FACCIATA DE S PIETRO IN VATICANO
Riferimento: | S45361 |
Autore | Giovanni MAGGI |
Anno: | 1608 |
Zona: | San Pietro |
Misure: | 540 x 390 mm |
Riferimento: | S45361 |
Autore | Giovanni MAGGI |
Anno: | 1608 |
Zona: | San Pietro |
Misure: | 540 x 390 mm |
Descrizione
Acquaforte e bulino, 1608, firmata e datata in basso a sinistra [Io]annes [M]aggius [R]omanus [In]cideba A. D. [M]. DC. VIII.
Iscritto al centro: ANNO DOMINI MDCVII. PAVLVS V BORGHESIVS ROMANVS PONT. MAX. PONT. III.
Iscritto in basso: FACCIATA DE S PIETRO IN VATICANO.
Esemplare nel terzo stato (di tre), con l’imprint di Hendrick van Schoel aggiunto in basso a destra sopra abrasione del precedente indirizzo di Giovanni Orlandi.
Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “scudo con santo inginocchiato” (cfr. Woodward n. 25), con sottili margini, lievi abrasioni al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Questa rarissima incisione raffigura il progetto di Carlo Maderno per la facciata di San Pietro, che la letteratura (cfr, Hibbard, 1970) data a circa il 1607.
Nel luglio 1603 il Maderno e G. Fontana furono chiamati a succedere a Della Porta nella direzione del cantiere della Fabbrica di S. Pietro. Nel 1605, poco dopo la sua elezione, Paolo V, aderendo alla decisione della congregazione cardinalizia, ordinò la distruzione dell'antico corpo, demolizione che iniziò il 29 marzo 1606, e bandì il concorso a inviti per la trasformazione a croce latina del progetto michelangiolesco. Fra tutti venne scelto il progetto del Maderno e un modello ligneo molto elaborato fu subito dopo realizzato da Giuseppe Bianchi da Narni.
Le complesse vicende costruttive relative agli interventi del Maderno in S. Pietro sono state ricostruite da Hibbard attraverso l'analisi dei disegni e dei documenti. Una prima serie di progetti elaborata dal Maderno è testimoniata dai fogli conservati agli Uffizi; il più vicino a quanto effettivamente realizzato, si compone di due fogli, quello superiore raffigura la pianta michelangiolesca, quello inferiore il progetto del Maderno, con il prolungamento della navata, le cappelle laterali e il portico. La soluzione delineata in quest'ultimo foglio deve essere stata molto simile a quella che servì da base per il modello ligneo di Bianchi, il che ha fatto supporre a Hibbard di poter considerare l'aprile 1607 il terminus ante quem per la datazione del disegno (il modello fu infatti eseguito tra l'aprile e il novembre del 1607; il primo pagamento a Bianchi è dell'aprile 1607).
Delle diverse fasi del progetto per la facciata rimangono alcune testimonianze, tra cui un disegno, derivato da questa incisione di Giovanni Maggi e conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, in cui vediamo una soluzione simile a quella effettivamente realizzata.
https://collections.vam.ac.uk/item/O735058/facciata-di-s-pietro-in-architectural-drawing-unknown/
Dopo aver progettato la facciata il Maderno fu incaricato di aggiungere i campanili, non come li aveva originariamente concepiti (sopra le cappelle orientali), ma come torri ai fianchi della facciata.
Il prospetto finale è documentato da un'incisione di Mattheus Greuter, della metà del 1613, che restituiscono in maniera sostanzialmente esatta il progetto del Maderno.
Questa incisione di Giovanni Maggi sembra essere di estrema rarità; oltre all’esemplare della collezione di Cassiano dal Pozzo (Londra, British Library, Templa Diversa Romae, documentato da Mc Donald, privo della parte inferiore), non abbiamo trovato altri esemplari “istituzionali”.
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
Nicoletta Marconi, Carlo Maderno in S. Pietro. Organizzazione e tecniche del cantiere per ilcompletamento della basilica di San Pietro in Vaticano, in “Svizzeri a Roma”, a cura di G. Mollisi, “Arte e Storia a Roma”, Lugano 2007. vol. 35, pp. 88-107; M. Mc Donald, The Print Collection of Cassiano da Pozzo, Architecture, Topography and Military Maps, vol. one, p. 69, n. 1725; H. Hibbard, Borromini e Maderno., in Studi sul Borromini. Atti del Convegno promosso dall'Acc. naz. di S. Luca, I, Roma 1970, pp. 499-503; Maria Cristina Loi, Carlo Maderno, in “Dizionario Biografico degli Italiani” - Volume 67 (2006); cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).
Nato intorno al 1566, probabilmente a Roma, è ricordato da Giovanni Baglione come "dipintore, et intagliatore all'acqua forte", "virtuoso in diverse materie; et intendente anche d'architettura" con una "vena di Poesia in cose burlesche". Non si conosce nulla della sua formazione artistica, maturata durante il pontificato di Sisto V (1585-90) forse a contatto con un intagliatore straniero, e assai scarse sono anche le notizie relative alla biografia.
Dai documenti conservati presso l'Archivio dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon, risulta inoltre che il 9 genn. 1611 il M. fu ammesso, in qualità di pittore e su presentazione di Durante Alberti, alla Congregazione di S. Giuseppe, a riprova del pieno riconoscimento del suo status di artista. La sua produzione di incisioni, mostra la predilezione per le vedute urbane e le rappresentazioni architettoniche: 1608 Edifizi antichi e moderni di Roma e la Facciata di S. Pietro; la veduta dell'interno di S. Pietro con la canonizzazione di Carlo Borromeo; i disegni per le trenta Stampe colle pitture e statue degli altari di diverse chiese di Roma e per la grande pianta prospettica di Roma, intagliate da Matteo Greuter e stampate da Paolo Maupin. Ma il Maggi, a testimonianza del suo temperamento eclettico, fu anche autore di un'opera assai singolare: si tratta di una raccolta di tavole suddivisa in 4 volumi con la rappresentazione di numerose fogge di bicchieri caratterizzati da stili compositi, forme insolite e stravaganti, con infinite variazioni sul tema. Intorno all'inizio del terzo decennio del secolo, forse mentre lavorava ancora alla grande pianta della città, il Maggi morì, a Roma, in ristrettezze economiche, "con poca comodità, sopra il corso de gli anni cinquanta" (Baglione, p. 394).
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Nato intorno al 1566, probabilmente a Roma, è ricordato da Giovanni Baglione come "dipintore, et intagliatore all'acqua forte", "virtuoso in diverse materie; et intendente anche d'architettura" con una "vena di Poesia in cose burlesche". Non si conosce nulla della sua formazione artistica, maturata durante il pontificato di Sisto V (1585-90) forse a contatto con un intagliatore straniero, e assai scarse sono anche le notizie relative alla biografia.
Dai documenti conservati presso l'Archivio dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon, risulta inoltre che il 9 genn. 1611 il M. fu ammesso, in qualità di pittore e su presentazione di Durante Alberti, alla Congregazione di S. Giuseppe, a riprova del pieno riconoscimento del suo status di artista. La sua produzione di incisioni, mostra la predilezione per le vedute urbane e le rappresentazioni architettoniche: 1608 Edifizi antichi e moderni di Roma e la Facciata di S. Pietro; la veduta dell'interno di S. Pietro con la canonizzazione di Carlo Borromeo; i disegni per le trenta Stampe colle pitture e statue degli altari di diverse chiese di Roma e per la grande pianta prospettica di Roma, intagliate da Matteo Greuter e stampate da Paolo Maupin. Ma il Maggi, a testimonianza del suo temperamento eclettico, fu anche autore di un'opera assai singolare: si tratta di una raccolta di tavole suddivisa in 4 volumi con la rappresentazione di numerose fogge di bicchieri caratterizzati da stili compositi, forme insolite e stravaganti, con infinite variazioni sul tema. Intorno all'inizio del terzo decennio del secolo, forse mentre lavorava ancora alla grande pianta della città, il Maggi morì, a Roma, in ristrettezze economiche, "con poca comodità, sopra il corso de gli anni cinquanta" (Baglione, p. 394).
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