Antiqua species urbium portus atque Ostiae...

Riferimento: S45010
Autore Bolognino ZALTIERI
Anno: 1565 ca.
Zona: Porto di Claudio e Traiano ad Ostia
Misure: 690 x 385 mm
Non Disponibile

Riferimento: S45010
Autore Bolognino ZALTIERI
Anno: 1565 ca.
Zona: Porto di Claudio e Traiano ad Ostia
Misure: 690 x 385 mm
Non Disponibile

Descrizione

Bulino, 1565/70 circa, firmato in basso a sinistra: Bolognini Zalterij Formis.

Iscritto nel cartiglio in alto a destra: ANTIQVA SPECIES VRBIVM PORTVS ATQVE OSTIÆ AB DIVERSIS RO[MANIS] IMP[ERATORIBVS] CONDITARVM ITEM DVOR[VM] AMPLISS[IMORVM] PORTVVM CLAVDII TRAIANIQ[VE] DESCRIPTIO PER PYRRHVM LIGORIVM NEAPOLITANVM FACTA.

Ricostruzione del Porto di Claudio e Traiano ad Ostia, pubblicata a Venezia dall’editore Bolognino Zaltieri. Deriva – copia in controparte – dall’incisione di Giulio de Musi per l’editore Michele Tramezzini, stampata a Roma nel 1554.

L’opera dello Zaltieri è probabilmente realizzata allo scadere del privilegio decennale sia della Serenissima che dello Stato Pontificio, concesso a Michele Tramezzini per l’analoga stampa incisa da Giulio de Musi e pubblicata nel 1554. La tavola, rarissima, viene descritta dal solo Huelsen (p. 147, n. 25/A); conosciamo solo i 2 esemplari della collezione di Thomas Ashby nella Bibliteca Apostolica Vaticana [Riserva.S.7(30) e Stampe.VI.3(1)].

Magnifica prova, ricca di toni impressa su carta vergata coeva con filigrana “corona con stella” (cfr. Woodward nn. 265-267), rifilata al rame e con margini coevi aggiunti, in ottimo stato di conservazione.

L’incisione è tratta da un disegno di Pirro Ligorio che raffigura la città e il porto di Ostia voluto dall’imperatore Claudio ed ampliato dall’imperatore Traiano. Il porto fatto costruire da Claudio tra il 42 e il 46, aperto a ponente con la protezione di due moli, andò soggetto ad insabbiamenti, motivo per cui Traiano nel 103 lo restaurò facendo costruire un altro bacino ad Est. L’incisione riprende il tipo di stampe destinate a mostrare al grande pubblico la grandiosità delle costruzioni romane.

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 25/A; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); cfr. B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 282; cfr. A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 52; cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. II.2; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Bolognino ZALTIERI(Attivo a Venezia nel 1566)

Bolognino ZALTIERI(Attivo a Venezia nel 1566)