Obelisco Vaticano

Riferimento: S44853
Autore Sebastiano del RE
Anno: 1550 ca.
Zona: Obelisco Vaticano
Misure: 300 x 500 mm
Non Disponibile

Riferimento: S44853
Autore Sebastiano del RE
Anno: 1550 ca.
Zona: Obelisco Vaticano
Misure: 300 x 500 mm
Non Disponibile

Descrizione

Bulino, circa 1550/60, privo di firma ed indicazioni editoriali.

Copia in controparte (o originale dalla quale è stata tratta la copia) della rarissima, anonima, stampa posseduta dal British Museum

https://www.britishmuseum.org/collection/object/P_1925-0728-29

e dal Metropolitan Museum

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/395102

descritta da Huelsen (n. 32/b) e illustrata in Marigliani (p. 147). Il nostro esemplare, al contrario, sembra essere sconosciuto alla letteratura sullo Speculum. Ad un primo esame – essendo speculare ma molto simile - si può confondere con una controprova; tuttavia, una più attenta lettura della stampa evidenzia differenze nella matrice, confermando che i due fogli sono frutto l’uno di copia dell’altro.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “pellegrino nel cerchio” (difficilissima lettura ma sembrerebbe quella descritta da Woodward, nn. 2-15), con margini, piega di stampa obliqua nella parte superiore sinistra, due interventi di restauro perfettamente eseguiti lungo il margine destro, per il resto in ottimo stato di conservazione.

“L’obelisco vaticano è, a Roma, il secondo per grandezza dopo l’obelisco Lateranense. Plinio il Vecchio riferisce che fu da Caligola trasportato a Roma con una nave di eccezionale grandezza, successivamente affondata da Claudio per edificare un molo del porto di Ostia, informazione che è stata confermata da ricognizioni archeologiche. Attualmente la base su cui si eleva l’obelisco, è decorata con i leoni e con l’aquila di Innocenzo XIII (1721-1724). Una delle più antiche rappresentazioni dell’obelisco vaticano si deve a Ciriaco d’Ancona che nel 1450 ca. lo ritrasse circondato da edifici fantastici. Sebastiano Serlio lo definisce «di pietra egittia, in cima del quale si dice essere la cenere di Gaio Cesare». Per il trasporto dell’obelisco vennero presentati al papa sette diversi progetti: di Ilarione Ruspoli, Giacomo della Porta, Giovanni Fontana, Francesco Tribaldesi, Bartolomeo Ammannati, Giacomo del Duca e Domenica Fontana. Quest’ultimo venne prescelto e riuscì nell’impresa in 133 giorni e con la spesa «di soli 38.172 scudi». Secondo quanto riferisce il Mercati «quest’obelisco ha avuto miglior sorte di tutti gli altri di Roma: perciocché dell’erettione di Cajo imperatore fino alla nuova erettione di Sisto V, solo si è conservato intiero» […] L’incisione riprende il viottolo che conduceva all’obelisco vaticano, l’unico che si è conservato intatto essendo sempre rimasto eretto sino a quando Sisto V (1585-1590) lo fece collocare al centro della piazza di San Pietro nel 1586. Fu Caligola a farlo trasportare dall’Egitto nel 37 d.C. facendo costruire la monumentale nave che lo trasportò sino a Roma e che fu poi affondata nel porto di Ostia. Sullo sfondo si vede l’edificio denominato Rotonda di Sant’Andrea e successivamente Santa Maria della Febbre. La piazzetta sulla quale sorgeva l’obelisco venne chiamata dei Protomartiri. Il globo al vertice del monolite, che si credeva contenesse le ceneri di Giulio Cesare, all’epoca dello spostamento venne rimosso e collocato su una colonna della balaustra del Campidoglio dove rimase fino al 1850” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).

Alcune ipotesi; sebbene anonima, l’incisione potrebbe essere di una tipografia rivale del Lafreri e Salamanca, e appartenere al gruppo delle prime opere della tipografia di Francesco e Michele Tramezzino, probabilmente incisa da Sebastiano dal Re. Analogie nella rappresentazione del cielo con il modo ondoso di questa mappa da Creta da lui firmata, ci sembrano evidenti

https://www.antiquarius.it/it/creta/4766-candido-lectori-haec-est-illa-insignis-insula-creta-in-medio-ponto-sita-centum-urbibus-clara-ab-incolis-iam-curete-dict.html

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006)m Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto. 

Opera di incredibile rarità. 

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 32/b; Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); cfr. B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016); cfr. A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010); Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. IV.2; cfr. D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Sebastiano del RE (Attivo a Roma tra il 1550 e il 1565)

Sono poche le notizie che si hanno di Sebastiano di Re, incisore di Chioggia, attivo a Roma tra il 1550 e il 1565. Nel 1560 fu ammesso alla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, la sua attività incisoria fu molto intensa tra il 1557 ed il 1563, firmando le sue carte “Sebastianus a Regibus Clodiensis in aere incidebat” ovvero “Sebastiano dà Re di Chioggia intagliava in rame”. Nel 1557 di Re incise, da Michelangelo, il San Gerolamo seduto, e Roma con le forti, una pianta di Roma copiata dal Beatricetto (ristampata dall’Orlandi nel 1602). In questo periodo di attività intensa, incise per conto dell’editore Francesco Salamanca una carta della Grecia del Sofiano (1553), lavorò molto con l’editore Michele Tramezzino, per il quale incise alcune carte di Pirro Logorio, tra cui il Belgio (1558), il Regno di Napoli (1557 e 1558). Nel 1561 incise la carta Roma di Giovanni Antonio Dosio, edita da Bartolomeo Faleti, e il Portogallo, tratto da una carta di Fernando Alvares Seco, edita dal Tramezzino.

Sebastiano del RE (Attivo a Roma tra il 1550 e il 1565)

Sono poche le notizie che si hanno di Sebastiano di Re, incisore di Chioggia, attivo a Roma tra il 1550 e il 1565. Nel 1560 fu ammesso alla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, la sua attività incisoria fu molto intensa tra il 1557 ed il 1563, firmando le sue carte “Sebastianus a Regibus Clodiensis in aere incidebat” ovvero “Sebastiano dà Re di Chioggia intagliava in rame”. Nel 1557 di Re incise, da Michelangelo, il San Gerolamo seduto, e Roma con le forti, una pianta di Roma copiata dal Beatricetto (ristampata dall’Orlandi nel 1602). In questo periodo di attività intensa, incise per conto dell’editore Francesco Salamanca una carta della Grecia del Sofiano (1553), lavorò molto con l’editore Michele Tramezzino, per il quale incise alcune carte di Pirro Logorio, tra cui il Belgio (1558), il Regno di Napoli (1557 e 1558). Nel 1561 incise la carta Roma di Giovanni Antonio Dosio, edita da Bartolomeo Faleti, e il Portogallo, tratto da una carta di Fernando Alvares Seco, edita dal Tramezzino.