Opus Praxitelis Opus Fiidiae

Riferimento: S35381
Autore Claudio DUCHET (Duchetti)
Anno: 1584
Misure: 495 x 362 mm
1.300,00 €

Riferimento: S35381
Autore Claudio DUCHET (Duchetti)
Anno: 1584
Misure: 495 x 362 mm
1.300,00 €

Descrizione

RARA VARIANTE stampata da Claudio Duchetti nel 1584, probabilmente incisa da Ambrogio Brambilla, copiando la lastra stampata da Antonio Lafreri nel 1546.

Bulino, 1584, sul piedistallo, a sinistra: 'OPUS PRAXITELIS; a destra: OPUS FIDIAE, subito sotto: 'HEVS TU QVI PRAETERIS MORARE PAVLVM AC INSPICE/IN QVIRINALI HI SVNT EQVI MARMOREI MVTILI ATQVE GRANDES ARTE VICTA NATVRA PARENS SPIRITVM CVR EPIRIT QVID PRAXITELES ET FIDIAS EFFINXERE ISTOS AEMVLAMVR SAT DIXI ABEL VALE SALVE MISCE BIBE DA MI; in basso a destra i dati editoriali 'ROMAE 1584/CLAUDII DUCHETI FORMIS'.

Magnifico esemplare, impresso su carta vergata coeva, rare e lievissime fioriture, un piccolo foro sulla sinistra, verso il basso, nel complesso in ottimo stato di conservazione.

Erroneamente considerata quale variante della lastra pubblicato nel 1546 da Antonio Lafreri, come parte dello Speculum Romanae Magnificentiae, a sua volta copia in controparte di un foglio anonimo edito, senza data, da Antonio Salamanca, questa versione con l’indirizzo del Duchetti è invece una copia, molto simile al modello, da cui differisce in diversi particolari.

Con la divisione ereditaria della tipografia Lafreri del 1581, la lastra originaria spettò al cugino di Claudio, Stefano Duchetti (cfr. V. Pagani. The dispersal of Lafreri’s inheritance, 1581-89, table a. Inventory of the Stefano Duchet – Paolo Graziani sale, 8 agosto 1581 p. 15 n. 23 “Il Cavallo de Campidoglio”, in Print Quarterly, vol. 25, n. 1, 200), di qui probabilmente l’esigenza per Claudio di farne incidere una nuova versione, forse affidandone l’incisione ad Antonio Brambilla, della cui collaborazione si era avvalso più volte.

L’edizione del Duchetti risulta estremamente rara.

La prima versione dell'opera fu pubblicata nel 1546 da Antonio Lafreri, a sua volta copia in controparte di un foglio edito, senza data, da Antonio Salamanca.

Le statue sono copie romane del II-III secolo di originali greci del V sec. a.C. credute per tanto tempo copie di opere di artisti famosi tanto che sulle base è riportata la scritta “Opus Fidiae” e “Opus Praxitelis” e rappresentano i Dioscuri, i mitologici cavalieri figli di Giove che salvarono l’esercito romano al Lago Regillo.

Sin dal Medioevo tutti i visitatori di Roma hanno potuto ammirarle nello stesso luogo dove sono ancora oggi e proprio per la loro presenza il Quirinale venne chiamato Montecavallo.

La posizione in cui si trovano oggi è quella progettata da Flaminio Vacca per Sisto V, integrata dalle modifiche apportate nel 1783 da Carlo Antinori per Pio VI. Papa Sisto V voleva creare una mostra adeguata per il castello terminale dell’Acqua Virgo e pensò di utilizzare le due statue gigantesche che già si trovavano sulla piazza ed erano poste di fronte al Palazzo Vercelli o della Consulta; volle far girare le statue in modo che chiudessero visivamente lo scenario della Strada Pia – odierna Via XX Settembre – ed affidò l’incarico a Domenico Fontana che arretrò le statue e le mise in posizione frontale al Palazzo del Quirinale e vi pose una fontana davanti. L’ultimo spostamento delle statue fu voluto da Papa Pio VI che fece innalzare tra i due gruppi marmorei l’obelisco che si trovava nel Mausoleo di Augusto; i due gruppi furono divaricati per lasciar posto all’obelisco e davanti fu posta una vasca di granito che proveniva dal Campo Vaccino a raccogliere l’acqua che ricadeva dallo zampillo dell’Acqua Virgo.

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 53/e; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); cfr. B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016); cfr. A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010); Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. V.36; cfr. D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))

Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.

Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))

Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.