Vittoria di Scipione contro Siface & Trionfo di Scipione
Riferimento: | S45041 |
Autore | Maestro B nel Dado |
Anno: | 1535 ca. |
Misure: | 255 x 440 mm |
Riferimento: | S45041 |
Autore | Maestro B nel Dado |
Anno: | 1535 ca. |
Misure: | 255 x 440 mm |
Descrizione
Coppia di incisioni al bulino, 1530/35 circa, firmate in basso con il monogramma della B nel dado; imprint all’angolo inferiore destro ANT. LAFRERII FORMIS.
Da un disegno di scuola di Raffaello Sanzio, ispirato da bassorilievi della Colonna Traiana, probabilmente della mano di Giulio Romano.
Esemplari nel terzo stato di cinque, pubblicati da Lafreri e con l’aggiunta dell’iscrizione latina in basso: Sumptum ex fragmentis antiquitatum Romae. Le lastre vennero successivamente ristampate da Pietro de Nobili e Philippe Thomassin.
Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva con filigrana “tulipani nello scudo con stella” (cfr. Woodward nn. 124-125), con margini, in eccellente stato di conservazione.
“Comunemente assegnata a Raffaello, deriva da un disegno di scuola ispirato al repertorio archeologico come è scritto negli esemplari di terzo stato, forse di mano di Giulio Romano che “imparò tanto dalle colonne antiche di Traiano e Antonino che sono in Roma (Vasari); stilisticamente in relazione con le storie di Scipione per Francesco I. In particolare, si osservi il soldato in primo piano seduto sul cavallo con l’analoga figura che appare nell’arazzo della Battaglia di Zama […] La stampa fa pendant al Trionfo, anch’esso considerato invenzione di Raffaello” (cfr. Massari, Raphael invenit).
Le opere appartengono allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. Le lastre figurano nell'Indice del Lafreri al n. 256, descritte come Due battaglie cauate da framenti antichi.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), nn. 78-79; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), nn. 350-351, III/V; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), nn. 86-87, III/V; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. V.2; cfr. D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996); Bartsch XV, p. 225 nn. 73-74; Massari Raphael invenit (1985), p. 238, nn. 9-11.
Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)
Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor.
Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.
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Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)
Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor.
Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.
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