Gran Carta D' Italia - Pubblicata Da Giuseppe Civelli De Milano - Edizione Metagrafica per Fedinando Angemnillon
Riferimento: | S49621 |
Autore | Giuseppe Civelli |
Anno: | 1870 ca. |
Zona: | Italia |
Luogo di Stampa: | Milano |
Misure: | 1965 x 2480 mm |
Riferimento: | S49621 |
Autore | Giuseppe Civelli |
Anno: | 1870 ca. |
Zona: | Italia |
Luogo di Stampa: | Milano |
Misure: | 1965 x 2480 mm |
Descrizione
Maestosa carta murale d’Italia (dimensioni mm 2480x1965) pubblicata subito dopo l’annessione di Roma al Regno, nel 1870. Stampata a Milano dalla tipografia di Giuseppe Civelli utilizzando i rami della sua precedente carta dedicata ad Adriano Balbi (1845); al posto del foglio di dedica, collocato sotto il titolo in alto a destra, troviamo la pianta di Roma, appena annessa e proclamata Capitale del Regno.
“Composta di 28 fogli, ognuno di 370x510 mm, è carta in edizione metagrafica, di grandissimo formato come indicato dal titolo. Per un così gravoso lavoro si rese necessaria l'opera di più collaboratori nel realizzarne le varie parti, a partire dalla vignetta, racchiusa dal titolo stesso, che mostra una figura femminile turrita, di chiaro significato allegorico, affiancata da numerosi oggetti-simbolo (ancora, compasso, caduceo, globo, lira, cornucopia, tronco di colonna) di un Paese fiero della sua fama nel campo delle scienze, dell'arte, ecc. Per le incisioni sono riportate le firme di Binder, Castelli.
Con dettagliata graduazione ai margini di 2' in 2', ha scala («proporzione col vero”) di 1:555.555, espressa anche graficamente, in miglia d'Italia, in chilometri, miglia di Germania e leghe di Francia. Una rosa dei venti a 16 punte, completata da altrettanti punti cardinali intermedi e con il nome del suo inventore al centro, occupa un ampio spazio del M. Tirreno a sud-ovest del Golfo di Salerno. I numerosi segni convenzionali della legenda rimandano innanzitutto al confine naturale dell'Italia seguito da quelli di Stato e delle divisioni interne, a 11 tipi di sedi umane (dalle città principali ai siti di rovine antiche), ad una rete viaria con strade classificate di 1", 2º, 3º ordine e pedonali o sentieri, alle strade ferrate con la precisazione se in esercizio (o in costruzione o in progetto), alle stazioni postali, ai «porti di sicuro approdo” (i principali collegamenti marittimi tra i porti maggiori sono riportati nella carta mediante linee puntinate).
Al sommo e dentro il grande riquadro è raffigurata l'elevazione dei «Principali monti d'Italia situati alla loro longitudine e loro altitudine in metri sopra il livello del mare: 36 unità, comprendenti montagne e valichi numerati da ovest ad est lungo l'arco alpino e raffigurati con illuminazione obliqua da nord-ovest; se ne ricava facilmente un profilo altimetrico e la posizione relativa, rispetto anche ai laghi principali. In due tabelle, una per le Alpi e l'altra per gli Appennini e i Monti della Sicilia, sono riportati i nomi dei monti con la corrispettiva altitudine. In un riquadro a lato del cartiglio è una piccola cartografazione - un accorto ossequio al governo austriaco? - dell'itinerario per un viaggio da Vienna a Trieste (da Lubiana si indica l'alternativa per un percorso via Klagenfurt o via Graz fino a Bruck). La carta manca di scala, mentre riporta sia la strada ferrata che quella postale.
La tecnica cartografica richiama quella dell'Ufficio Militare Austriaco. Per l'orografia si fa uso del tratteggio con lumeggiamento zenitale che lascia in bianco, oltre le pianure, anche le aree cacuminali e le fasce spartiacque (se ne osservi un bell'esempio con i monti che sulla costa dalmata meridionale do- minano Ragusa sgranandosi da NO a SE). Trattasi di una simbologia che pare attenersi alla rappresentazione ideata già sul finire del '700 da J.G. Lehmann con lo spessore dei tratti proporzionale all'intensità della pendenza in base ad una scala prestabilita; in realtà tale tecnica non trova qui esatta e completa applicazione. Per altro, causa un abbondante uso del tratteggio, in più casi i molti toponimi riportati risultano di disagevole lettura. Per l'altitudine dei principali rilievi, non indicata nella carta, il lettore potrà comunque riferirsi alle tabelle sopraddette. Alla linea costiera, sia dell'area peninsulare che delle isole, fanno seguito una fascia di linee mirate a fornire un'idea delle caratteristiche batimetriche dei fondali marini, ma non definibili reali isobate tenuto conto della loro fittezza e perfetto parallelismo ovunque. Impreziosiscono questo prodotto una pianta della città di Roma con scala a 1:16.000 ca, con legenda numerata dei principali monumenti, e tre fogli dedicati alla rappresentazione, di grande dettaglio grazie alla scala adottata, di una buona parte del nord dell'Algeria e della Tunisia terre prossime alla Sicilia. In una precedente edizione, datata 1853, al posto della pianta di Roma compariva, in bella grafia, la dedica ad Adriano Balbi (geografo e statistico veneziano, aurore di trattati molto apprezzati fra i suoi contemporanei; nel 1832 pubblico a Parigi un Compendio di geografia).
Il tratto più distintivo della carta, a buon motivo definita il lavoro più impegnativo prima di quello del Genio Militare del Regno d'Italia (Davoli e Sanfelici), consiste comunque nel disegno dei «confini naturali» dell'Italia «divisa politicamente», come premesso nel commento della legenda: un esplicito richiamo sorprendentemente non censurato dall'Austria, che pare non aver attribuito alla carta un valore propriamente politico alla non esatta coincidenza dei confini politici terrestri con quelli geografico-fisici rappresentati dalla linea spartiacque, a tutt'oggi caratterizzante i limiti statali lungo l'arco alpino (se ne veda un chiaro esempio lungo il confine italo-svizzero che, invariato da secoli, si scosta dalla displuviale escludendo le valli del Sempione, del Ticino, Calanca, Bregaglia e altre per un totale di circa 4000 kmq). Nella carta sono ritenute come facenti parte dell'Italia il Principato di Monaco, il Canton Ticino, parte del Vallese e dei Grigioni, il Trentino e l'Alto Adige, la contea di Gorizia, Trieste con l'Istria, la Corsica, Malta” (cfr. Alberto Melelli in “Carte d’Italia 1482-1861”, scheda 29, p. 82).
Esemplare suddiviso in 36 segmenti, applicati su tela coeva, più vote ripiegati e contenuti in astuccio coevo in tela verde. Alcuni strappi della tela, nel complesso in ottimo stato di conservazione.
Magnifico esemplare di questa importante carta post unitaria.
Bibliografia
Alberto Melelli in “Carte d’Italia 1482-1861”, scheda 29, p. 82); cfr. Arrigoni P. - Bertarelli A., Le carte geografiche dell’Italia, n. 453; Davoli Sanfelici, pp. 136-137; Tooley, p. 117.
Giuseppe Civelli (Barasso 1816 - Firenze 1882)
Giuseppe Civelli (2 giugno 1816 - 7 marzo 1882) è stato un editore, tipografo, geografo e ingegnere italiano attivo a Milano nella metà del XIX secolo. Civelli nacque in Lombardia, apparentemente di origini modeste. Si specializzò nel disegno di carte geografiche e fondò una tipografia a Milano nel 1840. Dieci anni dopo, dopo aver ottenuto un notevole successo con ambiziose pubblicazioni cartografiche, fu in grado di aprire altre tipografie ad Ancona e Torino. Quando la capitale d'Italia si trasferì a Firenze nel 1865, vi fondò una grande tipografia per capitalizzare i contratti governativi. Questo processo fu poi replicato a Roma. Morì a Firenze, ma i suoi successori continuarono a pubblicare sotto il suo marchio, Stabilimento Tipografico già C. Civelli, fino al XX secolo.
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Giuseppe Civelli (Barasso 1816 - Firenze 1882)
Giuseppe Civelli (2 giugno 1816 - 7 marzo 1882) è stato un editore, tipografo, geografo e ingegnere italiano attivo a Milano nella metà del XIX secolo. Civelli nacque in Lombardia, apparentemente di origini modeste. Si specializzò nel disegno di carte geografiche e fondò una tipografia a Milano nel 1840. Dieci anni dopo, dopo aver ottenuto un notevole successo con ambiziose pubblicazioni cartografiche, fu in grado di aprire altre tipografie ad Ancona e Torino. Quando la capitale d'Italia si trasferì a Firenze nel 1865, vi fondò una grande tipografia per capitalizzare i contratti governativi. Questo processo fu poi replicato a Roma. Morì a Firenze, ma i suoi successori continuarono a pubblicare sotto il suo marchio, Stabilimento Tipografico già C. Civelli, fino al XX secolo.
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