli splendidi (a modo di vedere degli artisti neoclassici) dell’antichità: un passato, insomma, da guardare con nostalgia.

E che Piranesi nutrisse una profonda ammirazione verso gli artefici di questi templi è testimoniato anche dai commenti apposti dal figlio Francesco sui cartigli delle incisioni al momento della pubblicazione delle stampe. Leggiamo, per esempio, nel lungo commento all’incisione che raffigura una veduta dall’esterno del Tempio di Nettuno: “L’exactitude des proportions caracterise ce batiment pour une production de plus parfaites, et des mieux éxécutées dans ce genre, et l’on peut dire que l’Architecte a tiré de son art de quoi s’attirer l’admiration de ses contemporains comme de la posterité”, ovvero “L’esattezza delle proporzioni caratterizza questa costruzione come una delle realizzazioni più perfette e meglio eseguite del suo genere, e si può dire che l’architetto abbia fatto in modo da guadagnarsi l’ammirazione sia dei suoi contemporanei sia dei posteri”. L’esperienza di Piranesi si sarebbe rivelata fondamentale per gli sviluppi della poetica neoclassica: le vedute degli antichi templi di Paestum sarebbero diventate una cifra comune a molti artisti che vennero dopo di lui, a cominciare proprio dal succitato Francesco Piranesi.

Bibliografia

H. Focillon, Giovan Battista Piranesi 1720-1778 (1918): n. 584; J. Wilton-Ely, Giovan Battista Piranesi, The complete etchings (1994): n. 719.

Giovan Battista PIRANESI (Mogliano Veneto 1720 - Roma 1778)

Acquafortista, incisore, progettista, architetto e teorico italiano, considerato uno dei supremi esponenti dell’incisione topografica, sebbene il maggiore interesse egli lo mostrasse per l’architettura. Anche se solo pochi disegni architettonici sono stati realizzati, egli ebbe comunque una grande influenza, nel Neo-Classicismo europeo, attraverso contatti personali con architetti, mecenati e artisti in visita a Roma nel corso di quattro decadi. La sua prolifica produzione di lastre di acqueforti, che combinava una straordinaria immaginazione con una conoscenza delle tecniche dell’antica Roma estremamente pragmatica, diede avvio ad una nuova e duratura percezione dell’antichità. Era anche disegnatore di strutture e palchi per le feste, decoratore di interni e di mobili, così come restauratore. L’interazione di questa straordinaria combinazione di attività lo portò ad un concetto alto del disegno, sostenuto da saggi scritti. L’eredità che lasciò, relativamente alla sua visione unica della civiltà romana, fu una interpretazione immaginativa e una ri-creazione del passato che ispirarono scrittori e poeti così come artisti ed altri disegnatori.

Giovan Battista PIRANESI (Mogliano Veneto 1720 - Roma 1778)

Acquafortista, incisore, progettista, architetto e teorico italiano, considerato uno dei supremi esponenti dell’incisione topografica, sebbene il maggiore interesse egli lo mostrasse per l’architettura. Anche se solo pochi disegni architettonici sono stati realizzati, egli ebbe comunque una grande influenza, nel Neo-Classicismo europeo, attraverso contatti personali con architetti, mecenati e artisti in visita a Roma nel corso di quattro decadi. La sua prolifica produzione di lastre di acqueforti, che combinava una straordinaria immaginazione con una conoscenza delle tecniche dell’antica Roma estremamente pragmatica, diede avvio ad una nuova e duratura percezione dell’antichità. Era anche disegnatore di strutture e palchi per le feste, decoratore di interni e di mobili, così come restauratore. L’interazione di questa straordinaria combinazione di attività lo portò ad un concetto alto del disegno, sostenuto da saggi scritti. L’eredità che lasciò, relativamente alla sua visione unica della civiltà romana, fu una interpretazione immaginativa e una ri-creazione del passato che ispirarono scrittori e poeti così come artisti ed altri disegnatori.