Napoli
Riferimento: | OS25 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1642 ca. |
Zona: | Napoli |
Misure: | 240 x 180 mm |
Riferimento: | OS25 |
Autore | Giacomo LAURO |
Anno: | 1642 ca. |
Zona: | Napoli |
Misure: | 240 x 180 mm |
Descrizione
Pianta della città tratta da Heroico Splendore delle Città del Mondo, rarissima pubblicazione stampata per la prima volta a Roma nel 1639, e successivamente, ampliata con l’aggiunta di dieci nuove opere, nel 1642.
In alto al centro il titolo NAPOLI. In basso lungo il bordo disposta su sette colonne una legenda numerica di 71 rimandi a luoghi, cose e monumenti notabili. Carta priva di orientazione. "Il modello utilizzato da Lauro è la pianta di Napoli di Claude Duchet del 1585 come si può agevolmente ricavare dalla particolare conformazione del nuovo arsenale e della ripetizione del numero 41 in legenda che, tuttavia, si ferma al numero 71, mentre nella pianta di Duchet si arriva al numero 77" (cfr. V. Valerio, Piante e vedute di napoli dal 1600 al 1699, pp. 88-89, n. 46).
Giacomo Lauro, fu incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da Claudio Duchetti nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 per Angelo Rocca su disegno di Ercole Ramazzani. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
Le piante di Lauro, dunque, furono il frutto di un lungo lavoro di ricerca, basato su fonti primarie, e pubblicato per la prima volta in libri o opuscoli con testo relativo alla storia della città. Scrive Thomas Ashby: “Negli anni 1630-1645 il Lauro pubblicò un numero rilevante di descrizioni di città in tanti opuscoli col testo, tutti in folio piccolo oblungo. Le piante non sono tutte originali […] Molte volte sono state adoperate come fonti, s’intende, le belle tavole dell’atlante del Lafrèry. Ma anche altre piante sono state messe sotto contributo - molto è stato preso o dall’opera di Braun e Hogenberg, Civitales Orbis Terrarum, oppure anche in questo caso da fonti comuni. Non mancano i contatti con Matteo Florimi di Siena, il quale in nessun caso compì di opera propria, ma copiò sempre i lavori degli altri. La pianta di Viterbo, finalmente, è derivata dalla pianta di Tarquinio Ligustri di Viterbo, fatta nel 1596 e dedicata al Cardinale Odoardo Farnese, Alcune di queste piante furono raccolte sotto il titolo seguente, inciso nel 1639; HEROICO SPLENDORE DELLE CITTA DEL MONDO LIBRO PRIMO DI IACOMO LAURO ROMANO Dove si uedono le piante di molte Citta Ill.ri e di molte non più state alla stampa con le loro origini et atti segnalati, et quanto si estende il dominio di esse sino alli presenti tempi in Roma l’Anno di nostra salute 1639” (cfr. Thomas Ashby, L'Heroico splendore delle città del mondo, in “La Bibliofilia”, XXXI (1929), pp. 105-122).
L’opera venne ristampata nel 1642 con imprint in Roma l’Anno di nostra salute 1642 /Con priuilegio del somo Pontefice, et d'altri Potent.ti Con licenza de Superiori. Sebbene nel frontespizio si parli di “Libro primo” un secondo volume della raccolta non venne mia pubblicato.
Incisione in rame, stampata su carta vergata coeva, con margini, leggerissime ossidazioni, per il resto in ottimo stato di conservazione. Rarissima.
Bibliografia
Ashby (1929): p. 119, n. 13; Bellucci-Valerio (2007): pp. 88-89, n. 46; Ganado (1994): p. 168, n. 12a; Thomas Ashby, Un incisore antiquario del Seicento, I, Note intorno alla vita ed opere di Giacomo Lauro, in “La Bibliofilia”, XXVIII (1926-27), pp. 361-373; II, L'opera "Antiquae Urbis splendor", ibid., pp. 453-460; III, ibid., XXIX (1927), pp. 356-369; IV, L'Heroico splendore delle città del mondo, ibid., XXXI (1929), pp. 105-122.
Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
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