Rocca Contrada
Riferimento: | S39313 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1608 |
Zona: | Arcevia |
Misure: | 410 x 290 mm |
Riferimento: | S39313 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1608 |
Zona: | Arcevia |
Misure: | 410 x 290 mm |
Descrizione
Prototipo delle piante a volo d’uccello della città, commissionato da Angelo Rocca, disegnato da Ercole Ramazzani ed inciso da Giacomo Lauro nel 1594. L’opera viene dedicata al Cardinale Rastucci. In basso, a sinistra, lo stemma di Rocca Contrada, in basso a destra lo stemma di Angelo Rocca.
Esemplare di secondo stato, con la data 1608, che reca in alto lo stemma del Cardinale Bandini, nuovo dedicatario.
“Nel 1594 l’autorevole Angelo Rocca (1545-1620), agostiniano vescovo di Tagaste, biblista e bibliofilo, nativo di Rocca Contrada (oggi Arcevia), commissiona per motivi celebrativi un suo rilievo al pittore Ercole Ramazzani, arceviese, allievo di Lorenzo Lotto” (cfr. Giorgio Mangani, Geopolitica del paesaggio, p. 71).
La città di Rocca Contrada, oggi Arcevia, nella Diocesi di Senigallia, quindi parte del Ducato di Urbino, ma in qualche maniera sottoposta al controllo pontificio, nonostante le sue modeste dimensioni, svolse, soprattutto tra XV e XVI secolo, un certo ruolo nel controllo di un'area collegata all’accesso della strada per Roma. Per questo motivo era stata fortificata e risultava come luogo "inespugnabile" nelle trattazioni corografiche e geografiche, che ne lodavano il clima e si cimentavano con costante ripetitività nell'interpretazione etimologica del nome geografico.
È probabile, tuttavia, che la città non avrebbe avuto l'attenzione cartografica che invece ha avuto, se uno dei suoi più autorevoli figli, lo studioso agostiniano Angelo Rocca (Rocca Contrada, 1545 - Roma 1620), filologo, biblista e, dal 1605, vescovo di Tagaste, grande collezionista di libri che furono al l'origine della biblioteca Angelica di Roma, che da lui prende il nome, non avesse commissionato, al pittore locale Ercole Ramazzani (Rocca Contrada, 1530-1598), un disegno della città. Ramazzani, arceviese, lavorava tra Marche e Umbria nello stile del manierismo degli Zuccari con una particolare sensibilità paesaggistica che tradisce evidentemente anche un'attività cartografica e vedutistica, all'epoca naturale complemento dell'attività pittorica. Suo fu infatti il disegno del rilievo di Rocca Contrada commissionato da Rocca ed eseguito nel 1594.
Un nuovo stato dell'incisione del 1608 fu invece dedicato a Ottavio Bandini, divenuto cardinale protettore di Rocca Contrada quando era Legato della Marca, succedendo nel 1603 al Rusticucci, dopo la sua morte.
Opera rarissima, il cui solo esemplare noto di primo stato (1594) è quello conservato alla Biblioteca Angelica di Roma, fondata proprio da Angelo Rocca.
Acquaforte e bulino, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio con stella”, con margini, piccolo foro di bruciatura nel lato destro, per il resto in eccellente stato conservativo.
Bibliografia
Anselmo Anselmi, La pianta panoramica di Roccacontrada, oggi Arcevia, disegnata da Ercole Ramazzani nel 1594, in “La Bibliofilía” Vol. 8, No. 10/11 (Gennaio-Febbraio 1907), pp. 366-372.
Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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