La festa di Testaccio fatta in Roma
Riferimento: | S45363 |
Autore | Vincenzo LUCHINI |
Anno: | 1558 ca. |
Zona: | Testaccio |
Misure: | 430 x 270 mm |
Riferimento: | S45363 |
Autore | Vincenzo LUCHINI |
Anno: | 1558 ca. |
Zona: | Testaccio |
Misure: | 430 x 270 mm |
Descrizione
Bulino, 1558, firmato e datato con il monogramma in basso a sinistra: · I · T · F[ECIT].
Imprint editoriale in basso a sinistra, lungo il margine inferiore Romae Vincentij Luchini aeris formis ad Peregrinum . 1558.
Titolo in alto al centro: · LA · FESTA · DI · TESTACCIO · FATTA · IN · ROMA · . Incisa da Johann Teufel per la tipografia di Vincenzo Luchino.
Esemplare nel terzo stato (di tre?) con l’imprint di Luchino e Orlandi che sono stati abrasi. Probabilmente, sebbene priva di imprint editoriale, si tratta di una prova stampata da Hendrick van Schoel, che comprò la tipografia di Giovanni Orlandi nel 1614.
Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio con stella” (cfr. Woodward n. 172), con ampi margini, in ottimo stato di conservazione.
La tavola rappresenta i festeggiamenti per il carnevale a Roma, reintrodotti – dopo un periodo difficile a seguito del Sacco di Roma del 1527 – da Paolo III Farnese (1534-1549); l’incisione con molta probabilità si riferisce al carnevale del 1545. «Alla chiusura della prima sessione del Concilio, quando un’aura di pace spirava in Europa - nel 1545 - come se in una volta sola volessero dar sfogo agli entusiasmi per parecchi anni repressi, i romani organizzavano uno dei più splendidi carnevali che ricordi il secolo XVI» (cfr. F. Clementi, Il Carnevale romano nelle cronache contemporanee, 1939).
“Il monte Testaccio è una collina artificiale alta 35 metri, formatasi per l’accumulo delle testae (da cui il nome), ovvero frammenti e cocci delle anfore di terracotta, usate per il trasporto soprattutto di olio e vino che pervenivano a Roma dai mercati mediterranei. L’ampio spazio pianeggiante che si apriva davanti alla collinetta fu denominato Prati del Popolo Romano e fin dal Medioevo lo si utilizzò come spazio per feste e giochi. La stampa riproduce proprio una di queste feste. Dall’alto del monte si facevano rotolare nei prati sottostanti dei carri, con sopra i tori, allo scopo di renderli furiosi. Una volta liberati, i tori venivano cacciati dai cavalieri. La stampa evidenzia la partecipazione del pontefice che con la sua casata condivide le manifestazioni popolari, all’incisione è affidato il compito della divulgazione dell’evento. La prima edizione di questa rarissima stampa, incisa da Johan Teufel che si firma con il monogramma I.T., venne prodotta per i tipi di Vincenzo Luchino nel 1558. L’indicazione, ora abrasa, compariva sulla parte sinistra della stampa. Nella parte destra è invece abrasa la scritta che portava il nome di Giovanni Orlandi, autore della seconda edizione del 1602” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).
L’incisione di Teufel, pubblicata da Vincenzo Luchini nel 1558, precede di alcuni anni la più celebre rappresentazione della festa di Etienne Duperac, che ebbe maggiore diffusione.
Così viene descritta da Michael Bury: “On the bastion in the foreground are the arms of Paul III and the date 1534. The bastion, known as the Colonella, was built by Antonio da Sangallo the Younger in the years 1537-39, as part of the new defences of the Aventine (C. Bellanca, 'Il Bastione della Colonnella, note di storia e conservazione', in G. Spagnese ed. 'Antonio da Sangallo il Giovane, La Vita e l'Opera', Rome, 1986, pp.383-91). The date refers to the reign of the Pope, not to the date of the print. The often-repeated date for the print of 1554 is the result of a misreading of 1534. The papal arms on the flag held by a mounted soldier to the left of centre bear the fleur-de-lis of the Farnese, indicating a date in the reign of Paul III (1534-1549). The Carnival games held at the Testaccio are recorded from 1256 until 1470, when they were moved by order of Paul II to the Corso. In the reign of Paul III there were revivals of the game of the bulls, held on the last Sunday of Carnival. The most famous was that of 1545, which because of bad weather on the Sunday, was held on Monday 16th February. It was attended by 'Madama' and six knights, dressed as ancient roman soldiers, who, mounted on richly caparisoned horses, performed in front of the crowd (F. Cruciani, 'Teatro nel Rinascimento', Roma 1450-1550, Rome, 1983, pp.559-60). Thirteen bulls were released and killed. To encourage danger and confusion, carts were rolled down the hill between the releases of the bulls, each with a live pig, which would become the property of whoever could catch it. The melee of figures in the centre, around one of the carts, must be a scrum attempting to catch a pig. Dupérac's print was almost certainly done many years after the event, using an earlier representation. The basic schema can be seen on ff.40v-41r of the Farnese Hours, illuminated by Giulio Clovio 1540-46 (Giononi-Visani, 1980, p.50). The 1545 games evidently became, in memory, a classic event and there were many representations, for example one by the monogrammist ITF published by Vincenzo Luchino in 1558 (Passavant VI, p.168; IT identified as Johann Teufel in Cruciani, cit.; there is an example in the Escorial, see Gonzalez de Zarate, X, 1996, p.44, no.4772). Vasari mentions a 'Festa del Testaccio' as the work of Hieronymus Cock (Vasari-Milanesi V, p.424)” (cfr. Michael Bury, 'The Print in Italy', London 2001, cat.117).
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Opera rarissima.
Bibliografia
Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VI.36; cfr, D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996); Michael Bury, 'The Print in Italy', London 2001, cat.117.
Vincenzo LUCHINI (Attivo a Roma 1552- 1566)
Vincenzo Luchino bolognese, editore e stampatore, attivo a Roma tra il 1544 e il 1568. Aveva la sua bottega al Pellegrino, come si può dedurre dalla sottoscrizione “Romae Vincentii Luchini Aereis Formis ad Peregrinum” che compare sulle sue stampe. Personalità audace che senza temere l’accusa di plagio spesso cambiava date, marche e sottoscrizioni di lavori altrui facendoli passare per propri. Luchino appare tra i debitori della società di Salamanca e Lafréry all’indomani dello scioglimento della stessa nel 1563. Nel 1559 il Luchino riesce ad ottenere dal Papa il privilegio per aprire una cartiera e per acquistare stracci a Roma, progetto che però non si realizzò.
Il periodo tra il 1556 e il 1566 è da considerarsi il più prolifico per la sua attività editoriale e commerciale, in quanto si dedica all’acquisto di nuovi rami e alla pubblicazione di diverse carte geografiche e stampe:
1556 la carta dell’Italia settentrionale, conosciuta anche come Lombardia; 1558 la Sicilia e la Grecia, e nel 1564 la Marca d’Ancona, di cui probabilmente il Magini si servì come fonte per la sua carta della Marca. La sottoscrizione “ Venetiis anno 1556 apud Vincentius Luchinus” sulla Carta della Svizzera, dimostra una sua stretta relazione con il mercato veneziano, ipotizzando che lo stesso abbia avuto una bottega a Venezia.
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Vincenzo LUCHINI (Attivo a Roma 1552- 1566)
Vincenzo Luchino bolognese, editore e stampatore, attivo a Roma tra il 1544 e il 1568. Aveva la sua bottega al Pellegrino, come si può dedurre dalla sottoscrizione “Romae Vincentii Luchini Aereis Formis ad Peregrinum” che compare sulle sue stampe. Personalità audace che senza temere l’accusa di plagio spesso cambiava date, marche e sottoscrizioni di lavori altrui facendoli passare per propri. Luchino appare tra i debitori della società di Salamanca e Lafréry all’indomani dello scioglimento della stessa nel 1563. Nel 1559 il Luchino riesce ad ottenere dal Papa il privilegio per aprire una cartiera e per acquistare stracci a Roma, progetto che però non si realizzò.
Il periodo tra il 1556 e il 1566 è da considerarsi il più prolifico per la sua attività editoriale e commerciale, in quanto si dedica all’acquisto di nuovi rami e alla pubblicazione di diverse carte geografiche e stampe:
1556 la carta dell’Italia settentrionale, conosciuta anche come Lombardia; 1558 la Sicilia e la Grecia, e nel 1564 la Marca d’Ancona, di cui probabilmente il Magini si servì come fonte per la sua carta della Marca. La sottoscrizione “ Venetiis anno 1556 apud Vincentius Luchinus” sulla Carta della Svizzera, dimostra una sua stretta relazione con il mercato veneziano, ipotizzando che lo stesso abbia avuto una bottega a Venezia.
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