L'adorazione di Bacco
Riferimento: | S45134 |
Autore | Anonimo |
Anno: | 1810 ca. |
Misure: | 140 x 190 mm |
Riferimento: | S45134 |
Autore | Anonimo |
Anno: | 1810 ca. |
Misure: | 140 x 190 mm |
Descrizione
Acquaforte, circa 1810/20, monogrammata in lastra in basso “P. I.” e “M.D.”.
Nel 1810, a Roma, circolò clandestinamente, senza autore, ma incisa da Bartolomeo Pinelli, La scuola di Priapo inventata da Giulio Romano, una serie di 20 incisioni all’acquaforte in cui Pinelli rielaborò i modelli cinquecenteschi, in sintonia con una licenziosità ispirata all’antico, tipica della cultura dell’epoca.
Il soggetto potrebbe derivare proprio da un’incisione di Pinelli, come lascia supporre il monogramma in basso a sinistra che potrebbe essere sciolto come Pinelli invenit. Tuttavia, questa opera non riproduce nessuna delle 20 tavole che compongono La scuola di Priapo; il soggetto, sebbene a sfondo erotico con le due donne completamente nude, è decisamente meno esplicito. Non siamo stati in grado di risalire all’autore dell’incisione, che si firma con il monogramma “M.D.”.
Nel margine bianco inferiore, ad inchiostro bruno, l’autore scrive: “Mi direte il vostro Sentimento, considerate però che è la prima opera che io abbia fatto in questo genere”.
Non abbiamo trovato tracce di questa incisione in nessun repertorio consultato.
“La serie, incisa ad acquaforte da Bartolomeo Pinelli (il nome dell'incisore è sostituito da puntini) comprende venti stampe di soggetto lascivo liberamente ispirate ai celeberrimi Modi incisi da Marcantonio su invenzioni giuliesche. Il clamoroso scandalo provocato da questa famosa serie di immagini erotiche offerte al pubblico non più in chiave mitologica, ma come disinibito accoppiamento tra un uomo e una donna, genera al tempo stesso un'enorme fama al suo inventore. A distanza di tre secoli Bartolomeo Pinelli, memore delle prodezze amatorie dei Modi, incide La scuola di Priapo, scanzonata e provocatoria esaltazione dell'amore fisico, dove le abilità erotiche delle cortigiane diventano occasione di irriverente ironia da parte dell'artista. È curioso notare che quest’opera giovanile del Pinelli viene accolta con una sorte analoga a quella di Giulio. Racconta il Raggi che l'artista, dopo aver perso l'ospitalità offertagli dall'abate Levizzari, aveva trovato alloggio nel Caffè di piazza Sciarra, insieme ai garzoni di bottega. «Fu in questo tempo che il suo mal consigliato ingegno lo portò a copiare in disegno alcune sconvenienti pitture di Giulio Romano e le faceva vendere la sera dai garzoni medesimi. Ma poiché le arti non nacquero per guastare i costumi, ma sì per incivilirli ed abbellirli, le autorità non lo ripresero. Fu questa riprovevole licenza dei suoi primi anni, nella quale, però, egli si guardò bene, in avvenire, di più trascorrere». Le stampe sconvenienti hanno, come era prevedibile, un grandissimo successo di vendita, ma le autorità intervengono ammonendo l'artista, ordinando il sequestro delle copie e la distruzione dei rami. Nel catalogo delle opere del Pinelli, questa serie scandalosa di immagini non viene quasi mai citata, mentre la paternità delle invenzioni, attribuite dall'incisore a Giulio Romano, vuole prendere le distanze dal tema scabroso trattato e in qualche modo giustificarlo, chiamando in causa la prodigiosa fantasia del Pippi” (S. Massari, Giulio Romano, pp. 349-350).
Anonimo
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