Porto di Claudio a Ostia
Riferimento: | S40226 |
Autore | Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI |
Anno: | 1554 |
Misure: | 705 x 400 mm |
Riferimento: | S40226 |
Autore | Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI |
Anno: | 1554 |
Misure: | 705 x 400 mm |
Descrizione
Bulino, 1554, inciso da Giulio de Musi per l'editore Michele Tramezino.
Esemplare nel primo stato di cinque descritto in Bifolco-Ronca (2018) - primo di tre per Alessia Alberti - con la data originaria del 1554, che viene successivamente cambiata in 1558.
Come diverse altre opere pubblicate dalla tipografia di Francesco e Michele Tramezino, la lastra venne acquistata da Antonio Lafreri, che la inserisce nel suo "Speculum Romanae Magnificentiae" (cfr. Alberti n. A 113, Speculum di Padova BC (I. 3282, tav. 32).
Iscritto firmato e datato in alto a sinistra: « ANTIQVA SPECIES VRBIVM PORTVS ATQVE / OSTIÆ(*) AB DIVERSIS RO[MANIS] IMP[ERATORIBVS] CONDITA/RVM ITEM DVOR[VM] AMPLISS[IMORVM] PORTVVM / CLAVDII TRAIANIQ[VE] DESCRIPTIO PER PYRRHVM LIGORIVM NEAPOLITANVM / FACTA ET AB MICHAELE TRAMEZINO EX TABVLIS AENEIS IN QVAS EAM INCIDIT EXCVS[S]A / CVM / PRIVILEGIO SVMMI PONT[IFICIS] ET SENAT[VS] VENET[I] MDLIIII » [Immagine delle città di Porto e di Ostia fondate da diversi imperatori romani, e raffigurazione dei due amplissimi porti di Claudio e di Traiano, fatta da Pirro Ligorio, di Napoli, e da Michele Tramezzino stampate da lastre di bronzo su cui egli le incise - Con privilegio del Sommo Pontefice e del Senato di Venezia nel 1554.]
Si tratta di una ricostruzione storica ad opera dell’archeologo Pirro Ligorio, che raffigura il porto voluto dall’imperatore Claudio, poi ampliato da Traiano. I lavori iniziarono tra il 42 ed il 46, e fu realizzato un porto aperto a ponente, protetto da due moli. Tuttavia, i continui insabbiamenti che subiva, indussero a ulteriori lavori che portarono alla costruzione di un ulteriore bacino interno, ad oriente, terminato sotto l’imperatore Traiano nell’anno 103. L’opera, sebbene a carattere topografico, rientra nel filone delle antichità romane, finalizzate a far conoscere al grande pubblico la maestosità delle architetture romane. Si tratta del prototipo delle piante sul porto di Ostia, sebbene alcuni studiosi (cfr. Marigliani p. 86) sostengano che la prima opera a stampa si deve ad Antonio Labacco nel 1552. Tuttavia, il Libro d’Antonio Labacco appartenente a l’architettura nel qual si figurano alcune notabili antiquita di Roma, che contiene una pianta del porto di Ostia, non viene stampato prima del 1559. Il Ligorio fu direttamente coinvolto nel rilievo e nel disegno dell’antico porto di Ostia; è conosciuto un manoscritto ad inchiostro, a lui attribuito (mm 700x1150), conservato all’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte di Roma (Lugli, fig. 1). Una seconda stesura dell’opera viene edita nel 1558. La lastra può essere identificata con quella presente nel catalogo di Antonio Lafreri, in cui confluirono molte opere del Tramezzino, elencata tra le Città & Fortezze come “Porto d’Hostia” (numero 136). Attraverso un percorso editoriale che non siamo riusciti a ricostruire, fu acquistata da Giovan Battista de Rossi, autore di una ristampa che conserva la data 1558. Dalla tipografia de Rossi fu pubblicata una successiva stesura, con data 1691 (Lugli 1947). L’ultima edizione della lastra fu curata, due secoli dopo, da Carlo Losi (cfr. Bifolco-Ronca, 2018, tav. 1164).
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva e rifilata al rame, tracce di pieghe orizzontali di carta - normali in un foglio di questa grandezza - minimi restauri perfettamente eseguiti visibili al verso, nel complesso in ottimo stato di conservazione. Rara.
Bibliografia
Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, 2018, pp. 2268-2269, tav. 1164 I/V; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. A113, I/III; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. III.6; C. Hülsen, 1921, p. 147, 25 Ab; R. Lanciani, 1990, ii, p. 130; C. Falcucci, 1994, t. 41; M. Silenzi, 1998, p. 187; P. Bellini, 1998, p. 168; C. Marigliani, 2006, pp. 6-7; Bianchi 2006, p. 63.
Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI
Michele Tramezzino, divenuto ormai famoso, nella città lagunare si presentava come stampatore e mercante di libri specializzato in opere cartografiche, a Roma era conosciuto solo come editore.
A metà del XVI secolo Michele iniziò a stampare vedute architettoniche e carte geografiche che immise nel mercato romano, con la sottoscrizione “ Michaelis Tramezini Formis” che lo indicava come unico proprietario dei rami.
Le sue carte presentando l’indicazione del privilegi Pontifici e del Senato Veneto, potevano essere vendute sia nella bottega veneziana sia in quella romana; purtroppo non sempre fu possibile evitare la concorrenza, infatti l’Olanda incisa da Jacob Bos nel 1556, ristampata nel 1558, fu successivamente copiata e incisa da Forlani e pubblicata a Venezia da Camocio nel 1563.
Tra il 1552 e il 1563 vengono pubblicate sei vedute di architettura , Circo Massimo inciso da Beatricetto nel 1552 e 1553, Porta di Traiano incisa da Giulio de Musi nel 1558, le Therme Dioclitiane incise da Bos; diverse carte geografiche, vedute di città ed un mappamondo.
Tra le carte geografiche, una carta della Germania del 1553, il Mappamondo del 1554 inciso da Giulio de Musi, il Regno di Napoli di Pirro Ligorio inciso da Sebastiano di Re , la Francia entrambe del 1558.
Nel 1561 viene pubblicata l’unica carta con l’execudit dei fratelli Tramezzino, l’Antiqua Urbis Imago, incisa da Jacob Bos in 12 fogli. Nell’anno successivo, probabilmente anno della morte di Francesco, Michele decide la separazione dei beni del fratello.
Nel 1563, dopo la pubblicazione della carta del Friuli di Pirro Logorio, incisa da Sebastiano di Re “con le forme di M. Michele Tramezzino”, Michele si dedica esclusivamente all’attività di libraio, tipografo ed editore a Venezia “ all’insegna della Sibilla” , abbandonando completamente l’attività cartografica.
Michele Tramezzino muore nel 1582.
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Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI
Michele Tramezzino, divenuto ormai famoso, nella città lagunare si presentava come stampatore e mercante di libri specializzato in opere cartografiche, a Roma era conosciuto solo come editore.
A metà del XVI secolo Michele iniziò a stampare vedute architettoniche e carte geografiche che immise nel mercato romano, con la sottoscrizione “ Michaelis Tramezini Formis” che lo indicava come unico proprietario dei rami.
Le sue carte presentando l’indicazione del privilegi Pontifici e del Senato Veneto, potevano essere vendute sia nella bottega veneziana sia in quella romana; purtroppo non sempre fu possibile evitare la concorrenza, infatti l’Olanda incisa da Jacob Bos nel 1556, ristampata nel 1558, fu successivamente copiata e incisa da Forlani e pubblicata a Venezia da Camocio nel 1563.
Tra il 1552 e il 1563 vengono pubblicate sei vedute di architettura , Circo Massimo inciso da Beatricetto nel 1552 e 1553, Porta di Traiano incisa da Giulio de Musi nel 1558, le Therme Dioclitiane incise da Bos; diverse carte geografiche, vedute di città ed un mappamondo.
Tra le carte geografiche, una carta della Germania del 1553, il Mappamondo del 1554 inciso da Giulio de Musi, il Regno di Napoli di Pirro Ligorio inciso da Sebastiano di Re , la Francia entrambe del 1558.
Nel 1561 viene pubblicata l’unica carta con l’execudit dei fratelli Tramezzino, l’Antiqua Urbis Imago, incisa da Jacob Bos in 12 fogli. Nell’anno successivo, probabilmente anno della morte di Francesco, Michele decide la separazione dei beni del fratello.
Nel 1563, dopo la pubblicazione della carta del Friuli di Pirro Logorio, incisa da Sebastiano di Re “con le forme di M. Michele Tramezzino”, Michele si dedica esclusivamente all’attività di libraio, tipografo ed editore a Venezia “ all’insegna della Sibilla” , abbandonando completamente l’attività cartografica.
Michele Tramezzino muore nel 1582.
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