Dißigno del Torneame[n]to fatto il lune di Carnouale in Roma nel Theatro Vaticano
Riferimento: | S45362 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1565 ca. |
Misure: | 370 x 505 mm |
Riferimento: | S45362 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1565 ca. |
Misure: | 370 x 505 mm |
Descrizione
Acquaforte e bulino, 1565, firmata in basso a destra: «Stefanus Duperac fecit».
Iscritto in basso al centro dell’emiciclo: «Dißigno del Torneame[n]to fatto il lune di Carnouale in Roma nel Theatro Vaticano per Ant. Lafreri formis 1565».
Esemplare nel terzo stato (di tre) con l’imprint di Hendrick van Schoel, che comprò la tipografia di Giovanni Orlandi nel 1614.
Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con ampi margini, piccoli restauri nelle pieghe di carta visibili al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione.
L’incisione illustra una festa a cavallo, organizzata nel cortile del Belvedere.
“La giostra venne organizzata in occasione delle nozze di Annibale Altemps e Ortensia Borromeo, entrambi nipoti del papa Pio IV. In relazione a questo evento, l’ultimo torneo militare nella Roma del Cinquecento, sono stati pubblicati due avvisi a stampa (Bulgarelli 1967, p. 64, nn. 94-95): Narratione del maraviglioso torneo rappresentato dall’Eccellentiss. Sig. Conte Anibale Altemps… di Anton Francesco Cirni (10 carte, non ill.), e Descrittione de la giostra fatta da l’ill.mo et ecc.mo signor conte Annibale Altaemps, & da altri signori, & cavalieri in Roma Nel Teatro di Beluedere: il Carneuale de l’anno M.D.LXV., in Roma, Per Antonio Blado impressor Camerale, s.d. [1565], in 4°, 23 cc., alle cc. 2r e 3r è presente la pianta del torneo (Vaccaro 1961, p. 429, n. 1886)” (cfr. A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery ).
“L’incisione ritrae lo svolgimento della giostra a campo aperto svoltasi il 5 marzo 1565 nel cortile del Belvedere. Dopo la squadra del conte Annibale e di don Giovanni entrarono tutti gli altri nell’ordine dato loro dalla sorte: dodici squadre di sette cavalieri, sei per Annibale Altemps e sei per don Giovanni Davalos. […] Finiti gli scontri individuali i due squadroni del conte Annibale e di don Giovanni si ricomposero disponendosi sui lati lunghi del cortile e da qui fecero mostra di volersi affrontare, ma fatti pochi passi tornarono alle loro posizioni, poi si incamminarono a fingere un assalto di fianco, poi tornati al loro posto ed ornatesi nuovamente di lancia corsero una terza lancia, iniziando sempre con la gara fra don Giovanni ed il conte Annibale e poi tutti gli altri. Particolare emozione risvegliò nei presenti l’apparire del Papa da una loggia alla torre Borgia, che entusiasticamente ne salutarono la comparsa. Essendo calata la notte i Maestri di Campo fecero accendere tutte le torce e lanterne che illuminarono il cortile creando un ambiente ancora più suggestivo che di giorno. La squadra del conte Annibale prese il centro del campo con gli stocchi in pugno e subito la squadra di don Giovanni si fece avanti ed ebbero inizio gli scontri con lo stocco cui accorsero tutti gli altri cavalieri combattendo uno contro l’altro alla fola. Un colpo di artiglieria interruppe la gara e subito dal Belvedere partì una salva di Artiglieria cui rispose un’altra dalla Torre, Borgia, intanto dall’angolo sinistro di Belvedere usciva un carro dal quale partivano fuochi artificiali, colmo di spoglie ed arnesi di cavalieri, sul quale un fanciullo ignudo a mo’ di Cupido saettava i cavalieri che erano vinti dall’amore; così al conte Annibale in testa tutti i cavalieri si accodarono a seguire il carro, prigionieri d’amore. Pur essendo lo spettacolo non cruento, tuttavia non era privo di rischi; infatti, nel torneo furono uccisi almeno tre cavalli come in parte documentato dall’incisione del Dupérac” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. Le lastre figurano nell'Indice del Lafreri al n. 276, descritta come Theatro di Belvedere.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Bibliografia
C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 99/c; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 372, III/IIII; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 97, III/III; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VIII.18; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).
Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
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