Claudii et Traiani Imp. Admirabilium Portuum Ostiensium...
Riferimento: | S45224 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1575 ca. |
Zona: | Porto di Claudio e Traiano |
Misure: | 700 x 410 mm |
Riferimento: | S45224 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1575 ca. |
Zona: | Porto di Claudio e Traiano |
Misure: | 700 x 410 mm |
Descrizione
Bulino, 1575, iscritto, firmato e datato nel cartiglio in basso a sinistra: CLAVDII. ET. TRAIANI. IMPP. / ADMIRABILIVM. POR TVVM / OSTIENSIVM ORTHOGRAPHA. / PER STEPHANVM DV PERACH / ARCHITECTVM / IVXTA. ANTIQVA VESTIGIA / ACCVRATISSIME. DELINEATA. // Ant. Lafreri exc. Romae 1575.
Ricostruzione del Porto di Claudio e Traiano ad Ostia, incisa da Etienne Duperac per l’editore Antonio Lafreri. Derivazione della ricostruzione di Pirro Ligorio, già interpretata da Antonio Labacco (1552) e da Giulio de Musi per l’editore Michele Tramezzini (1554).
Esemplare nel terzo stato di cinque, con le firme di Paolo Graziani e Pietro de Nobili (cfr. Bifolco/Ronca tav. 1165); tiratura databile al 1586.
Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio con stella” (cfr. Woodward nn. 158-171), rifilata al rame ai lati, con margini in alto e in basso, in ottimo stato di conservazione.
“L’incisione è tratta da un disegno di Pirro Ligorio che raffigura la città e il porto di Ostia voluto dall’imperatore Claudio ed ampliato dall’imperatore Traiano. Il porto fatto costruire da Claudio tra il 42 e il 46, aperto a ponente con la protezione di due moli, andò soggetto ad insabbiamenti, motivo per cui Traiano nel 103 lo restaurò facendo costruire un altro bacino ad Est. L’incisione riprende il tipo di stampe destinate a mostrare al grande pubblico la grandiosità delle costruzioni romane. La stampa ebbe un notevole successo, infatti, oltre a quella qui riprodotta da Giulio de Musi su disegno di Pirro Ligorio per i tipi di Michele Tramezzino, che si premunì del privilegio decennale sia della Serenissima che dello Stato Pontificio, si annoverano molte altre versioni. La prima del 1552 si deve ad Antonio Labacco, la seconda è quella qui proposta. La terza si deve ad Étienne Du Pérac, edita dal Lafréry nel 1575, la quarta è quella incisa dal Brambilla per Claude Duchet nel 1581” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).
“Alla morte del Lafreri (1577) la matrice venne ereditata da Stefano Duchetti, che la cedette a Paolo Graziani (inv. del 1581, n. 20 descritta come “Il porto d’austriaf.o Imperiale”). Successivamente venne acquisita da Pietro de Nobili (inv. 24 maggio 1585, n. 36, “El porto d’hostia imperaiale”). Sono note delle tirature di entrambi gli editori. Un’altra stesura, databile alla metà del ’600, è dovuta a Gian Giacomo de Rossi. L’opera è elencata nell’ultimo catalogo della tipografia de Rossi, redatto da Lorenzo Filippo nel 1735 (p. 20, n. 1 come “Porto Traiano nelle asua forma antica disegnato, e intagliato a bulino da Stefano du Perac in foglio imperiale per traverso”). Il fondo della calcografia de Rossi venne venduto da Lorenzo Filippo e confluì nella neonata Calcografia Camerale, della quale è nota l’ultima stesura della lastra” (cfr. Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, p. 2270).
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
Bifolco-Ronca, Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, 2018, pp. 2268-2269, tav. 1165 III/V; C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 25 A/b-c;; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 282, II/IV; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 52, III/V; cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. II.2; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).
Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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