IANI QVADRIFRONTIS TEMPLUM ROMAE IN FORO BOARIO
Riferimento: | S45255 |
Autore | Tommaso BARLACCHI |
Anno: | 1550 |
Zona: | Arco di Giano |
Misure: | 345 x 450 mm |
Riferimento: | S45255 |
Autore | Tommaso BARLACCHI |
Anno: | 1550 |
Zona: | Arco di Giano |
Misure: | 345 x 450 mm |
Descrizione
Bulino, 1550, firmato e datato in basso a destra: THOMA BARLACCHI EXCUDEBAT MDL.
Attribuita da Passavant a Nicolas Beatrizet. Esemplare nel terzo stato di tre, con l’indirizzo di Hendrick van Schoel.
Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “giglio nel cerchio con corona” (cfr. Woodward nn. 103-107), con margini, in eccellente stato di conservazione.
Iscritto in basso al centro: «IANI QVADRIFRONTIS TEMPLUM ROMAE IN FORO BOARIO» [Tempio di Giano bifronte, a Roma nel Foro Boario].
L’arco fu fatto erigere nel quarto secolo d.C. da Costantino, o più probabilmente da Costanzo II, presso il Tevere, nell’antico mercato del bestiame o Foro Boario. Il grande arco a quattro facciate è in muratura rivestita di lastre di marmo, con nicchie ricavate per accogliere altrettante statue. «Ha quattro aperture come dimostra la pianta qui sotto, e fra l’un pilastro e l’altro sono palmi XXII. Intorno questo portico ci sono XVIII, nicchi, nódimeno ce ne sono solamente XVI, per locare statue, tutti gli altri sono finti, cioè poco cauati nel muro, i quali nicchi erano ornati di colonnelle di basso rilievo per quanto si comprende, & erano di ordine Ionico, ma è tutto spogliato di tali ornamenti» (Sebastiano Serlio, 1567). L’attico che si vede nella stampa del Lafreri fu demolito nel 1827 perché ritenuto di epoca successiva.
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006)m Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 4b; cfr. B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 260; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. III.3; S. Serlio (1562); Passavant, VI.120.118).
Tommaso BARLACCHI (attivo 1541 - 50)
Incisore e editore attivo a Roma dopo il sacco del 1527. Dopo che la bottega del più celebre incisore italiano del tempo, Marcantonio Raimondi, era stata messa a soqquadro dalla soldataglia del duca di Borbone, Barlacchi si adoperò, in gara con Antonio Salamanca, per ridar vita a un'arte già illustre e all'industria che intorno ad essa era fiorita, ricercando e restaurando i rami dispersi o danneggiati e richiamando gli intagliatori e gli stampatori alla loro attività. Inoltre, fu il primo ad aver valorizzato un intagliatore di eccezionale talento come Enea Vico, al quale anzi si vuole che abbia insegnato a maneggiare il bulino. Barlacchi fu affiancato nella sua attività dal figlio Francesco, ma il suo fondo di rami incisi fu assorbito in seguito dal più grande dei mercanti di stampe del Cinquecento, Antonio Lafrery, e dai suoi seguaci che ne includero alcuni anche nelle diverse edizioni dello Speculum Romanae Magnificentiae.
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Tommaso BARLACCHI (attivo 1541 - 50)
Incisore e editore attivo a Roma dopo il sacco del 1527. Dopo che la bottega del più celebre incisore italiano del tempo, Marcantonio Raimondi, era stata messa a soqquadro dalla soldataglia del duca di Borbone, Barlacchi si adoperò, in gara con Antonio Salamanca, per ridar vita a un'arte già illustre e all'industria che intorno ad essa era fiorita, ricercando e restaurando i rami dispersi o danneggiati e richiamando gli intagliatori e gli stampatori alla loro attività. Inoltre, fu il primo ad aver valorizzato un intagliatore di eccezionale talento come Enea Vico, al quale anzi si vuole che abbia insegnato a maneggiare il bulino. Barlacchi fu affiancato nella sua attività dal figlio Francesco, ma il suo fondo di rami incisi fu assorbito in seguito dal più grande dei mercanti di stampe del Cinquecento, Antonio Lafrery, e dai suoi seguaci che ne includero alcuni anche nelle diverse edizioni dello Speculum Romanae Magnificentiae.
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