Campidoglio
Riferimento: | S45057 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1569 |
Zona: | Piazza del Campidoglio |
Misure: | 545 x 380 mm |
Riferimento: | S45057 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1569 |
Zona: | Piazza del Campidoglio |
Misure: | 545 x 380 mm |
Descrizione
Acquaforte, 1569, titolata, firmata e datata in alto: CAPITOLII SCIOGRAPHIA EX IPSO EXEMPLARI MICHAELIS ANGELI BONAROTI A STEPHANO DVPERAC PARISIENSI ACCVRATE DELINEATA ET IN LVCEM AEDITA ROMAE ANNO SALUTATIS ∞ DLXIX [Sciografia del Campidoglio delineata dal parigino Stefano du Pérac in base allo stesso esemplare di Michelangelo Buonarroti, pubblicata a Roma nell’anno 1569].
Esemplare nel primo stato di cinque per Rubach (primo di due per Alberti), avanti l’indirizzo di Claudio Duchetti. Rubach descrive le successive ristampe curate da Giovanni Orlandi e Hendrick van Schoel.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “tulipani in scudo con stella” (cfr. Woodward nn. 124-125), rifilata al rame e con margini coevi aggiunti, in eccellente stato di conservazione.
Questa tavola incisa da Etienne Duperac per Lafreri nel 1569, deriva dall’analoga incisione che l’incisore francese realizza l’anno prima (1568) per l’editore Bartolomeo Faleti (cfr. Marigliani n. VI.5). Nella seconda ristampa di Claudio Duchetti (databile al 1581-85) vengono aggiunti sulla balaustra della terrazza i Trofei di Mario.
“La pubblicazione delle opere architettoniche che Michelangelo realizzava all’interno della Città Eterna veniva pubblicizzata attraverso una serie di incisioni per iniziativa della sua cerchia ristretta: Calcagni, Vasari e de’ Cavalieri. Proprio Tiberio Calcagni ebbe l’incarico di preparare le stampe da pubblicare. Ma dopo l’insuccesso editoriale della prima incisione la Cappella del re di Francia in San Pietro per i tipi di Vincenzo Luchino nel 1564 l’impresa venne raccolta da Étienne Du Pérac che la realizzò per i tipi di Antonio Lafréry che aveva una grande capacità commerciale. Du Pérac come per le incisioni di San Pietro anche in quelle del Campidoglio si basa approssimativamente sulle idee di Michelangelo. «Senza dubbio, le incisioni difficilmente possono essere considerate un’esatta riproduzione di un disegno di mano di Michelangelo; a quel che sappiamo, egli non diede mai corpo alle sue idee in un disegno definitivo per alcuno dei suoi edifici. Dupérac tentò certamente di combinare le parti riconoscibili degli edifici ancora incompiuti con ciò che aveva saputo o immaginato delle intenzioni di Michelangelo, ovviamente restituendo in modo corretto le caratteristiche principali del progetto». Le statue collocate sopra la balaustra avevano la finalità di trasmettere un messaggio propagandistico, che tramandasse insieme la passione del collezionismo e il collegamento con la grandezza della storia della Città Eterna. In questa incisione mancano i cosiddetti trofei di Mario, aggiunti nelle successive varianti” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. La lastra figura nell'Indice del Lafreri al n. 267, descritta come Dissegno del Campi¬doglio nuouo architettura di Mich. Ang.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 91; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 364, I/V; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. A. 144, I/II; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VI.6, I/II; cfr. D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).
Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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