Tempietto a forma ottagonale con lo stemma di Casa d'Este - sezione e pianta

Acquaforte, circa 1560/61, senza dettagli di stampa nel suo primo stato.

Esemplare del secondo stato (prima sconosciuto) con l'iscrizione Visitur Romae in basso a destra e l'imprint Ioannes Orlandi formis romae 1602 in basso a sinistra.

Bellisima impressione, stampata su carta vergata coeva con filigrana "ancora in doppio contorno con stella" (cfr. Woodward nn. 158-172), rifilata al segno del rame, in ottimo stato di conservazione.

Huelsen descrive questa rarissima incisione come un padiglione che si trovava nella villa sul Quirinale che il cardinale Ippolito d'Este prese in affitto quando venne a Roma. Questa lastra, che mostra la sezione e la pianta del tempietto, corrisponde a una che invece raffigura l'intero tempio.

La Villa d'Este al Quirinale era nota anche come Vigna del cardinal di Ferrara, poiché era stata affittata dal cardinale Ippolito d'Este, originario di Ferrara, e come Vigna di Napoli poiché apparteneva alla famiglia napoletana Carafa. Il casino, grazie alla ristrutturazione del Mascherino, è diventato il primo nucleo del Palazzo del Quirinale.

“Questa sezione prospettica e la pianta di un padiglione ottagonale a cupola fanno pendant con il prospetto dello stesso foglio. Huelsen (1921, p. 166, nn. 132-133) ha utilizzato la presenza dell'aquila e del giglio - elementi araldici degli Estensi - sul prospetto per collegarlo a un casino ottagonale nei giardini del cardinale Ippolito II d'Este (1509-72) sul Quirinale, visibile nelle piante di Roma del XVI e XVII secolo (Huelsen 1917, pp. 92 e 122). David Coffin fa riferimento al casinò come eretto nel 1561 e ne descrive la presunta funzione (Coffin 1979, pp. 204-5). La teoria di Huelsen sembra essere supportata da una pianta dei giardini risalente agli anni '60 del XV secolo, dove la forma del casino corrisponde esattamente a quella qui riportata (New York, MMA, D&P, 49.92.8; D'Orgeix 2001, pp. 185-6, fig. 40, p. 188). Il prospetto, tuttavia, si discosta leggermente dall'aspetto del casino raffigurato, seppur sommariamente, nella pianta di Roma di Etienne Duperac del 1577 e dalla rappresentazione più dettagliata di una veduta a volo d'uccello dei giardini del Quirinale di Giovanni Maggi del 1612, anch'esse diverse tra loro. È quindi possibile, come ha suggerito Ian Campbell, che queste stampe mostrino proposte alternative per il progetto piuttosto che ciò che fu effettivamente realizzato, il che spiegherebbe anche le finestre che appaiono nel tamburo della cupola nella sezione ma non nel prospetto” (cfr. Mark McDonald, The Print Collection of Cassiano dal Pozzo, Architecture, Topography and Military Maps, II, pp. 463-464, n. 2515). 

Sebbene non firmata, l'uso dell'acquaforte ricorda quello delle prime opere architettoniche di Etienne Duperac, giunto a Roma nel 1559.  

Opera rarissima, parte dello Speculum Romanae Magnificentia.

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. HÜLSEN, 1921, p. 166, 133, A; Mark McDonald, The Print Collection of Cassiano dal Pozzo, Architecture, Topography and Military Maps, II, pp. 463-464, n. 2515; C. Marigliani, Lo splendore di Roma nell'arte incisoria del Cinquecento, VI.30.