Aviario di Marco Terenzio Varrone a Cassino

Riferimento: S45025
Autore Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI
Anno: 1558
Zona: Aviario di Marco Terenzio Varrone
Misure: 370 x 490 mm
1.200,00 €

Riferimento: S45025
Autore Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI
Anno: 1558
Zona: Aviario di Marco Terenzio Varrone
Misure: 370 x 490 mm
1.200,00 €

Descrizione

Bulino, 1558, titolato, firmato e datato in lastra in basso al centro ORNITHON / Siue / AVIARIVM / M. VARRO­NIS / PYRRO. LIGORIO. NEAP. INVE. / RO­MAE M. D. L. V. III. / Michaelis Tramezini formis / Cum priuile. Summi pont.

Riproduce l’uccelliera nella villa di Cassino di Marco Terenzio Varrone. Da un soggetto di Pirro Ligorio. Esemplare nell’unico stato conosciuto, stampato dalla tipografia di Michele Tramezzino.

Come sostiene Alessia Alberti “probabilmente la matrice non apparteneva a Lafrery dal momento che né risulta tra i beni ceduti da S. Duchet a P. Graziani, né doveva essere toccata a C. Duchet, che ne fece eseguire una copia da Ambrogio Brambilla nel 1581”.

Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stella a sei punte in una losanga iscritta in un cerchio” (cfr. Woodward nn. 289-290), rifilata al rame e con margini coevi aggiunti, in ottimo stato di conservazione.

“Pirro Logorio fu architetto, pittore, antiquario, studioso e scrittore d’arte che si appassionò all’archeologia mentre a Tivoli, durante i lavori alla villa estense commissionatagli dal cardinale Ippolito II d’Este, contemporaneamente dirigeva gli scavi di Villa Adriana. L’esperienza maturata a Tivoli gli fornì l’occasione per il trattato sulle Antichità di Roma, edito nel 1553. In questa stampa Ligorio mette in immagini l’uccelliera (in greco ornithon, in latino aviarium) che M.T. Varrone possedeva a Casinum (oggi Cassino) e che lui stesso descrive minutamente nel libro terzo del De Re Rustica (da cui la stampa riprende termini e misure). Varrone (116-27 a.C.) iniziò un nuovo costume nei confronti degli animali considerandoli, non più soltanto come destinati alla tavola, bensì come decoro di ville dove intrattenere i propri ospiti. La sua puntigliosa distinzione tra uccelliere in vista di profitto o, invece, di svago e di contemplazione, ha fatto pensare però che con le seconde egli voglia tratteggiare il suo ideale di vita civica e con le prime voglia invece fustigare la decadenza della vita pubblica negli ultimi decenni della Roma repubblicana. Nella stampa, dove dell’uccelliera piuttosto si notano le reti che nella villa cassinese di Varrone tenevano in cattività gli uccelli, Pirro Ligorio ha solo un interesse antiquario, documentario e archeologico” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 36/b; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 297; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. A.121; cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. II.36; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI

Michele Tramezzino, divenuto ormai famoso, nella città lagunare si presentava come stampatore e mercante di libri specializzato in opere cartografiche, a Roma era conosciuto solo come editore. A metà del XVI secolo Michele iniziò a stampare vedute architettoniche e carte geografiche che immise nel mercato romano, con la sottoscrizione “ Michaelis Tramezini Formis” che lo indicava come unico proprietario dei rami. Le sue carte presentando l’indicazione del privilegi Pontifici e del Senato Veneto, potevano essere vendute sia nella bottega veneziana sia in quella romana; purtroppo non sempre fu possibile evitare la concorrenza, infatti l’Olanda incisa da Jacob Bos nel 1556, ristampata nel 1558, fu successivamente copiata e incisa da Forlani e pubblicata a Venezia da Camocio nel 1563. Tra il 1552 e il 1563 vengono pubblicate sei vedute di architettura , Circo Massimo inciso da Beatricetto nel 1552 e 1553, Porta di Traiano incisa da Giulio de Musi nel 1558, le Therme Dioclitiane incise da Bos; diverse carte geografiche, vedute di città ed un mappamondo. Tra le carte geografiche, una carta della Germania del 1553, il Mappamondo del 1554 inciso da Giulio de Musi, il Regno di Napoli di Pirro Ligorio inciso da Sebastiano di Re , la Francia entrambe del 1558. Nel 1561 viene pubblicata l’unica carta con l’execudit dei fratelli Tramezzino, l’Antiqua Urbis Imago, incisa da Jacob Bos in 12 fogli. Nell’anno successivo, probabilmente anno della morte di Francesco, Michele decide la separazione dei beni del fratello. Nel 1563, dopo la pubblicazione della carta del Friuli di Pirro Logorio, incisa da Sebastiano di Re “con le forme di M. Michele Tramezzino”, Michele si dedica esclusivamente all’attività di libraio, tipografo ed editore a Venezia “ all’insegna della Sibilla” , abbandonando completamente l’attività cartografica. Michele Tramezzino muore nel 1582.

Francesco & Michele TRAMEZINO o TRAMEZINI

Michele Tramezzino, divenuto ormai famoso, nella città lagunare si presentava come stampatore e mercante di libri specializzato in opere cartografiche, a Roma era conosciuto solo come editore. A metà del XVI secolo Michele iniziò a stampare vedute architettoniche e carte geografiche che immise nel mercato romano, con la sottoscrizione “ Michaelis Tramezini Formis” che lo indicava come unico proprietario dei rami. Le sue carte presentando l’indicazione del privilegi Pontifici e del Senato Veneto, potevano essere vendute sia nella bottega veneziana sia in quella romana; purtroppo non sempre fu possibile evitare la concorrenza, infatti l’Olanda incisa da Jacob Bos nel 1556, ristampata nel 1558, fu successivamente copiata e incisa da Forlani e pubblicata a Venezia da Camocio nel 1563. Tra il 1552 e il 1563 vengono pubblicate sei vedute di architettura , Circo Massimo inciso da Beatricetto nel 1552 e 1553, Porta di Traiano incisa da Giulio de Musi nel 1558, le Therme Dioclitiane incise da Bos; diverse carte geografiche, vedute di città ed un mappamondo. Tra le carte geografiche, una carta della Germania del 1553, il Mappamondo del 1554 inciso da Giulio de Musi, il Regno di Napoli di Pirro Ligorio inciso da Sebastiano di Re , la Francia entrambe del 1558. Nel 1561 viene pubblicata l’unica carta con l’execudit dei fratelli Tramezzino, l’Antiqua Urbis Imago, incisa da Jacob Bos in 12 fogli. Nell’anno successivo, probabilmente anno della morte di Francesco, Michele decide la separazione dei beni del fratello. Nel 1563, dopo la pubblicazione della carta del Friuli di Pirro Logorio, incisa da Sebastiano di Re “con le forme di M. Michele Tramezzino”, Michele si dedica esclusivamente all’attività di libraio, tipografo ed editore a Venezia “ all’insegna della Sibilla” , abbandonando completamente l’attività cartografica. Michele Tramezzino muore nel 1582.