DE VESTIGITS URBIS ANTIQUAE...
Riferimento: | S38607 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1573 |
Zona: | Roma |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 605 x 465 mm |
Riferimento: | S38607 |
Autore | Etienne DUPERAC |
Anno: | 1573 |
Zona: | Roma |
Luogo di Stampa: | Roma |
Misure: | 605 x 465 mm |
Descrizione
Pianta archeologica a proiezione verticale con elevazione dei soli monumenti antichi. Disegnata ed incisa da Etienne Duperac per l’editore Antonio Lafreri. Si tratta di un’elegante rappresentazione della pianta archeologica, che mostra in alzato prospettico i monumenti principali.
La morfologia segue quella della pianta del Bufalini (1551), ma per l’orografia, molto ben delineata, anche quella del Paciotto (1557) edita sempre da Lafreri. La pianta è inserita in alcuni esemplari dello Speculum Romanae Magnificentiae dell’editore francese. La lastra è descritta nel catalogo del Lafreri (n. 113), come “Roma con tutti gli edificii che hoggi si vegono in piede et che se ne può veder vestigie”. Quindi è inclusa nell’inventario di Stefano Duchetti del 1581 (n. 31) come “Roma con li monti dif.o Imperaiale” ed infine compare nel catalogo di Pietro de Nobili (inv. 1585, n. 32, come “La Roma antiqua de Stefano imperiale”, che la ristampa invariata aggiungendo il proprio excudit. Figura anche nell’atto della divisione della tipografia de Nobili del 30 maggio 1589, dove la lastra, denominata “Roma in pianta imperiale”, passa al figlio Pietro Paolo. Il primo stato della lastra era stato congetturato da Destombes sulla base dell’evidente integrazione nella data MDLXXIII, dove l’ultimo numerale è addossato alla parola seguente, suggerendo che sia stato aggiunto successivamente. Durante lo studio per questa pubblicazione abbiamo riscontrato l’esistenza di una prova della pianta con la data 1572 nella collezione della Bibliothèque Nationale de France. Oltre alla differenza nella data, la prima stesura dell’opera si distingue per la dedica allo STVDIOSO LECTORI preceduta dal termine TIPOGRAPHUS – ovvero Antonio Lafreri – che, nella ristampa del 1573, verrà sostituito dalla firma STEPHANUS DU PERAC ARCHITET.
Nel lato sinistro, al centro, si legge: STEPHANUS DU PERAC ARCHITET STVDIOSO LECTORI. En tibi lector nuc prodit specimen, seu perfecta urbis antquae imago ex piscis illis monumentis scriptorum veterum, et cunctis quae ad hunc usq[ue] diem superesse videntur reliquijs, et parietibus quam acuratissime delineata: quecumque oculis nostri subiecta esse possunt exigua tabella comprehendens; opus ut immensum sanè, sic nec minus antiquitatis omnigenae studiosis apprime necessarium, his recentibus formis aencis, typis exaratum impensa Antonij lafrerij Anno MDLXXIII Hoc fruere libens et Vale.
Nell’angolo inferiore destro, in un cartiglio, è incisa una legenda numerica di 89 rimandi a luoghi notabili, distribuita su tre colonne. Segue l’iscrizione: DE VESTIGITS URBIS ANTIQUAE EPIGRAMA: Quam brevis haec presens oculis sit carta requiris Urbem dum modico continet in spatio Desine mirari: vestigia maxima claudit Quae modo ROMA potens subijcit his oculis. Antiquae monstrans Urbis signacula promptè Dum numeris certis cuncta notata signat Discuta mira solers: novanu sint prima vetustis: Anue vetusta novis nunc manifesta patent. Nella tavola sono fornite ulteriori indicazioni toponomastiche.
Orientazione nei quattro lati al centro con il nome dei punti cardinali: SEPTENTRIO, MERIDIES, ORIENS, OCIDENS, il nord è a sinistra.
Acquaforte e bulino in ottime condizioni di conservazione. Esemplare nel secondo stato di tre, con la dedica che inizia con "STEPHANUS DU PERAC ARCHITET STVDIOSO LECTORI" (cfr. Bifolco-Ronca p. 2354).
L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica.
Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.
Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.
Altra Bibliografia:
Alberti (2009): p. 153, n. 33; Frutaz (1962): n. XXI e tav. 36; Hülsen (1915): X, pp. 58-59, nn. 51-52; Hülsen (1921): p. 142, n. 1a-b; Hülsen (1933): p. 107, X; Lincoln (2000): p. 185; Marigliani (2016): n. XI.6; Pagani (2008): pp. 15, 374; Pagani (2011): p. 133; Rubach (2016): n. 259; Scaccia Scarafoni (1939: n. 17. Alberti (2009): p. 153, n. 33; Frutaz (1962): n. XXI e tav. 36; Hülsen (1915): X, pp. 58-59, nn. 51-52; Hülsen (1921): p. 142, n. 1a-b; Hülsen (1933): p. 107, X; Lincoln (2000): p. 185; Marigliani (2016): n. XI.6; Pagani (2008): pp. 15, 374; Pagani (2011): p. 133; Rubach (2016): n. 259; Scaccia Scarafoni (1939: n. 17.
Bibliografia
Bifolco Ronca (2018): tav. 1212, II/III
|
Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
|
Bibliografia
Bifolco Ronca (2018): tav. 1212, II/III
|
Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici
|