Imp. Caes. Lucio Septimio...

Riferimento: S45360
Autore Claudio DUCHET (Duchetti)
Anno: 1583
Zona: Settimio Severo
Misure: 365 x 430 mm
750,00 €

Riferimento: S45360
Autore Claudio DUCHET (Duchetti)
Anno: 1583
Zona: Settimio Severo
Misure: 365 x 430 mm
750,00 €

Descrizione

IMP. CAES. LVCIO. SEPTIMIO. M. FIL. SEVE­RO. PIO. PERTINACI. AVG. PATRI. PATRIAE. PARTHICO. ARABICO. ET. / PARTHICO. ADI­ABENICO. PONTIF. MAXIMO. TRIBVNIC. POTEST. XI IMP. XI. COS. III. PROCOS. ET. / IMP. CAES. M. AVRELIO. L. FIL. ANTONINO. AVG. PIO. FELICI. TRIBVNIC. POTEST. VI. COS. PROCOS. P. P. OPTIMIS. FORTISSIMIS. QVE. PRINCIPIBVS. / OB REM PVBLICAM RESTITVTAM IMPERIVM QVE POPVLI RO­MANI PROPAGATVM / INSIGNIBVS VIRT­VTIBVS EORVM DOMI FORIS QVE S P Q R”.

Bulino, 1583, firmato e datato in basso a destra: « ROMAE CLAVDII DVCHETI FORMIS 1583».

Esemplare nel terzo stato di tre, con l’imprint di Hendrick van Schole in basso a destra inciso sopra quello, abraso, di Giovanni Orlandi.

Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio con stella” (cfr. Woodward n. 172), con pieni margini, in ottimo stato di conservazione.

Lastra incisa probabilmente da Ambrogio Brambilla per Claudio Duchetti. Si tratta di una delle tavole aggiunte allo Speculum da Duchetti. La divisione ereditaria della tipografia Lafreri assegnò il rame relativo all’Arco di Settimio Severo al fratello Stefano, costringendo Claudio a far incidere una nuova lastra per il soggetto, probabilmente da Ambrogio Brambilla. Questo esemplare di terzo stato, che vede il nome dell’editore van Schoel inciso sopra il precedente di Giovanni Orlandi, è databile a circa il 1614, anno in cui il fiammingo acquistò la tipografia Orlandi. 

“L’imponente Arco di Settimio Severo, a tre fornici, risale al 203 d.C., come si ricava dall’iscrizione. Realizzato in travertino e mattoni, l’arco è rivestito di marmo ed è ornato da quattro colonne composite. Originariamente sull’attico del monumento campeggiava una quadriga bronzea e gruppi statuari, anch’essi in bronzo. Nel Cinquecento era in parte sepolto, come tramanda Sebastiano Serlio: «Questo arco al presente è sepolto fin sopra i piedistalli, ma fu cavato una parte per misurarlo, ne però si poté misurare la base del piedistallo, per essere sepolta fra molte ruine difficili a muoverle». Stando così le cose, il Serlio non può aver fornito rilievi esatti per questo come per gli altri archi antichi che si trovavano nelle stesse condizioni. Bisogna sottolineare che il Lafréry fu tra i primi ad editare l’Arco di Settimio Severo pochi giorni dopo che era stata sgombrata la parte bassa del monumento, ma si disinteressò delle misure” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 13/c; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. III.8; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))

Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.

Claudio DUCHET (Duchetti) (Attivo a Roma nella seconda metà del XVI sec.))

Claude Duchet (o Claudio Duchetti), editore, tipografo, incisore nacque ad Argelet, la madre era la sorella del famoso editore Antoine Lafrèry. Editore, stampatore e mercante di incisioni a Roma dal 1577, lavorò in società con il nipote Etienne. La loro importanza nel panorama dell'incisione italiana della fine del XVI secolo è legata alla sorte toccata alla grande bottega di Lafréry in via di Parione (oggi via del Governo Vecchio) a Roma, dopo la morte di quest'ultimo nel 1577. Non essendovi testamento né eredi diretti, l'ingente eredità passò ai Duchet quali parenti più prossimi. Il Duchetti morì a Roma il 9 dicembre del 1585, e i rami della bottega passarono prima a quella di Giovanni Orlandi, in piazza Pasquino, poi a H. Van Schoel, per confluire infine nella raccolta delle due case di stampa dei De' Rossi all'inizio del XVII secolo. Duchet ha il merito di aver inserito nel mercato nuove carte geografiche e piante di città alcune incise anche da lui. Le carte del Duchet solitamente erano firmate in lastra con la scritta ”Claudii Ducheti formis”, in altre con orgoglio le firmava “quondam Antonii Lafreiri nepos”.