Ricostruzione del Palazzo di Agrippa
Riferimento: | S45062 |
Autore | Monogrammista G.A. (Maestro del Trabocchetto) |
Anno: | 1530 ca. |
Misure: | 185 x 140 mm |
Riferimento: | S45062 |
Autore | Monogrammista G.A. (Maestro del Trabocchetto) |
Anno: | 1530 ca. |
Misure: | 185 x 140 mm |
Descrizione
Bulino, circa 1530/40, privo di data ed indicazioni editoriali.
Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con sottili margini, in perfetto stato di conservazione.
Veduta frontale della facciata del palazzo dell'imperatore Marco Agrippa, come indicato dall'iscrizione "Palatium M. Agrippa" in basso a sinistra. La facciata a bugnato è composta da tre piani coronati da un'attica con archi e piccole finestre rotonde. La facciata è divisa in quattro campate, ognuna con una finestra o una porta aperta verso l'esterno. Doppi pilastri dorici fiancheggiano le finestre. Lungo i lati e la sommità dell'edificio sono visibili danni. Non è chiaro se questa rappresentazione sia basata su un edificio specifico di Roma o se l'autore della stampa si sia affidato alla sua immaginazione, basandosi su una descrizione del palazzo in una fonte storica.
La stampa fa parte di un gruppo di stampe architettoniche che raffigurano edifici dell'antichità romana, dagli archi di trionfo alle terme, dai templi ai palazzi in Italia, Francia e Spagna. Alcuni edifici sono stati ricostruiti artificialmente sulla base di descrizioni medievali, mentre altri sono raffigurati nel loro stato di rovina. Le tavole sono note in diversi stati (non catalogati) e hanno subito piccole modifiche nel corso del tempo. Diversi titoli di edifici sono stati modificati e le tavole sono state ritagliate a causa di crepe e ossidazione.
Le opere sono dubitosamente attribuite al monogrammista G. A. detto anche Maestro del Trabocchetto o del Tribolo, attivo a Roma nella prima metà del secolo XVI. Si tratta di un incisore della cerchia di Marcantonio, autore di stampe di carattere storico e architettonico, alcune delle quali ristampate da Antonio Salamanca ed inserite nello Speculum Romanae Magnificentiae.
L’opera è formalmente parte dello Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
Nagler 1858-79 / Die Monogrammisten (II.2679.8).
Monogrammista G.A. (Maestro del Trabocchetto) (attivo a Roma nella prima metà del XVI secolo)
Il monogrammista G. A. detto anche Maestro del Trabocchetto o del Tribolo è attivo a Roma nella prima metà del secolo XVI. Si tratta di un incisore della cerchia di Marcantonio, autore di stampe di carattere storico e architettonico, alcune delle quali ristampate da Antonio Salamanca ed inserite nello Speculum Romanae Magnificentiae. È autore de Il vero disegnio in sul prorio luogho ritratto del infelice paese di Posuolo, del 1540 circa, nella cui lastra il monogramma G.A. è sormontato da una lancia a quattro punte.
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Monogrammista G.A. (Maestro del Trabocchetto) (attivo a Roma nella prima metà del XVI secolo)
Il monogrammista G. A. detto anche Maestro del Trabocchetto o del Tribolo è attivo a Roma nella prima metà del secolo XVI. Si tratta di un incisore della cerchia di Marcantonio, autore di stampe di carattere storico e architettonico, alcune delle quali ristampate da Antonio Salamanca ed inserite nello Speculum Romanae Magnificentiae. È autore de Il vero disegnio in sul prorio luogho ritratto del infelice paese di Posuolo, del 1540 circa, nella cui lastra il monogramma G.A. è sormontato da una lancia a quattro punte.
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