Colosseo
Riferimento: | S40233 |
Autore | Claudio DUCHET (Duchetti) |
Anno: | 1581 |
Misure: | 560 x 410 mm |
Riferimento: | S40233 |
Autore | Claudio DUCHET (Duchetti) |
Anno: | 1581 |
Misure: | 560 x 410 mm |
Descrizione
Spaccato del Colosseo, ricostruzione.
Bulino, 1581, con imprint e data in basso a sinistra: «Claudij Duchetti formis, 1581» e firma dell’incisore in basso a destra: «Ambr. Brambilla f[ecit]». Opera parte dello "Speculum Romanae Magnificentiae”.
Esemplare nel primo stato di due, avanti la firma del Brambilla abrasa (cfr. Hülsen 1921, p. 146, 18, B/f-g).
Iscritto in basso al centro: «THEATRVM SIVE COLISEVM ROMANVM».
Ricostruzione del Colosseo in sezione e proiezione orizzontale. L’incisione deriva da quella pubblicata per i tipi di Antonio Salamanca nel 1538, probabilmente su disegno di Domenico Giuntalodi e incisione di Girolamo Fagiuoli.
Molto richiesta, la stampa fu poi riedita in formato più ridotto da Antonio Lafréry, con probabile intaglio di Nicolas Beatrizet. Questa è una nuova versione, incisa da Ambrogio Brambilla per l’editore Duchetti.
L’edificio sorse sul luogo dello stagno artificiale che era ai piedi della Domus Aurea. I lavori sotto l’imperatore Vespasiano arrivarono sino al terzo ordine e furono completati dal figlio Tito, che nell’anno 80 d.C. ordinò una seconda spettacolare inaugurazione protrattasi per cento giorni nei quali furono uccise circa 5000 fiere. Una curiosa nota su riti di negromanzia che nel Cinquecento si svolgevano nel Colosseo viene da Benvenuto Cellini: «Andaticene al Culiseo, quivi paratosi il prete a uso di negromante, si mise a disegnare i circuli in terra con le più belle cirimonie che immaginar si possa al mondo; e ci aveva fatto portare profummi preziosi e fuoco, ancora profummi cattivi. Come e’ fu in ordine, fece la porta al circulo; e presoci per mano, a uno a uno ci messe drento al circulo; di poi compartì gli uffizii; detta il pintàculo in mano a quell’altro suo compagno negromante, agli altri dette la cura del fuoco per e’ profummi; poi messe mano agli scongiuri. Durò questa cosa più d’una ora e mezzo; comparse parecchi legione, di modo che il Culiseo era tutto pieno. Io che attendevo ai profummi preziosi, quando il prete cognobbe esservi tanta quantità, si volse a me e disse: “Benvenuto, dimanda lor qual cosa”. Io dissi che facessino che io fussi con la mia Angelica siciliana. Per quella notte noi non avemmo risposta nessuna; ma io ebbi bene grandissima satisfazione di quel che io desideravo di tal cosa».
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “incudine e martello nel cerchio con croce” (Woodward nn. 231-232), con margini, minimi restauri al margine inferiore e all’angolo superiore destro perfettamente eseguiti, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Bibliografia
cfr. B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 275; cfr. A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. A111a; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. II.6; C. Hülsen, 1921, p. 145-46, 18, B; P. Arrigoni - A. Bertarelli, 1939, p. 160; B. Cellini, 1958, p. 156; R. Luciani, 1993, pp. 32-38; K. Zeitler, 1999, t. 6; M. Bury, 2001, pp. 138-39; C. Marigliani, 2005, pp. 14-15.
Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))
Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.
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Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))
Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.
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