IL SONTVOSISS.O ET AMENISS.O PALAZZO ET GIARDINI DI TIVOLI
Riferimento: | S36100 |
Autore | Antonio LAFRERI |
Anno: | 1573 ca. |
Zona: | Villa d'Este |
Misure: | 580 x 495 mm |
Riferimento: | S36100 |
Autore | Antonio LAFRERI |
Anno: | 1573 ca. |
Zona: | Villa d'Este |
Misure: | 580 x 495 mm |
Descrizione
Acquaforte e bulino, 1573, incisa da Etienne Du Pérac per Antonio Lafreri. Opera parte dello Speculum Romanae Magnificentiae.
In alto al centro è presente il titolo: “IL. SONTVOSISS.O. ET. AMENISS.O. PALAZZO. ET. GIARDINI. DI. TIVOLI”.
In basso a sinistra la dedica: “ALLA CHRISTIANISSIMA REGINA CATERINA DI MEDICI MADRE DEL CHRISTIANISSIMO CARLO NONO RE DI FRANCIA. Tale fu la fama del sunuoso palazzo, et uaghissimi giardini che fece la fe.me dell’Ill. mo Signor Hippolito Cardinal di Ferrara nella Città di Tiuoli […] Con che baciandole con ogni riuerenza la regia mano, prego N. S. Dio che la conserui felice. Di Roma alli 8. di Aprile M D LXXIII. Di uostra M.tà Chr.ma Humiliss.o suditto et seruitore Stephano Duperac Parigiano”.
L'opera riproduce la Villa d'Este a Tivoli, maestoso progetto d'architettura di Pirro Ligorio. Dopo aver lavorato al Casino di Pio IV (1559-1565) in Vaticano, il Ligorio lavorò per la Villa d’Este. Il contributo del Ligorio non risulta dai documenti, ma la sua carica di antiquario di Casa d’Este e le affinità della villa tiburtina con il Casino di Pio IV inducono ad attribuire al Ligorio la sistemazione della villa. I lavori durarono dal 1560 sino alla morte di Ippolito d’Este (1572). La prima edizione, celebrativa del complesso della villa con i giardini, venne pubblicata l’8 aprile 1573. Il Du Pérac ebbe a disposizione i progetti di Pirro Ligorio per i giardini di Villa d’Este. Sulla sommità del colle è disegnato il palazzo del cardinale. «Il pendio con la terrazza si configura come un grande disegno ornamentale composto di motivi a losanga, e le varie fontane, che sono il vanto della villa, sono incastonate nella geometria dei giardini. A un primo sguardo, il visitatore percorrendo i sentieri, doveva percepire l’impressione di ordine geometrico, i sentieri conducevano alle grotte, contenenti scene di argomento mitologico, dinastico, eroico. Gli antichi torsi della collezione estense erano stati restaurati, cioè adattati a questo programma, e collocati nelle grotte. L’esempio meglio conosciuto di architettura programmatica è la cosiddetta Rometta, che compare nell’angolo in alto a destra dell’incisione […]. Si tratta della rappresentazione di un’antica Roma, con un Tevere in miniatura che scorre intorno ad un’isola. Alla figura di Roma, seduta su un trono al centro di un gruppo di rovine, corrisponde la grande figura seduta della Sibilla Tiburtina nella “fontana di Tivoli”; nella “fontana dell’Aniene” si trova a sua volta la figura reclinata del vicino fiume Aniene, dal quale proviene l’acqua per l’intera villa», (cfr. Marigliani VI.18).
Esemplare nel terzo stato di quattro, con l'imprint di G.D. De Rossi “Ioannes Dominicus de Rubeis Formis Romæ alla Pace”.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri. Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori stranieri - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori.
Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione.
Il rame è conservato alla Calcografia Nazionale (n. 1242; Grelle Iusco 1996, p. 407, n. 32-6).
Inventari: 1581b (“Giardino di Tiuoli di fol. Imp.lj”; Pagani 2008a, p. 15, r. 82); 1584 (“Il giardino di Tivoli”; Lincoln 2000, p. 185).
Bibliografia
B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 385, III/IV; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 109, III/IV; Coffin 2004, p. 85, 67; Hülsen 1921, n. 113; Lurin 2006, pp. 1213-1220, E 77; McGinniss, Mitchell 1976, n. 296; C. D’Onofrio, 1975
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Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)
Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.
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Bibliografia
B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 385, III/IV; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 109, III/IV; Coffin 2004, p. 85, 67; Hülsen 1921, n. 113; Lurin 2006, pp. 1213-1220, E 77; McGinniss, Mitchell 1976, n. 296; C. D’Onofrio, 1975
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Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)
Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.
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